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L’illusione d’avere una diagnosi condivisa sui mali economici d’Ischia

DI FRANCO BORGOGNA

L’intervento dell’imprenditore Luigi Polito, sollecitato dal Golfo per acquisire un parere sulla disputa tra Benedetto Valentino e Gino Di Meglio (Distretto Turistico o Grande Attrattore Culturale) mette in evidenza un grande equivoco, diffuso tra gli ischitani e, in particolare, tra gli imprenditori. L’equivoco in cui spesso si cade è che gli operatori ( imprenditori, associazioni di categoria, rappresentanti politici) abbiano tutti una chiara e condivisa visione dei punti critici dell’isola e che, di conseguenza, ciò che manca sia solo la volontà di mettersi insieme, trovare una formula ( fondazione, associazione, rete d’impresa) per ovviare a quelle carenze così bene e da tutti individuate. So che cosa gli imprenditori intendono per “ mali” da tutti individuati: trasporti marittimi, fognature, depuratori, sanatoria edilizia, il costo esoso della raccolta rifiuti, il trasporto a terra (il traffico sembra inopinatamente preoccupare di meno). A Luigi Polito, che è comunque uno degli imprenditori più attivi e attenti alle evoluzioni del settore turistico, vorrei ricordare che, tempo fa, un gruppo di professionisti seri (architetti, professori, urbanisti, esperti legali) si era proposto (gratuitamente) di aiutare un pool di imprenditori (con la voglia di invertire il modello di sviluppo che da anni si sta avvitando su se stesso) ad uscire dalle sabbie mobili in cui si è impantanata l’economia isolana. Compito di Polito e di altri imprenditori a lui vicini sarebbe stato unicamente di convincere altri imprenditori a mettersi insieme e fare squadra. Il gruppo di professionisti, propostosi alla collaborazione, avrebbe, in virtù di un’analisi swot seria, suggerito i punti deboli da aggredire, la forma giuridica da dare all’associazione di imprenditori, le modalità e le tematiche di interlocuzione con le istituzioni pubbliche, con gli istituti bancari, con gli enti sovranazionali.

Purtroppo gli imprenditori sono così individualisti, provinciali, sospettosi tra di loro, che ogni tentativo di collaborazione è naufragato. Per carità di patria non entriamo nel merito di alcuni tentativi, messi in opera da operatori alberghieri e turistici che pure vanno per la maggiore e ricoprono anche cariche associative importanti. Tentativi di inserirsi in progetti finanziati con fondi europei non sono nemmeno arrivati alla redazione del progetto e alla presentazione in tempo utile. Il motivo è semplice: ognuno gioca per sé e ognuno ha la sua ricetta, il suo personale cahier de doléances. Creare rete d’impresa ed elaborare, in queste condizioni, progetti credibili e vincenti è praticamente impossibile. Per fare analisi serie, occorrono dati certi e Ischia non ne ha. I dati che soggetti di buona volontà riescono ad assemblare, vengono sistematicamente ignorati da enti pubblici e privati. Ciò che occorre non è un fiume di dati anonimi e senz’anima. I dati “freddi”, non commentati, non analizzati, i dati alla “ Istat”, tanto per intenderci, non servono a capire la realtà e, il più delle volte, danno indicazioni equivoche e contrastanti. Clamoroso il caso Istat sul grado di soddisfazione e felicità degli italiani che, secondo l’istituto nazionale di statistica, sarebbe notevole e in crescita. Ciò a dispetto della realtà quotidiana, ben più triste, sotto gli occhi di tutti e in contrasto con altri dati dell’Istat stesso, relativi alla disoccupazione crescente, allo scivolamento dei ceti medi verso la povertà, alle sofferenze bancarie. Per questo motivo, tempo fa, con Peppino Mazzella ed altri qualificati amici, demmo vita all’associazione O.S.I.S. ( Osservatorio sui fenomeni socio-economici dell’isola d’Ischia). Già nel nome, tale associazione, attualmente presieduta dall’ing. Angelo D’Abundo, richiamava – per assonanza – il Censis di Giuseppe De Rita. Più di ogni altro ente, il Censis ha dimostrato di interpretare sociologicamente i dati in maniera acuta, fantasiosa, dinamica, con immagini, metafore e linguaggio che hanno ispirato molte istituzioni italiane.

Tornando ad Ischia, a Polito, a chi – come lui – si illude che tutto è già stato compreso della realtà e delle difficoltà socio-economiche di Ischia, rispondiamo che i trasporti marittimi e terrestri, fognature e disinquinamento, mancata sanatoria edilizia, costi esosi della raccolta rifiuti, l’assottigliamento degli arenili, non sono la sola spiegazione delle difficoltà in cui versa l’economia ischitana. Qualcuno si è posta la domanda come sia possibile che sull’isola, contemporaneamente crescono le sofferenze bancarie, cresce l’indebitamento delle imprese e cresce però anche il risparmio accumulato dai privati alle Poste e nelle Banche? Che cosa impedisce alla liquidità crescente di essere dirottata, almeno in parte, agli investimenti produttivi? La sfiducia nel futuro? La scarsa considerazione verso gli amministratori pubblici locali? E qualcuno si è mai posto la domanda di quali giovani, di quali paesi stranieri, è maggiormente possibile assicurarsi future presenze? Gli operatori locali sanno di approfondite ricerche sulle caratteristiche e tendenze dei millenials internazionali? Sanno, ad esempio, che i giovanissimi di Stati Uniti e Cina propendono per il divertimento e la gioia di vivere, mentre i Russi sono per una vita più rigorosa e misurata? O siamo ancora fermi allo stereotipo del ricco (e malavitoso) russo che spende e spande? Da queste indagini comportamentali emerge che non tutti i giovani, di tutti i Paesi, si sentono cittadini del mondo e globetrotters del turismo. Questo vale per i paesi europei e gli Stati Uniti, ma molto meno per giovani turchi e russi. Tutto ciò è solo per fare un esempio della vastità di indagini che occorrerebbe fare per mettere l’isola d’Ischia al passo coi tempi. Illudersi di aver già esplorato e capito tutto e che manca solo l’azione e la collaborazione per rilanciare Ischia, può risultare letale.

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