L’isola dei disvalori
di Graziano Petrucci
Avete visto che cosa hanno fatto alla Chiesta del Soccorso? Sapete o immaginate di chi è la colpa? Tutte interessantissime le risposte, sentite o lette: a un certo punto ci siamo accorti che da un lato c’è chi non controlla (magari si tratta dei vigili oppure, andando al vertice, tale inadempienza forse può ascriversi all’amministrazione di Forio nella misura in cui non sa tutelare un pezzo della sua storia o delle tradizioni, colpa simile si allarga agli altri cinque comuni). Dall’altro la responsabilità non può esonerare e perciò ricadere sulla società civile, cioè tutti noi, alle nostre mancanze, alla innata capacità di seppellire i valori con i disvalori come al completo vuoto di educazione e a quelli negativi che sull’isola, non escludendo l’Italia, stiamo generando nelle persone involontariamente o nella più totale indifferenza. Si elogia il brutto a scapito del bello. Graffiti, disegni, qualcuno la definisce “arte espressiva”, può starci tutto ma, per favore, non in quel modo. Ciò che contemporaneamente ci sbatte in faccia, e senza mezzi termini, riguarda un fatto rappresentato da un atto, vandalico si può dire, lasciato a se stesso in carenza di controlli: tanti ancora non sentono i luoghi come propri o l’ambiente, le piazze e qualsiasi edificio con una storia o tradizione, come parte integrante di se e perciò un pezzo di un’idea di casa collettiva e “nostra” per quota parte. Questa, brevemente, è la ragione per cui negli anni come degni inetti di società incivile, abbiamo deturpato il territorio con l’abusivismo. Vale a dire la costruzione di case dove prima non c’erano, nascondendoci dietro quel mix di prepotenza mista ad arroganza coperta dalla storia degli “abusi di necessità”. In sintesi, il ragionamento è questo: «posso (fare) qualunque cosa, il territorio è mio e ci faccio quel che mi pare». Magari qualcuno può non essere d’accordo ma si tratta di percezioni deviate, non del diritto di poter fare o usare (o scrivere) ciò che si vuole a danno degli altri. E in un tale universo plebeo nel quale ci riscopriamo – ma siamo poi mai stati qualcosa di diverso o tendiamo davvero ad esserlo? – cade non lontano dall’albero la mela della “politica” e dell’amministrazione della cosa pubblica. A Forio, Grazia Parpinel ha lasciato la maggioranza di Del Deo a distanza di pochi mesi dalle elezioni. Qualcuno ha detto che la Parpinel, col suo comportamento, ha mostrato incoerenza. Dal che si potrebbe dedurre che si tratti di un inizio di schizofrenia. Direste davvero che si tratta di sconnessione con la realtà? Le parole sono importanti e vanno usate non con sufficienza ma con garbo e cautela. Io credo, invece, che l’ex componente dell’amministrazione presieduta dal sindaco Del Deo sia perfettamente sana di mente. Anzi si è staccata da una rottamazione che il sindaco avrebbe operato nei confronti delle nuove “leve della politica” e delle idee – di cui la Parpinel si è fatta portatrice – trascinate al suo cospetto. Il suo gesto ha scombussolato la gerarchia di disvalori il cui controllo sarebbe tenuto in piedi da una forma di potere nelle mani di pochi. Un’oligarchia, per farla breve, propria di un’associazione che indossa abiti di genere “democratico”, che si muove sul limite quando perde la capacità di ascolto delle sue componenti che, in ogni caso, rappresentano una parte dell’elettorato. Sempre la Parpinel ha rifiutato, poi, la carica di assessore – e sia chiaro, stiamo parlando di circa mille euro ogni mese – che avrebbe significato, per lei, la possibilità «di guadagnare qualcosa fino alla fine del mandato, poiché a tutti fa comodo una cifra di mille euro», come le è stato suggerito da un affiliato di cui non conosciamo l’identità, sappiamo solo che si tratta di un “savio” (cioè giudizioso). L’uso di una posizione pubblica per fini personali, come per esempio ricevere una retribuzione senza incidere realmente sul tessuto sociale oppure su ciò che è prioritario, non è per caso un disvalore? Probabilmente la Parpinel non si è sottratta prima perché pure in politica c’è bisogno di un tempo per fare certe scelte e decidere di condurre una battaglia secondo la sua coscienza, altro che incoerenza. Di fronte, però, resta la crociata di valori negati, di una società e della sua amministrazione negata, disvalori appunto, che ci ha fatto diventare una palude con l’illusione di vivere bene e poter migliorare la collettività, anche foriana, senza sacrifici. Intanto sbranando o deturpando oppure omettendo tutto solo per una qualunque esigenza personale.
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