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Manufatto e condono: assolti Franco Fermo e Silvano Arcamone

I due tecnici in forza al Comune di Ischia erano finiti sotto processo con l’accusa di abuso d’ufficio in concorso unitamente alla proprietaria dell’immobile incriminato, la signora Francesca Di Meglio

Una vicenda giudiziaria abbastanza lunga e complessa che si è chiusa con l’assoluzione di tre imputati, Francesco Fermo, Silvano Arcamone e Francesca Di Meglio, il primo rappresentato dall’avvocato Bruno Molinaro, il secondo dal collega Genny Tortora e la terza da Massimo Stilla. I tre imputati erano accusati di abuso d’ufficio perché secondo l’accusa “in concorso tra loro, la prima in qualità di committente e proprietaria dell’opera abusivamente realizzata in Ischia alla via Michele Mazzella, il secondo in qualità di Responsabile dell’Ufficio del Paesaggio presso il Comune di Ischia, ed il Fermo in qualità di responsabile dell’Area Tecnica Sportello Unico Edilizia del Comune di Ischia, in violazione di norme di legge o di regolamento, asseritamente, in violazione delle disposizioni di legge di cui agli artt. 31 co. I e 2 L. 47/1985, nonché di quella di cui all’ art. 32 co. 25 D.L. 26/2003, perchè non rientrante I’immobile nelle previste fattispecie temporali, nonché in relazione alla variata destinazione d’uso avendo adibito il fabbricato ad uso civile e presentato, la Di Meglio, istanza in sanatoria per Deposito/Garage, l’Arcamone, prima, redigeva la Relazione Tecnica Illustrativa, sulla cui scorta la Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Napoli, in data 1.02.2016, rilasciava parere favorevole, poi, in data 10.2.2016 rilasciava l’autorizzazione paesaggistica e il Fermo rilasciava a sua volta Permesso di Costruire in Sanatoria nr. 1 in data 24.2.2016, titolo volto altresì a scongiurare la procedura in atto di demolizione del manufatto (fascicolo R.E.S.A. 47/14); con le descritte condotte intenzionalmente procuravano loro e comunque a Di Meglio Francesca un ingiusto vantaggio patrimoniale derivante dal Permesso a Costruire in Sanatoria nr. 01 del 24.02.2016”. L’assoluzione dei tre imputati è stata sancita dai giudici del Tribunale di Napoli con la formula più ampia e dunque non lascia spazio ad alcun dubbio sul corretto operato di chi si era ritrovato a processo.

La storia parte decisamente da lontano, da quando cioè la signora Francesca Di Meglio – e siamo nel 1987 – presenta istanza di condono edilizio per la realizzazione ad Ischia di un manufatto a destinazione non residenziale (per l’appunto “deposito garage”) occupante una superficie di 61 mq. Tre anni dopo, nell’ottobre 1990, il geometra Francesco Conte proprio su incarico della Di Meglio provvedeva alla denuncia in catasto di tale manufatto riportandolo suddiviso in due ambienti con ampi vani di accesso e comunque già ultimato e utilizzato. La situazione si complica nel giugno 2006 a seguito di un accertamento sui luoghi che viene effettuato congiuntamente dall’ufficio tecnico comunale e dai militari della Guardia di Finanza, che contestavano alla signora Di Meglio la realizzazione di “lavori di completamento e rifiniture al civile con tramezzature, completamento della tompagnatura, massetto e impermeabilizzazione sulla copertura con rifilo di tegole, abbozzo interno, intonaco ad eccezione dei sguinci, impianto idraulico in traccia (mancano i pezzi igienici), impianto elettrico non funzionante (mancano placchette e plafoniere), pavimentazione, rivestimenti ed infissi esterni£”, come risulta da verbale di sequestro operato dalle Fiamme Gialle a seguito del predetto sopralluogo.

Passa la linea difensiva dei legali Bruno Molinaro, Genny Tortora e Massimo Stilla che sono riusciti a dimostrare l’assoluta estraneità dei fatti contestati ai loro assistiti, che non a caso hanno ottenuto l’assoluzione con la formula più ampia. Una vicenda lunga e complessa che prese il via addirittura nel lontano 1987

Si arriva ad agosto 2006 quando il dirigente dell’UTC di Ischia ingiungeva la demolizione delle predette opere di completamento, mentre la stessa Corte di Appello di Napoli con sentenza n. 2928/2010, ordinava analogo provvedimento, ossia la demolizione. Lo stesso procuratore generale intimava alla signora di Meglio nel 2014 di ottemperare alla sentenza e rimuovere le opere abusive. Successivamente però ecco che responsabile SUE (Sportello Unico per l’Edilizia) asseriva che a seguito di autorizzazione paesaggistica una sanzione pari a 1.520 avrebbe sanato le opere che erano state sottoposte a demolizione. Da qui veniva rilasciato anche il permesso di costruire in sanatoria prima che sull’immobile venisse chiesto il cambio di destinazione d’uso ad abitazione. La Procura della Repubblica però non ci stava e a seguito di richiesta della Corte d’Appello di Napoli, settore demolizioni, la vigilanza edilizia del comando di polizia locale con una nota datata 13 gennaio 2017 evidenziava che “il manufatto di mq 66 circa risulta completamente rifinito, diviso in più ambienti più corridoio, con bussole interne e infissi esterni. Al momento l’immobile non è risultato abitato, ma più che altro adibito a deposito suppellettili ed in una stanza vi era a deposito anche un motociclo che ha avuto accesso da qualche porta finestra, ed alcuni attrezzi da lavoro tipo motosega, attrezzi da giardinaggio, ecc.; il manufatto non presenta alcun passo carrabile”.

La Corte d’Appello però rigettava la richiesta di sanatoria con una articolata motivazione. In particolare si spiegava che “l’opera oggetto della domanda di condono, destinata a deposito-garage, doveva ritenersi non più esistente, essendo stata trasformata attraverso un insieme di opere che avrebbero comportato anche il cambio di destinazione d’uso, come rilevabile anche dalla documentazione allegata al permesso di costruire (suddivisione dell’immobile in corridoio, quattro vani e bagno, dotati di finestre o porte finestre con persiane e doppio gradino per l’accesso; ambienti dotati di porte divisorie in legno scuro; pavimenti e rivestimenti in piastrelle) e come successivamente confermato dalla presentazione, in data 3 aprile 2017, di S.C.I.A. per il cambio di destinazione d’uso”. Per questo iter il 1 luglio 2020 il pubblico ministero aveva chiesto il rinvio a giudizio del responsabile comunale SUE di Ischia, Francesco Fermo, di Francesca Di Meglio (committente e proprietaria dell’immobile) e il responsabile dell’ufficio Paesaggio Silvano Arcamone. La difesa ha puntato molto sulle caratteristiche dell’immobile e respinto tra l’altro seccamente il principio secondo il quale la domanda di condono fosse da ritenersi non più esistente, riuscendo a fare breccia nei giudici che hanno assolto i tre imputati con la formula più ampia.

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