Liste d’attesa in Campania, l’ira dei sindacati
Il piano della Regione non basta, la CISL chiede l’accesso agli atti e minaccia di adire le vie legali. Le doglianze in una nota, indirizzata al governatore Vincenzo De Luca e alle ASL, che investe molto da vicino anche le isole
Lo scorso luglio la Regione Campania ha varato il piano per smaltire, o tentare di farlo, le liste di attesa della sanità pubblica. Un nodo irrisolto che la Campania ha tentato di dirimere attraverso un piano straordinario per sfoltire le code e accelerare l’accesso a ricoveri e prestazioni ambulatoriali di tantissimi pazienti e cittadini costretti ad attendere mesi, se non anni, per ricevere le cure. Spesso si parla di cure e prestazioni perse anche a causa della Pandemia e delle lunghe chiusure Covid negli ultimi due anni. Ma non è solo questo. La questione annosa, è ormai una costante negativa della nostra realtà sanitaria, specie ad Ischia. La delibera di Giunta regionale che lo scorso luglio ha varato il programma, il governo campano si è posto l’obiettivo di recuperare il gap perso già nel biennio 2022-24.
Come? Con una attività di ricognizione volta a rilevare la concreta capacità delle aziende sanitarie per procedere entro il 31 dicembre di quest’anno all’azzeramento di tutti gli arretrati assistenziali. Una realtà che gioco forza investe anche il territorio isolano, alle prese, ormai è anche pleonastico ripeterlo, alle prese con i limiti e le esigenze legate alla insularità. Ad alzare la voce è mostra si critico nel merito della risoluzione dell’annoso problema è la Cisl. Il sindacato parte all’assalto diretto del Governatore Vincenzo De Luca. In particolare, la Cisl Funzione Pubblica della Campania, guidata da Lorenzo Medici, ha scritto al presidente della Regione De Luca e alle varie direzioni generali Tutela della Salute e Personale del Servizio Sanitario Regionale, tra cui l’ASL Napoli 2 Nord, per accedere agli atti amministrativi relativi all’erogazione delle prestazioni sanitarie.
La CISL ha chiesto, di sapere quanti soldi sono stati erogati e finalizzati all’abbattimento delle liste di attesa, quali e quante sono state le attività ordinarie e quelle in intramoenia svolte in ogni singola azienda, quale è il piano strategico e le priorità stabilite per ciascuna tipologia assistenziale, quale è il personale reclutato ed utilizzato e i sistemi di incentivazione attuati con i provvedimenti di programmazione assunti sulle risorse umane. Infine, ai sensi e per effetto dell’art. 22 e seguenti della legge 241, Medici ha fatto istanza di accesso ai documenti e agli atti prodomici e conseguenti al fine spiega in una nota stampa la sigla con “L’obiettivo di fare chiarezza definitiva sul disastro del settore in questa regione, alla luce del fatto che la delibera di Giunta 379 prende atto della inutilizzazione degli stanziamenti erogati e della conseguente diminuzione delle risorse utilizzabili per il 2023 per l’abbattimento delle liste d’attesa”.
Secondo l’ultimo provvedimento regionale in materia è previsto, per il 2023, l’utilizzo delle somme assegnate nel 2021 e 2022 e non impiegate al 31 dicembre 2022. 22 milioni a disposizione delle aziende sanitarie pubbliche, quali Asl e ospedali. Idem o quasi per i privati accreditati. A questi si aggiungono le economie del budget assegnato nel 2020 per altri 15 milioni di euro circa. Tutti fondi da utilizzare entro il 31 dicembre 2023 esclusivamente per il recupero delle liste di attesa. In tal senso spiegano gli esperti della materia, l’utilizzo dei fondi extra forniti da MEF è Ministero della Salute nel 2022 è stato un disastro alle nostre latitudini: 500 milioni su scala nazionale di cui circa 90 assegnati alla Campania. La Campania ha utilizzato meno del 50 per cento del finanziamento e recuperato meno del 50 per cento delle prestazioni attese. Nel tentativo di mettere una pezza la Regione con il suo provvedimento fornisce indirizzi alle aziende di utilizzare i fondi che non sono riuscite a spendere nel 2021 e nel 2022.
Come si legge agli atti, sul piano operativo si riprendono per tutto il 2023 le visite, prestazioni, ricoveri e indagini da effettuare in extraorario, di pomeriggio o nei fine settimana, remunerando i team sanitari con i fondi disponibili o oltre i limiti dei tetti di spesa per gli accreditati. Secondo la disposizione regionale, inoltre, le aziende pubbliche, invece, avviano da subito i propri piani operativi basati su incremento delle prestazioni aggiuntive, prolungamento degli orari, aperture nei weekend e altre soluzioni in base alle necessità e specificità di ciascuna azienda. Fondamentale sarà l’allineamento dei tempi di attesa e dei volumi delle prestazioni ambulatoriali e di ricovero erogate in regime istituzionale rispetto ai tempi di attesa e dei volumi delle stesse prestazioni rese in regime di libera professione. Quest’ultime dovranno essere fermate o quanto meno limitate se esuberano dall’attività ordinaria gratuita per i cittadini. Infine, le altre economie recuperate tra le pieghe dei bilanci dalla Regione e che sono destinate ad integrare i budget dei privati accreditati sia per l’assistenza ospedaliera e per quella specialistica ambulatoriale, andranno in aggiunta ad altri fondi destinati allo scopo in virtù di deroghe alla spending review. Una storia tutta da scrivere e che al momento, spiegano i sindacati, si sta rivelando l’ennesimo libro dei sogni. Al punto che la Cisl Funzione Pubblica ha annunciato fin d’ora che “trascorsi inutilmente i 30 giorni dalla notifica dell’atto di accesso agli atti e chiarimento (ndr), saranno adite le vie giurisdizionali per la tutela dei diritti e degli interessi rappresentati”.
Ribadiamo solo che 6 sindaci sono inutili