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Leguminosa in classe, a lezione di ceci con lo chef

Di Isabella Puca

Foto Tommaso Monti

Ischia –  La sfida è tutta lì: chef versus agronomi. Sul tavolo dell’aula magna del Telese borragine, bietola, ceci bianchi e neri, da toccare, annusare, assaggiare per poi indovinarne la specialità. Il 2016 è, per la Fao e per Slow food, l’anno internazionale dei legumi e sono state due le giornate tematiche tenute dal vulcanico agronomo Silvia D’Ambra ai ragazzi iscritti al primo anno di agraria che hanno partecipato, insieme ai ragazzi di cucina e di pasticceria, martedì scorso a una lezione davvero speciale. A raccontare la sua esperienza di chef e prima di tutto di agricoltore è stata la chef Giovanna Voria di Cicerale, il paese dei ceci. Il comune ha sul suo stemma questa frase “Terra que cicera alit” che tradotto dovrebbe far più o meno così “terra che nutre i ceci”. E infatti, tempo fa, per ripristinare la coltivazione di questo bel legume, il comune regalò un sacchetto di ceci a ciascun abitante perché lo seminasse. A dare il benvenuto alla chef Voria anche il preside dell’istituto, Mario Sironi, «spero che questa – ha detto ai ragazzi – sia solo la prima iniziativa che coinvolga sia i ragazzi dell’agraria che quelli dell’alberghiero. È giusto ragionare su una filiera unica e sviluppare il km 0 qui a Ischia andando a valorizzare l’idea che Ischia è un’isola di terra prima che di mare. La cultura contadina, qui sulla nostra isola, è ancora molto forte. Dovete modificare l’offerta turistica, e dovete essere voi i protagonisti di questo cambiamento immaginando percorsi diversi; ad esempio, qui sull’isola, manca un ristorante vegetariano. Quest’incontri devono servirci ad aprire la mente, a recuperare la tradizione per innovare e proporre cose sempre nuove. Recuperare questi prodotti significa fare una cucina sana, capire che spesso mangiamo male». La parola è subito passata alla chef presentatasi ai ragazzi con un grembiule tutto colorato con l’inconfondibile stemma di slow food. Direttamente dal Cilento, con lei, le erbe spontanee e i ceci, un diploma di scuola alberghiero e un presente di contadina prima ancora che di chef. «Vengo dal Cilento, la patria della dieta mediterranea e il paese dei più longevi d’Italia. Dite sia un caso? Forse no. È la prima volta – ha preso a raccontare ai ragazzi – che arrivo in una scuola dove c’è sia l’alberghiero che l’agraria, è una fortuna perché senza l’una non può esserci l’altra, è uno scambio eccezionale. In America alla vostra età i giovani hanno tutti il colesterolo alto; mangiamo troppo fast food e una delle idee su cui si basa la filosofia del mio agriturismo è proprio questa: no ai prodotti da supermercato. Il nostro territorio ha tanti presidi Slow Food, ben nove eccellenze riconosciute». foto principaleIl Cilento e l’isola d’Ischia non sono poi così lontani, terra e mare si confondono in un unico abbraccio e come lì il cece, qui a Ischia il fagiolo zampognaro che, recuperato da poco, è entrato a far parte dell’arca del gusto di Slow Food. «Perché secondo voi, oggi vi sono così tanti celiaci? Perché hanno aggiunto glutine a tanti prodotti. Fate attenzione ai grani, devono essere biologici! Le miglior cose che ho imparato – ha detto ancora –  le ho acquisite alla vostra età, con le mie nonne. Per 24 anni sono stata imprenditrice nel settore dei marmi, ma sentivo che qualcosa mi mancava: era la terra. Prima di essere chef sono una contadina e lo dimostrano le mie mani. Spesso gli chef di oggi non conoscono i prodotti né le stagioni. Io invece al mio agriturismo non ho un menù, esco nell’orto e preparo quello che trovo». Quella che ha oggi Giovanna è una vera e propria azienda agricola e tutto è partito proprio dalla terra. «A Cicerale siamo famosi per la coltivazione dei ceci. A luglio abbiamo avuto la BBC che è rimasta colpita dall’effetto rugiada dei ceci; sembra che le foglie siano bagnate e invece, non lo sono. All’inizio producevo 20 quintali di ceci e così, con il sindaco, decidemmo di riprendere a coltivarli. Nel 2010 è arrivato il presidio Slow Food». Attratti dal racconto della chef, i ragazzi passavano tra le mani un ramo di una pianta di ceci ormai secca; una bella scoperta per molti di loro che, fino ad ora, l’avevano vista solo sui libri di scuola. «La pianta di ceci la trovate solo a Cicerale; la semina va fatta a febbraio, il periodo più adatto perché prende l’acqua 2 o 3 volte. Ogni baccello contiene 1 o 2 semi. Una volta seminato la raccolta avviene a fine luglio e viene estirpato a mano dalle 5 del mattino. Viene essiccato al sole, alla vecchia maniera così come a Ischia, un tempo, veniva essiccato il grano». In passato il monte Epomeo veniva chiamato il granaio dell’isola ed è ancora viva negli occhi di molti anziani del comune di Serrara Fontana, l’immagine del grano al sole e la fatica nel lavorarlo. «Un kg di ceci costa 10 euro, ma è un prezzo simbolico se guardiamo a tutto il lavoro che c’è dietro, per noi però è un orgoglio. Da bambini ci dicevano che chi trovava il cece bruno era fortunato e ora stiamo recuperando anche quella qualità». untitled bpDinanzi alla piramide alimentare la lezione principale da imparare è una: si mangia con prima con il cervello e poi con la bocca, bisogna mangiare di qualità e non di quantità così da attuare un importante principio: mangiare bene per vivere meglio. «Le erbe che vedete qui sul tavolo le trovate nei vostri terreni, crescono spontanee. Vanno conosciute prima e poi raccolte, quando i ragazzi dell’agrario vanno nella terra andate pure voi. È un’occasione più unica che rara». La curiosità dei ragazzi è stata tanta e ognuno di loro aveva a disposizione un bell’esempio da seguire sia che in futuro vestano i panni dell’agronomo sia la giacca e il cappello da chef. L’aver dato vita all’istituto agrario qui sull’isola è una occasione da cogliere dai giovani di oggi che, di certo, avranno tante possibilità in più da sfruttare, un domani, sulla loro isola. Si è poi entrati nel vivo della sfida quando, ciascuno di loro, ha dovuto indovinare le varie qualità di ceci. Olfatto, tatto, vista e gusto, quattro i sensi utili per individuare la guest star della mattinata, il cece di Cicerale più piccolo, duro e meno sfogliato di quello italiano e di quello messicano che, a dirla tutta, sono passati davvero inosservati. E per premio, tutti in cucina per mettere a frutto la lezione della chef. Le erbe spontanee sono state fritte in pastella; rigorosamente senza sale già presente nella verdura. Mani in pasta e grande entusiasmo, i ragazzi di cucina hanno subito creato la lagana, una  pasta fresca di grano duro più povera rispetto alle tagliatelle, condita rigorosamente con i ceci. Per dolce una bella sorpresa ben elaborata dai ragazzi di pasticceria, un croccante ai ceci al cioccolato. Una grattata di limone e il gioco è fatto, il cece è servito anche per dessert!

 

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