L’ottimismo di Del Deo: «I “mali” delle isole minori finalmente fanno breccia»

Lunga intervista al sindaco di Forio e presidente dell’ANCIM che spiega come il vento stia cambiando: finalmente i problemi delle realtà insulari cominciano ad essere compresi nei “palazzi” che contano. La ricetta per non essere più “ultimi”

Adesso che finalmente da qualche tempo abbiamo un isolano alla guida dell’ANCIM, l’associazione nazionale dei Comuni delle isole minori, possiamo rivolgere una domanda che ci poniamo da tempo: perché negli anni è stato così difficile trasmettere il messaggio relativo a una serie di disagi che vivono comunità particolari come quelle insulari?

«Credo che, con tutto il rispetto per i miei predecessori, in un passato più e meno recente non ci sia stata quella incisività nel seguire l’associazione. Che, va detto, va seguita quotidianamente. Chi mi ha preceduto ha lavorato bene, per carità, ma l’impegno che io sto profondendo è notevole e forse agevolato anche dal fatto che seguire certe dinamiche è meno complesso dal momento che vivo tra Ischia e Roma. Ed è ovvio che questo mi rende più facile avere contatti a relazioni con parlamentari, ministeri. La verità è che questo è un ruolo che andrebbe ricoperto a tempo pieno, ma la verità è che non c’è la possibilità di farlo. E’ importante fare spesso tappa nella capitale, ma noi abbiamo avuto presidenti provenienti dalla Sardegna o altre località lontane e per loro diventava difficile anche logisticamente poteva muoversi e raggiungere le stanze capitoline dove tutte si decide».

Cosa si sta facendo negli ultimi tempi?

«Ischia è una realtà privilegiata, pensate che ad esempio a Ventotena il medico di base va una volta a settimana e un po’ ovunque i collegamenti marittimi non sono certo frequenti. Lo Stato? Si muova per trasporti, sanità ma anche scuola: sono tre pilastri fondamentali per una società civile. Ma finalmente iniziano ad ascoltarci»

«Ci stiamo muovendo e tanto, grazie anche al supporto dei miei colleghi sindaci. Finalmente stiamo riuscendo a far capire che esistono le isole minori che rappresentano ricchezza cultura ed economica per il paese, che vanno guardate con una certa attenzione. Ripeterò fino alla noia che una legge che può andare bene per una realtà della terraferma finirà magari col rivelarsi inadatto per le isole in virtù delle loro peculiarità e della loro morfologia. Ritengo che nell’epoca post Covid sia giunto il momento di prendere la situazione tra le mani. Devo riconoscere che ho trovato una grossa disponibilità da parte del ministro Boccia che ha messo a disposizione decine di milioni di euro tra quelli già stanziati e quelli che arriveranno: un interlocutore preparato, sensibile e non sordo, davvero apprezzabile».

Trasporti, sanità, lavoratori che rifiutano la sistemazione sull’isola, l’assenza dello status di zone disagiate. Ad Ischia diciamo di passarcela male, ma quanto è vero che c’è chi sta molto peggio di noi?

«Noi rispetto ad altre realtà siamo davvero dei privilegiati, forse anche per la così numerosa popolazione. I disagi di cui parlavo poco fa sono ben altri. Pensate che a Ventotena il medico di base va una volta a settimana, i collegamenti marittimi non sono certo frequenti, insomma lo Stato deve muoversi presto e bene non soltanto su trasporti e sanità ma anche sulla scuola. Sono tre pilastri fondamentali per una società civile. Finalmente, dicevo iniziano ad ascoltarci, ma poi abbiamo un altro grosso problema che viene troppo spesso sottovalutato…».

Quale?

«I cittadini isolani sono discriminati e sostengono spese maggiori rispetto a quelli della terraferma. Le vie del mare sono molto più care, per percorrere trenta chilometri paghiamo anche cinque volte in più degli altri. E vogliamo parlare della scuola? Far studiare un figlio all’università ci costa dieci volte in più. La sanità, infine: non tutte le isole hanno un ospedale, a Ischia c’è ma molto spesso bisogna scendere a Napoli con un aggravio di costi».

Ma come si risolve questo “handicap”?

«Credo che ci si possa arrivare dando autonomia anche fiscale alle isole minori. Non si può considerare il contributo erogato a un piccolo Comune della terraferma rispetto alle esigenze di una realtà insulare».

Francesco Del Deo si sentirà contento del suo operato all’ANCIM nel momento in cui avrà raggiunto quale risultato?

«Il mio vero obiettivo non è tanto quello di ottenere finanziamenti, ma di fare in modo che servizi come trasporti, scuola e sanità funzionino al meglio. O provvede la Regione o il governo centrale, ma così non si può andare avanti. Anche perché, a fronte di una serie di disagi e costi suppletivi da patire, i cittadini delle isole minori si vedono applicare identica tassazione rispetto a chi risiede in continente. E questo è oggettivamente ingiusto. Ecco perché bisogna giungere a una detassazione o in subordine fare in modo che determinate entrate tornino ai Comuni, come accadeva in passato ad esempio sulle spiagge dove oggi gli enti locali fanno solo da tramite. Lo steso discorso deve valere per i carburanti, qui ci sono quelli più cari del mondo, c’è una differenza con la terraferma elevatissima, spaventosa, quasi quaranta centesimi al litro. In fondo in termini di accise lo Stato sulle isole minori non perderebbe un capitale, ma per le realtà territoriali sarebbe un vantaggio innegabile».

Un paio di settimane fa il sindaco di Firenze Nardella, in un’intervista rilasciata al nostro giornale, ha auspicato il Comune unico sull’isola d’Ischia pur sottolineando come la sua fosse una valutazione da ospite e di non voler entrare nelle questioni di casa altrui. Che idea hai maturato della percezione di un collega amministratore?

«Chi amministra una grande città non può capire quali sono i problemi di una piccola comunità. Firenze certo non è una capitale mondiale, ma mi piace ricordare che, come ricordato dal ministro Del Rio, i Comuni sotto i ventimila abitanti sono i più virtuosi e pesano molto di meno sul debito pubblico rispetto alle grandi città. E noi, detto per inciso, paghiamo anche per loro. E non vorrei andare oltre…».

La stagione tutto sommato è andata bene, ma ancora una volta in questo mese di agosto abbiamo avuto un target turistico bassissimo e sconcertante. Alcuni imprenditori, Carriero in primis, sostengono che bisogna creare un contesto in cui questi soggetti non si sentano a loro agio e dunque si dirigano altrove per le vacanze. Teorema condivisibile?

«Stimo Carriero come persona e imprenditore, ma la proposta mi sembra monca. Concordo con quello che dice, il problema è capire un processo del genere come va avviato, gestito e governato. Dire che si vuole andare sulla luna ma senza spiegare come serve a poco. In un momento così particolare, è davvero arrivato il momento che operatori, imprenditori e pubbliche amministrazioni si mettano insieme e capiscano cosa fare trovando insieme le soluzioni. D’altronde, la pandemia ha fatto in modo che ci fosse un turismo esclusivamente regionale e questo ha finito inevitabilmente col riflettersi sulla qualità. Ma devo anche dire un’altra cosa, in un momento di crisi come quello attuale ben venga anche questo. Ma è ovvio che se si continua di questo passo finiremo col distruggere la nostra bella isola. Paghiamo la vicinanza con un certo comparto, finisce con l’accentuare questo problema. Continuo a dire che sull’isola un anno fa è arrivato un operatore (il riferimento è al Mezzatorre, ndr) che ha dimostrato che si può fare turismo in un modo diverso rispetto a quello fatto negli ultimi decenni. Bisogna avere il coraggio di affrontare nuove sfide, ma anche la finanza a disposizione».

Cioè?

«Serve maggiore disponibilità da parte delle banche. Oggi troppi operatori hanno il fiato sul collo degli istituti di credito e questo li costringe a “prendere” tutto quello che passa il convento con i risultati che sono davanti agli occhi di tutti. Poi non c’è dubbio che certi soggetti vadano messi in difficoltà, ma qui bisognerebbe andare anche a vedere chi prende posto nelle abitazioni private o in più o meno sedicenti bed and breakfast. La tematica, insomma, va studiata e analizzata a trecentosessanta gradi: anche chi oggi fitta una casa e prende una certa somma, potrebbe domani continuare ad usufruire di questo beneficio, ma magari rivolgendosi ad una clientela diversa e forse pure più facoltosa. Ma la cosa più importante che va cambiata è un’altra…».

Cosa?

«La mentalità, senza dubbio alcuno. Basta pensare ai posti letto, si punti sulla riduzione degli stessi e ad aumentare i servizi. Per le aziende non più competitive si proceda ad una riconversione seria delle strutture: penso ad appartamenti per le giovani coppie o studi professionali che in ogni caso possono garantire una certa redditività».

Exit mobile version