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L’isola delle occasioni perdute

La vicenda legata al mancato rispetto delle ordinanze sindacali relative al divieto di vendita di saponi e detersivi non biodegradabili rappresenta a suo modo l’icona dei paradossi di casa Ischia. Dove anche quella volta in cui si riesce a fare qualcosa di buono, beh quel qualcosa non deve passare dalla teoria alla pratica. Nel senso che i dispositivi ci sono, ma non vengono applicati. E, mi sia consentito, non lo sono nemmeno in maniera blanda, leggera o sperimentale, roba che in ogni caso se non altro basterebbe a far parlare dell’isola verde (una volta tanto, quando per lo mezzo ci sono tematiche ambientali) in maniera lusinghiera regalandoci anche un risalto mediatico che molto spesso non siamo capaci di prenderci lontano dai nostri confini. Ma questa è una pecca vecchia, sulla quale sarebbe finanche inopportuno e stucchevole tornare.

Ma certo è che sembra di vivere quasi in un film surreale dei fratelli Cohen. E’ come se ci fosse una legge, ma nessuno la facesse osservare. Eppure non bisogna essere dei ferventi e praticanti ambientalisti per capire le ripercussioni positive che il rispetto delle ordinanze sindacali potrebbe portare. Molti lo ignorano e qualcuno non lo dice chiaramente perché per ovvi motivi non si può entrare a gamba tesa e non ci si può mettere contro il “sistema”, ma un territorio come il nostro – se sposasse il cosiddetto “bio” – potrebbe addirittura fare a meno dei depuratori. Strutture che, e questo lo abbiamo ripetuto più volte anche interpellando esperti e pubblicando relazioni decisamente autorevoli, vengono viste come la panacea di tutti i mali ma che invece potrebbero essere una “mina vagante” in una realtà insulare come la nostra che determinate tipologie di scarichi non inquinanti potrebbe smaltirli tranquillamente viste le caratteristiche e le profondità dei nostri mari.

La deformazione professionale mi impone – prima di ritornare a occuparmi della tematica oggetto di questo numero speciale de Il Golfo – una accurata riflessione. Dalle nostre parti sei sindaci hanno avuto un’idea geniale (o meglio, l’ha avuta Mizar, ma perlomeno loro l’hanno recepita, ed è già qualcosa) ma non se ne è praticamente accorto nessuno. Altrove, invece, le cose vanno diversamente. Tanto per dirne una il sindaco delle Isole Tremiti, Antonio Fentini, ha firmato un’ordinanza con la quale, dallo scorso primo maggio, sulle Diomedee sono vietate tutte le stoviglie in plastica e al loro posto potranno essere usati solo contenitori biodegradabili. Chi trasgredirà, commercianti o clienti, sarà multato con una sanzione che va dai 50 ai 500 euro. “Sulle bottiglie, essendo un’isola – ha spiegato il primo cittadino – è ancora complesso da orchestrare questo elemento: ma magari ci arriveremo. Stiamo vedendo il nostro mare ucciso giorno dopo giorno dall’uomo e dovevamo fare qualcosa subito”. Un messaggio che è stato ripreso dagli organi di informazione regionali e nazionali ed ha ricevuto anche il plauso delle associazioni ambientaliste. Che, ovviamente, hanno provveduto ad amplificare il fatto di cronaca garantendo un proficuo ritorno d’immagine alle isole Tremiti. In queste pagine leggerete anche di una serie di alibi più o meno condivisibili accampati da soggetti deputati a questo tipo di controlli, ma uno su tutti – la carenza d’organico – non crediamo appartenga soltanto al territorio dell’isola d’Ischia. Insomma, non vogliamo fare paragoni irriverenti con nessuno, ma l’impressione, alle volte, è che volere sia potere. E che Ischia, per concludere, resti l’isola delle occasioni perdute.

Gaetano Ferrandino

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