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Ludopatia, l’esercito dei malati di gioco

Di Carlo Massa*

PROCIDA – La ludopatia, o gioco d’azzardo patologico, sembra essere il tema del momento. I dati raccontano di un aumento esponenziale di giocatori che si rivolgono a strutture specializzate per chiedere aiuto; sul nostro territorio, oltre esercizi pubblici, hanno al loro interno slot macchine, video poker e/o possibilità di scommesse su eventi sportivi e non sportivi, ma gli amministratori, anche quelli più sensibili, hanno le mani legate e possibilità di intervento “solo” con azioni di sensibilizzazione sulla cittadinanza affinché ci sia una maggiore consapevolezza dei rischi. La questione è complessa tanto quanto il giro d’affari legato all’industria del gioco e lo Stato assume da sempre posizioni contraddittorie: già nel 1985 infatti la Corte Costituzionale ha rimandato al legislatore la disorganicità della legge sul gioco d’azzardo, ma gli interventi che sono seguiti non sono riusciti a sciogliere i numerosi nodi evidenziati. Vi è poi una questione fondante che si spinge ben oltre il tema della legalità (parliamo infatti di gioco d’azzardo legalizzato) e che si potrebbe sintetizzare in questa domanda: il gioco d’azzardo è un illecito morale? E, nel caso lo fosse, può uno Stato avallare tale illecito?

E’ evidente d’altra parte che per le persone, quello del gioco d’azzardo è un tema strettamente connesso all’uso del denaro, al rischio di trasformarlo in un idolo; da questo punto di vista anche alcune recenti prese di posizione di Papa Francesco sono risultate illuminanti rispetto all’uso che facciamo del denaro. Gli oggetti infatti, hanno perso il loro valore funzionale e rispondono sempre più ad una logica di soddisfacimento di desideri molte volte indotti: la necessità quindi è avere a disposizione denaro per poter soddisfare questi desideri, ed il gioco d’azzardo offre una facile sponda, la promessa di ricchezza e fortuna con poca fatica, anche se poi questa promessa si rileva fasulla.

La crisi economica e la perdita del lavoro non hanno quindi interrotto certi comportamenti a rischio, hanno anzi spinto in modo ancor più compulsivo verso la “ricerca della fortuna” e la facile soluzione dei problemi, con spesso effetti rovinosi sulla qualità. Ci siamo dunque chiesti per quale motivo lo Stato possa lasciare che le persone sprechino i loro soldi giocando d’azzardo, mentre al contempo spende i soldi pubblici in spot televisivi per invitare e giocare, ed è costretto a destinare molti soldi per la cura agli effetti della ludopatia? Lo Stato guadagna, dagli oltre 90 miliardi di ricavi prodotti dal gioco d’azzardo legalizzato, circa 8 miliardi l’anno, ma, contemporaneamente, è costretto a spenderne una buona parte per centri di recupero e campagna di sensibilizzazione.

Sia chiaro: non che si compia qualche errore a promuovere campagne che ammoniscano sui rischi del gioco d’azzardo, ma esse non possono rappresentare un lavabo per la coscienza di quanti con una mano puntano l’indice contro il gioco, mentre con l’altra ne favoriscono la diffusione. La prevenzione è efficace solo se accompagnata da un’azione altrettanto efficace di contrasto diretto alla diffusione del gioco.

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Se non ci facciamo subito carico dell’inganno, dovremo ben presto affrontare il costo sociale delle conseguenze della diffusione del gioco d’azzardo; un costo sociale sempre più preoccupante che non corrisponde solo al problema etico della crescita delle future generazioni, ma anche alla spesa pubblica che attualmente viene stanziata dal ministero della Sanità per curare i dipendenti o fornire un’assistenza sanitaria idonea.

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Le prestazioni a beneficio dei malati da gioco d’azzardo verranno rese nei Sert e Centri Diurni. La dipendenza dal gioco d’azzardo e i danni derivanti non sono, perciò, ritenuti meno gravi di quelli legati alle più note patologie da assunzione di sostanze psicotrope e, per altro verso, è considerata al pari una malattia “curabile”.

Oggi si può dunque affermare che il malato di gioco d’azzardo non è soltanto curabile sotto il profilo psicologico, ma viene tutelata anche la sfera dei suoi interessi economici, lavorativi e familiari. Pertanto occorreranno azioni formative/informative mirate alla prevenzione e al recupero della ludopatia che, partendo dagli ambiti associativi, sappiano coinvolgere Istituzioni, Scuole, Volontariato laico e cattolico, per combattere efficacemente quella che sempre più si va delineando come una vera e propria piaga sociale: sintomo e, allo stesso tempo, aggravamento del disagio economico vissuto oggi dalla famiglia.

*Assessore alla sanità del Comune di Procida

 

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