LE OPINIONI

IL COMMENTO Carenza di manodopera o datori di lavoro carenti?

Lo abbiamo già assodato: la stagione turistica per Ischia è andata bene e ancora continua. Ovviamente quando diciamo che è andata bene, dobbiamo specificare che è andata bene sotto un profilo quantitativo mentre rimane irrisolto il problema della qualità, che assicurerebbe una maggiore sostenibilità e una migliore prospettiva per il futuro. Così come va precisato che i benefici della stagione si sono manifestati a “macchia di leopardo”, a favore di determinati settori (in primis la ristorazione) e non per gli altri (commercio di abbigliamento, calzature, articoli da regalo, che però hanno vissuto un buon settembre ed ottobre). Detto questo, si è verificato, forse per la prima volta in tale misura, una carenza di personale. Trovare un cameriere, un bagnino, un’addetta al riassetto delle stanze d’albergo è risultato difficile se non impossibile. La maggior parte dei datori di lavoro ha dato la colpa di ciò alla comodità del “reddito di cittadinanza” che, a loro parere, viene preferito dai giovani rispetto ad un lavoro faticoso che gli offrirebbe poco di più in remunerazione. Vogliamo tentare una lettura e un’analisi un po’ meno superficiale e partigiana? Incominciamo dalla considerazione che tale carenza riguarda quasi esclusivamente i lavori stagionali. E come per ogni lavoro stagionale, si tratta di lavoro defatigante, proprio perché concentrato nel tempo, quindi senza troppi limiti di orario, di pause, di turni. Questo mentre la pandemia ha fatto riscoprire a tutti l’importanza di una vita di relazione familiare, della cura di hobby e passioni come il raccoglimento, la lettura, la cura della casa. Insomma, si è riscoperta la “qualità della vita”. Il lavoro nobilita l’uomo, sempreché venga svolto con impegno e dedizione sì, ma al di sotto della soglia dell’abbrutimento. Gli orari di lavoro vanno rispettati, i turni vanno rispettati, la sicurezza va rispettata (e qui si apre una parentesi importante: la voglia di fuoriuscire al più presto dal tunnel della crisi economica determinata dalla pandemia, gli incentivi all’edilizia ( superbonus 110%, bonus facciate) son tutti fattori scatenanti di una ripresa economica rapida ma spesso “imprudente “). Soprattutto vanno rispettate le paghe.

Waiter holding empty silver tray over gray background

Non può esistere il ricatto del datore di lavoro che, ad inizio stagione, dice: “Se vuoi che ti riprenda al lavoro, mi vieni a lavorare gratis i primi 15 giorni per riallestire la struttura aziendale”. Non possono esistere straordinari non pagati. E non deve esistere il “factotum”, il dipendente buono per tutti i compiti. Il lavoratore ha il diritto di essere formato e di essere indirizzato, in quanto l’esperienza specifica e la formazione sono indispensabili in un mercato del lavoro che è sempre più mobile e intermittente. Si cambia lavoro sempre più spesso ma se non si acquisisce un’esperienza specifica di settore non si ha molto credito sul mercato. Su tutte queste tematiche, in questi giorni, c’è stata un’interessante intervista de Il Corriere della Sera, ad un datore di lavoro un po’ speciale: Alessandro Borghese, noto chef e personaggio televisivo, conduttore su TV8 della trasmissione “Alessandro Borghese piatto ricco”.Che cosa ha detto Borghese? Ha lamentato anche lui la difficoltà di trovare cuochi e addetti alla cucina ( Alessandro Borghese ha un importante ristorante a Milano “il lusso della semplicità”) ma ha saputo darne una spiegazione molto logica e ragionata: “Ci si è accorti che la professione di cuoco non è tutta TV e luccichii. Il modo di farlo è cambiato: mentre la mia generazione è cresciuta lavorando a ritmi pazzeschi, oggi è cambiata la mentalità; chi si affaccia a questa professione vuole garanzie. Stipendi più alti, turni regolamentari, percorsi di crescita. Poi con i lockdown tutti hanno riassaporato il piacere di stare in famiglia. E hanno cambiato mestiere per avere più tempo a disposizione. Il tempo, oggi, è la vera moneta”. Chiarissimo. Ma poi aggiunge anche che i datori di lavoro devono lavorare in modo diverso. “Dobbiamo assicurare un giorno di chiusura e rispettare la turnazione”. E per quanto riguarda la formazione, Borghese ha deciso di assumere anche personale con poche esperienze di cucina ma che siano educate e volenterose di apprendere. Offrirà gratuitamente ai suoi dipendenti corsi di inglese e di sommelier.

Ora, abbiamo parlato in particolare dei ristoratori, ma il discorso vale in generale, per l’artigianato, l’industria, il commercio, i servizi. Si rende necessaria una giustizia economica, ma anche una formazione, che non deve essere solo “iniziale” per essere introdotto al mestiere, ma deve essere “permanente” con i dovuti aggiornamenti. Questo vale per l’Italia in generale. Ischia ha due problemi in più: la scarsa professionalità della maggior parte dei datori di lavoro, cresciuti solo grazie alla posizione di rendita da “bellezza” che offre Ischia o per eredità paterna. Quindi questi datori di lavoro non capiscono le nuove e crescenti esigenze dei lavoratori, che non sono solo economiche ma – come abbiamo visto – di rigenerazione psico-fisiche e quindi i datori non sono in grado di trasmettere “formazione”: Potrebbero farlo solo se si decidessero di assumere figure apicali, dirigenziali in grado di dare una svolta alla conduzione aziendale. Sempre sul fronte dei datori di lavoro, dobbiamo registrare che, purtroppo, una Associazione come Federalberghi locale non appare in grado di affrontare, in chiave moderna, queste problematiche di lavoro, così come “Ischia is More” che pure riunisce imprenditori di primo livello, non sembra afferrare l’importanza della trasformazione del mercato del lavoro. E’ come se lavoratori e datori viaggiassero su binari paralleli, destinati a non incontrarsi mai.

Il secondo problema di Ischia, oltre alla scarsa professionalità dei datori di lavoro, è la mancanza di “un’educazione permanente” che vuol dire aggiornamento, conoscenza di nuove tecniche, di nuove letture ed interpretazioni della domanda turistica. Non fermiamoci al mantra dei danni arrecati dal Reddito di Cittadinanza, che disincentiverebbe la domanda di manodopera. Il reddito di Cittadinanza lo stanno correggendo nelle parti che non hanno funzionato ed è una necessità per attenuare le diseguaglianze. Andiamo invece a rileggere il riposizionamento degli aspiranti lavoratori che non disdegnano il lavoro, ma i “soprusi” del lavoro.

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Not in my name

Lei ha fatto una disamina del problema che condivido al 100% vivendo tutto ciò sulla mia pelle

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Mi piacerebbe avere i vostri pensieri, per favore commentatex