“L’isola bruna”, l’opera di Gioacchino Francesco De Candia
Il libro verrà presentato domani 3 luglio alle ore 19:00, presso la Sala Consiliare del Comune di Procida “V. Parascandola”

Il 3 luglio alle ore 19:00, presso la Sala Consiliare del Comune di Procida “V. Parascandola”, verrà presentato il libro “L’isola bruna” scritto da Gioacchino Francesco de Candia per Giannini editore.Un lavoro che, godendo del patrocinio del Comune di Procida, già alla prima lettura, non ci ha lasciato indifferenti. E ciò non soltanto perché recupera la scia tracciata dall’esperienza della “Capitale italiana della Cultura 2022” ma anche perché, ragionevolmente, potrà lasciare una traccia nel contesto letterario e culturale procidano. Fattore sicuramente colto dal primo cittadino, dott. Raimondo Ambrosino, il quale dopo averne assicurato la prefazione, ha deciso di intervenire alla presentazione dell’opera alla quale saranno presenti, inoltre, Tjuna Notarbartolo, giornalista e scrittrice, direttore del Premio Elsa Morante, in rappresentanza della storica casa editrice e Patrizia Barone della libreria “Graziella”.
Gioacchino Francesco De Candia, di formazione umanistica e laurea in Giurisprudenza, che ha già pubblicato un libro di poesie e diversi racconti su riviste del settore, ne “L’isola Bruna” sorprende per la sua struttura narrativa, per tutta una serie di efficaci richiami alla realtà della Procida del ‘900, per la suggestiva forza evocativa, per la sua morale magnificamente sottesa: tutti elementi di cui abbiamo parlato incontrando l’autore.
Giacchino, come nasce questo libro? Quale l’idea e lo stimolo?
«Il lavoro parte da lontano. Dacché ricordi ho avuto sempre l’impulso a scrivere. Ciò nonostante è stata l’applicazione alla lettura, favorita dalla mia formazione classica, che ha fatto si che realizzassi quanto potesse essere gratificante creare meccanismi letterari. A tal proposito aggiungo che hanno giocato un ruolo decisivo alcuni autori italiani del ‘900 tra i tanti cito Gadda, Buzzati, Landolfi, Manganelli, Sciascia, Flaiano ed alcune opere di Malaparte, in particolare “Donna come me”».
Perché hai deciso di mettere l’isola senza nome (Procida?) al centro del tuo piano narrativo?
«Tengo a precisare che Procida non viene mai nominata in quanto non mi andava d’impantanarmi in qualcosa che potesse essere avvertito come “mero provincialismo di maniera”. La verità è che tenevo a rendere corale il mio progetto narrativo. In tale quadro mi sono dedicato mettendo in gioco valori universali quali lo sviluppo e l’educazione dei sensi, il mutamento dei luoghi e dei costumi della gente, i sentimenti fondamentali dell’essere umano colti nel loro percorso. In sostanza, nel mio libro, l’isola altro non è che un luogo dell’anima. Probabilmente la sua lettura verrà immaginata adatta più che altro ai “borghigiani” ma, credimi, mi sono messo d’impegno per porla al servizio anche ai “forestieri”».
Lo stile del libro appare piuttosto ricercato e sofisticato, non pensi che possa essere accolto con qualche difficoltà dalle utenze meno avvertite?
«Mai sottovalutare il lettore e, poi, il livello culturale è oramai cresciuto! Lo stile, nel mio libro, è funzionale alla narrazione. Me ne sono servito per creare un humus, un’atmosfera, un’evocazione. Insomma per suggerire a chi legge sensazioni ed emozioni che possano accompagnarlo fino all’ultimo capitolo, lì dove si rivela il piano narrativo. Ciò atteso riconosco che questo libro governa una morale che non si esaurisce con una sola lettura. Ti dirò di più, mi ero prefisso anche questo: stimolare, cioè, il piacere a “rileggere”».
Ad integrare il risultato finale il tuo scritto sembra il frutto anche di una non indifferente opera di ricerca.E’ vero?
«La ricerca non è roba da internet è, piuttosto, seria quanto avara soddisfazione. E’ un travaglio per tecnici o specialisti della polvere. Personalmente condivido di gran lunga lo sforzo creativo. Da parte mia posso dirti che sono stato fortunato. E’ capitato, in sostanza, a seguito di tutta una serie di letture, d’imbattermi in notizie storiche, letterarie ed artistiche assolutamente mai visitate in precedenza. E’ stata una gioia trasfonderle in prosa e condividerle e spero che tu abbia colto il fatto che ogni capitolo include una novità storico-culturale pressoché assoluto. O per lo meno mai sviscerato».
A proposito di ciò in un capitolo si allude ad un noto personaggio che ha frequentato Procida ed al suo rapporto con l’isola. Fatti veri oppure dovuti al gioco della fantasia dello scrittore?
«In proposito non posso aggiungere una sola parola a quello che ho scritto. Sono vicende assai delicate oggetto anche di un’inchiesta da parte della Magistratura».
In conclusione Gioacchino, nelle librerie italiane non manca l’offerta di libri, perché il lettore dovrebbe scegliere proprio il tuo libro?
«Vedi, mio nonno materno era un eccellente vinificatore e quello paterno un bravo pescatore. Non c’è dubbio, poi, che esistano sacerdoti ispirati, panettieri intimisti, femmine ben contente d’essere indiscrete, uomini pubblici sfuggenti o trasformisti e tutta un’umanità che riesce brillantemente a spendere la propria esistenza fuori ad un bar. La verità? E’ che metto in gioco il mio talento a “raccontarli”! Non voglio essere ipocrita, questo lavoro aspira ad essere qualcosa che resti nel tempo, rinsaldi una memoria collettiva, venga apprezzato e che, poi, col trascorrere degli anni, ne produca una radiazione di fondo».
In bocca al lupo!