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L’ombra del “taglio” per la Diocesi di Ischia

Dal 2019 è cominciata l’opera di riduzione e accorpamento delle Diocesi. E così, dopo aver più volte saltato il fosso, dalla terraferma arrivano voci dell’annessione dell’isola a Pozzuoli con la nomina di un amministratori. Ecco tutti gli indizi (e i recenti precedenti) che lasciano presagire una soluzione poco gradita ai fedeli ischitani

Papa Francesco l’ha definita un’«esigenza pastorale attuale» davanti ai vescovi italiani riuniti in assemblea a maggio 2018. Si tratta della riduzione delle 226 diocesi italiane (225 – compresa quella di Ostia storicamente unita a Roma – più l’Ordinariato militare) che negli ultimi anni non è solo un argomento di studio o di discussione. La rivoluzione all’interno della Chiesa è cominciata. E potrebbe riguardare anche l’isola di Ischia.

Senza clamori e senza quelle tensioni raccontate da papa Francesco (che nel suo intervento lo scorso anno nel corso di un’Assemblea generale della Cei aveva detto: «L’anno scorso stavamo per accorparne una, ma sono venuti quelli di là e dicevano: “È piccolina la diocesi… Padre, perché fa questo? L’università è andata via; hanno chiuso una scuola; adesso non c’è il sindaco, c’è un delegato; e adesso anche voi…”. E uno sente questo dolore e dice: “Che rimanga il vescovo, perché soffrono”»). Più che varare una piattaforma programmatica, che sa molto di strategia politica ma ha ben poco a che fare con uno spirito ecclesiale, si è iniziato a intervenire partendo da rinunce e nomine dei vescovi. Con un percorso condiviso che da una parte ha il placet del Papa, dall’altra conta sulla collaborazione della Cei, e dall’altra ancora vede in azione la nunziatura apostolica in Italia e la Congregazione per i vescovi. Ne sono la prova alcune decisioni sulle successioni riguardanti le sedi vescovili che mostrano come l’auspicato riassetto della geografia ecclesiale italiana muova i primi passi.

E così nel 2019 ci sono stati una serie di provvedimenti per le “piccole” diocesi che segnano una svolta. Palestrina è stata unita a Tivoli in ‘persona episcopi’ (come avviene da anni con Cuneo e Fossano). Poi Fabriano-Matelica ed avvicinandoci a noi, ad Alife-Caiazzo, in provincia di Caserta, sono state accettate le dimissioni per raggiunti limiti di età dell’ordinario con la nomina del vicino (ma non confinante) vescovo di Sessa Aurunca come amministratore apostolico. La via privilegiata che è stata imboccata appare quella dell’accorpamento, come del resto aveva suggerito anche papa Bergoglio. Le oltre duecento Chiese particolari presenti dalle Alpi alla Sicilia sono «tante». Forse troppe se si prende come riferimento il resto del mondo: ad esempio in Germania sono 27 (per 25 milioni di fedeli), in Francia un centinaio (per 47 milioni di battezzati), in Spagna 70 (per 42 milioni di cattolici). Negli Stati Uniti, che hanno un territorio trenta volte più esteso della Penisola dove i cattolici sono più di 70 milioni, sono 197. Certo, nel Belpaese il numero delle sedi titolari è figlio della storia, delle sue profonde radici cristiane e soprattutto del legame peculiare e irripetibile che l’Italia ha con la Sede Apostolica. Ma la cifra sembra oggi anacronistica. Ed è proprio per questo che la Diocesi di Ischia, che conta poco più di 60mila abitanti e con soli 7 Comuni, potrebbe essere accorpata. Anche monsignor Pietro Lagnese, da poco nominato alla guida della Diocesi di Caserta dove arriverà il prossimo 20 gennaio ha parlato del possibile accorpamento di «un problema che a Ischia è molto sentito. I fedeli mi chiedono di darmi da fare, di spendere qualche parola affinché l’isola, sebbene piccola, possa ancora avere un vescovo, L’isola non è ben collegata con la terraferma, ha una sua storia e si sente il bisogno di una personalità unificante per la Chiesa locale». Un’ammissione che fa temere la reale soppressione della diocesi di Ischia ed il conseguente accorpamento con quella di Pozzuoli.

Poi è stata la volta di monsignor Valentino di Cerbo, vescovo emerito di Alife Caiazzo. Da quando di è dimesso per sopraggiunti limiti di età, due anni fa, a guidare la diocesi c’è “Amministratore Apostolico” che ha gestito l’ordinario. In pratica la stessa situazione che adesso vivranno la Diocesi di Cerreto Sannita, il cui vescovo è stato inviato alla Curia di Napoli, e per quella di Ischia, dato che Lagnese tra una decina di giorni lascerà l’isola. La soluzione più facile sembra essere quella dell’annessione delle diocesi vacanti più piccole a quelle più grandi. L’ipotesi potrebbe essere la confluenza di Cerreto con Benevento, Alife con Caserta ed Ischia con Pozzuoli; accorpamenti che risponderebbero pienamente alla linea della riduzione delle Diocesi, voluta da Papa Francesco e dalla CEI. Annettere a realtà molto più grandi e complesse diocesi più piccole, vivaci e “a misura d’uomo”, scrive l’ex vescovo di Alife, Valentino Di Cerbo, «che sono un baluardo religioso, culturale e sociale in territori periferici, potrebbe far correre il grosso rischio di spegnare la vita ecclesiale (e non solo), facendo prevalere la fredda logica economicistica e globalizzata (pesantemente condannata dal Papa), anche nel corpo vivo della Chiesa e in contesti già abbandonati da tutti, dove sono stati chiusi tribunali, ospedali, banche, scuole, attività commerciali di vario genere, ma dove ancora c’è una popolazione periferica e povera e un ambiente che hanno forse bisogno di cura più di altri, anche in funzione della salvaguardia di territori più vasti e di realtà più grandi. Penso che anche qui, per costruire il meglio, la “cultura della cura” debba prevalere su quella dello scarto». Insomma al momento nulla è ancora deciso e per questo a Ischia arriverà un Amministratore apostolico. Non è stato deciso nemmeno per quanto tempo e così la chiesa isolana potrebbe trovarsi nella stessa situazione di Alife Caiazzo che da due anni è in attesa del nuovo vescovo.

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