L’Inps rivuole i soldi, il Tribunale dice “no”
Un contenzioso giudiziario che ha avuto come “ring” il Tribunale del Lavoro vede Davide che batte Golia: B.V., infatti, vede accolto il suo ricorso contro l’Istituto di Previdenza Sociale che pretendeva la restituzione di 1.074 euro che riteneva essere stati percepiti indebitamente dall’uomo. Il ricorso, però, lo ha visto far valere le proprie ragioni grazie alla linea difensiva dell’avvocato Angela Grifo

Una di quelle storie, purtroppo rare, in cui Davide batte Golia. Succede a Ischia dove un cittadino si è trovato ad affrontare un contenzioso giudiziario dinanzi al giudice del Tribunale del Lavoro di Napoli dinanzi a un colosso come l’INPS che pretendeva la restituzione si una somma di denaro che secondo l’Istituto di Previdenza sociale era stata indebitamente erogata a B.V. Per questo motivo l’uomo, assistito dall’avvocato Angela Grifo, aveva adito le vie legali per far valere le ragioni del proprio assistito. Nella sentenza unitamente alla decisione vengono spiegati i motivi di fatto riannodando le fila di un contenzioso instauratosi all’inizio dello scorso anno solare. “Con ricorso depositato in data 25.1.2024, il ricorrente in epigrafe esponeva di essere titolare di pensione di invalidità civile (indennità di accompagnamento), e di aver ricevuto dall’Inps, in data 16.1.2023, un provvedimento di indebito per il recupero dell’importo di € 1.074,57, con la seguente comunicazione: ‘[…] da luglio 2020 a dicembre 2021 sulla pensione numero (omissis) categoria INVCIV l’Inps ha corrisposto un pagamento superiore a quanto dovuto per un importo lordo complessivo di euro 1.074,57’. Lamentava l’illegittimità del provvedimento, deducendo l’irripetibilità dell’indebito in quanto non causato da dolo, né tantomeno da colpa, ma da un errore commesso dall’istituto previdenziale in sede di erogazione. Rappresentava di aver presentato ricorso amministrativo e che lo stesso era stato respinto con delibera n. 239751 del comitato provinciale dell’Inps del 07.12.2023. Tanto premesso, conveniva l’Inps innanzi al Tribunale di Napoli, in funzione di Giudice del lavoro, rassegnando le seguenti conclusioni: ‘1. Accogliere la domanda e per l’effetto dichiarare l’inesistenza dell’indebito contestatogli dall’INPS oltreché l’irripetibilità delle somme oggetto della richiesta di restituzione da parte dell’INPS; 2. Condannare l’INPS alla restituzione, in favore del sig. B.V., delle trattenute maturate fino all’accoglimento della domanda; con vittoria di spese ed onorari da distrarsi in favore del sottoscritto avvocato per anticipo fattone’. Ritualmente instaurato il contraddittorio, l’Inps si costituiva in giudizio deducendo la legittimità dell’indebito in quanto generato dalla percezione di redditi non comunicati dal ricorrente, con conseguente superamento dei limiti reddituali previsti per il riconoscimento della maggiorazione economica. Concludeva chiedendo il rigetto del ricorso, con vittoria delle spese di lite”.
Nel trarre le sue conclusioni, il giudice dott. Giuseppe Gambardella scrive in sentenza che il ricorso è fondato e va pertanto accolto e poi osserva tra l’altro: “Come detto, parte ricorrente lamenta l’illegittimità ed irripetibilità della somma richiesta nel provvedimento di indebito del 16.1.2023, alla luce del mancato superamento dei limiti reddituali previsti dalla legge, nonché dell’affidamento incolpevole generatosi a seguito del comportamento dell’ente previdenziale… In particolare, l’ente previdenziale ha dedotto il superamento dei limiti reddituali previsti per il riconoscimento della maggiorazione sociale, a causa della percezione di redditi da lavoro dipendente per l’anno 2020 (come certificazione fiscale allegata in atti). Tanto premesso, occorre muovere dai principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in ordine alla ripetibilità dell’indebito assistenziale. Secondo l’insegnamento della Corte, l’indebito assistenziale è ripetibile solo in presenza di specifiche condizioni Sul punto, l’ente previdenziale ha lamentato l’illegittimità della condotta della ricorrente caratterizzata dal cd. dolo omissivo, la quale, consapevole del superamento i limiti reddituali previsti dal legislatore, avrebbe omesso di comunicare tale circostanza rilevante al fine del calcolo della prestazione ed asseritamente non conoscibili dall’Inps. Al contrario, la prospettazione di parte ricorrente si fonda sull’irripetibilità dell’indebito vantato dall’Inps per aver agito in buona fede, non avendo indotto in errore con il suo comportamento l’ente previdenziale. Ebbene, la prospettazione attorea trova conferma documentale in quanto l’ulteriore reddito che avrebbe determinato l’indebito di cui è causa era sicuramente conoscibile all’ente previdenziale”.
Nella sentenza emessa dal giudice Gambardella, per la parte resistente arriva anche la beffa del pagamento delle spese di lite, liquidate in 300 euro oltre iva e rimborso forfettario
Insomma, nessun dubbio da parte del Tribunale a dare ragione al ricorrente ed alle tesi del suo legale Angela Grifo, come confermato anche in un successivo passaggio dal dott. Gambardella: “Vale quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui: ‘In tema di indebito assistenziale, in luogo della generale ed incondizionata regola civilistica della ripetibilità, trova applicazione, in armonia con l’art. 38 Cost., quella propria di tale sottosistema, che esclude la ripetizione, quando vi sia una situazione idonea a generare affidamento del percettore e la erogazione indebita non gli sia addebitabile. Ne consegue che l’indebito assistenziale, per carenza dei requisiti reddituali, abilita alla restituzione solo a far tempo dal provvedimento di accertamento del venir meno dei presupposti, salvo che il percipiente non versi in dolo, situazione comunque non configurabile in base alla mera omissione di comunicazione di dati reddituali che l’istituto previdenziale già conosce o ha l’onere di conoscere’ (cfr. Cass. n. 13223/2020)”. E poi si arriva alle inevitabili deduzioni di seguito riportate:
A ciò si aggiunga, peraltro, che la documentazione in atti smentisce anche nel merito l’asserito superamento del limite reddituale previsto per il riconoscimento della maggiorazione economica (di € 8.469,63 euro). Ciò in quanto il superamento del limite reddituale sarebbe derivato dalla percezione di redditi da lavoro dipendente per € 2.643,00 a titolo di naspi, oltre ad € 720,00 a titolo di arretrati, per un totale complessivo di € 3.363,00, cui si aggiunge quanto percepito a titolo di indennità di accompagnamento in godimento per l’anno 2020. Com’è noto, tuttavia, l’indennità di accompagnamento, essendo una prestazione di natura assistenziale, non è qualificata come reddito imponibile e pertanto (oltre a non essere soggetta a tassazione) non va indicata nella dichiarazione dei redditi e non concorre a formare il reddito valutabile ai fini del riconoscimento del beneficio della maggiorazione sociale. In accoglimento del ricorso, dunque, va annullato il provvedimento di indebito dell’Inps del 16.1.2023, per l’indebito generato dalla revoca della maggiorazione sociale e va dichiarato non ripetibile l’indebito ivi riportato; per l’effetto, l’ente va condannato alla restituzione in favore del ricorrente B.V. di quanto pro tempore trattenuto a tale titolo”. Poi la chiusura con la pronuncia della sentenza: “Il Giudice del lavoro, dott. Giuseppe Gambardella, definitivamente pronunziando, ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa, così provvede: in accoglimento del ricorso, dichiara non dovuto da B.V. l’importo di € 1.074,57 di cui al provvedimento del 16.1.2023; per l’effetto, condanna l’Inps al pagamento in suo favore di quanto pro tempore trattenuto a tale titolo; condanna l’Inps, in persona del legale rapp.te p.t., al pagamento delle spese di lite, liquidate in € 300,00 oltre IVA, CA e rimborso forfettario, con attribuzione”.