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Ischia e Barano, caccia alla donna che non c’è

ISCHIA. Non è un paese per donne. Quindi, al netto delle appartenenze politiche, dimenticate anche solo la possibilità di avere una nostra Virginia Raggi. Eppure alle prossime elezioni anche Ischia dovrà confrontarsi con le nuove regole della politica. Un bel problema, per una classe dirigente come quella ischitana totalmente impreparata a gestire prospettive che esulano dall’ordinario.

La chiamano parità di genere. Che suona male quasi quanto riserva indiana. Ma c’è. E bisogna tenerne conto. In Italia è stata introdotta da qualche anno nel tentativo di affermare un principio basilare quanto difficile da far sedimentare: donne ed uomini si equivalgono anche nell’urna elettorale.

Già il fatto che lo si debba affermare per legge è sintomatico dei ritardi culturali che attraversa l’Italia. Ma, al di là delle disquisizioni sociologiche, cosa accadrà ad Ischia (ed in misura diversa anche a Barano) adesso che si andrà a votare con il sistema della doppia preferenza?

Qualche tendenza è stata possibile osservarla già nelle elezioni di Casamicciola e Forio, i primi due comuni a sperimentare la formula della doppia preferenza. Alcuni (Tina Iacono a Forio uscì meglio di Peppe Di Maio, che non fu eletto) se ne sono avvantaggiati, altri meno. Nel complesso, però, sembra ancora difficile individuare un profilo femminile in grado di fare da traino nell’elettorato.

Qui subentrano fattori storici. Sull’isola difficilmente le donne si sono prestate alla politica e le poche che lo hanno fatto sono state costrette a subire mentalità e metodologie comportamentali di un universo ancorato a logiche maschiliste e settarie. La mercificazione del corpo femminile cominciata a metà anni ’80 con il nascere della tv generalista ha un peso specifico, sottolineato da analisi sociali che hanno fossilizzato la tendenza tutta italiana a non considerare la donna all’altezza di alcuni ruoli sociali. Sulla nostra realtà però sembra aver influito anche la natura stessa dell’isola, chiusa, poco incline alle trasformazioni, estremamente avviluppata su se stessa.

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Un esempio lampante di questa tendenza è l’amministrazione presieduta da Giosi Ferrandino. In dieci anni di sindacato, il primo cittadino di Ischia, che ha conquistato il secondo mandato con un plebiscito bulgaro sfondando il muro del 70% delle preferenze, ha dovuto fare i salti mortali per individuare le quote rosa (altro neologismo settario, al pari di parità di genere) per tenere in piedi la sua maggioranza.

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Negli anni si sono alternate Rosanna Ambrosino e Marianna Boccanfuso. Nell’ultimo rimpasto di Giunta, è uscito il nome di Carmen Criscuolo in quota Ottorino Mattera, unico ad aver dimostrato di possedere una certa propensione strategica e si è cautelato in tempo piazzando in Giunta la donna che andrà in tandem con lui. Fanno tre assessori su quarantacinque possibili nomine, una percentuale inferiore al 10%. Le difficoltà sono state sempre così evidenti da spingere il sindaco, in più di una occasione, a lasciare una casella assessorile libera. Escamotage amministrativi: così ha rispettato la regola del 50% delle donne in Giunta.

Il discorso peggiora a guardare il consiglio comunale. Lì la presenza del gentil sesso è pari a zero. Nemmeno attraverso gli scorrimenti di lista si è riusciti a tirar dentro il civico consesso una donna. Ed immaginate allora cosa accadrà a maggio 2017, quando ci sarà l’obbligo ci comporre le liste rispettando la parità di genere (metà uomini, metà donne) ed almeno 6 consiglieri su 16 dovranno essere rappresentanti del gentil sesso.

Il discorso però vale anche per Barano. In dieci anni di amministrazione Paolino Buono, l’assessore donna è stato nominato meno di un anno fa (Maria Rosaria Di Iorio) mentre in consiglio comunale, dopo l’addio di Maria Grazia Di Scala, non siede nessun esponente dell’universo femminile. I problemi non affrontati ieri ricadono sulle spalle di chi governerà domani: non è un mistero, infatti, che Dionigi Gaudioso non riesca a chiudere la lista (altrimenti già completa e pronta a vincere le elezioni) proprio perché non individua profili femminili idonei alla causa.

Ma si deve tener conto anche del rovescio della medaglia. Sei donne in Consiglio comunale, come nel caso di Ischia, significa sei uomini fuori dal consiglio comunale. Considerato che nella corsa alla ricandidatura si sono già iscritti tutti i protagonisti dell’ultima amministrazione, diviene facile immaginare che la corsa è tutta lì, a chi individua il cavallo vincente. Largo alle donne, allora. E pazienza se è per obbligo di legge, non per scelta.

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