CULTURA & SOCIETA'

Mesina fu recluso anche nell’ex ergastolo di Procida

Miei ricordi a Lanusei 1971-1976 del banditismo sardo

Graziano Mesina “Grazianeddu”, ora a 78 anni nuovamente primula rossa del banditismo sardo, nel 1965 fu carcerato per tre mesi nel noto penitenziario borbonico di Procida, per poi essere trasferito altrove per l’intera penisola. Di lui sentivo parlare e scrivere anche negli elaborati scritti dei miei cari ex Alunni negli anni iniziali d’insegnamento a Ilbono-Lanusei, Ogliastra, dall’ottobre 1971 al giugno 1976: l’opinione prevalente era che il banditismo non fosse l’espressione della violenta cultura pastorale sarda, ma piuttosto una risposta deviata alla violenza esterna, alla prevaricazione secolare, che subordinando e marginalizzando storicamente ed economicamente l’isola, avrebbe spinto il mondo pastorale verso diverse forme di “resistenza” alla sua distruzione, tra cui “l’abnorme fenomeno del banditismo”(Commissione parlamentare d’inchiesta nel 1968 per iniziativa di due politici nuoresi: Gianuario (detto Ariuccio) Carta della DC, che conobbi, e Ignazio Pirastu del PCI) per cui furono inviate Forze speciali dei “Baschi Blu” nel 1966 e dei “Cacciatori Sardegna” nel 1993. Dal 1960 al 1997 si accertano circa 180 sequestri di persona: famosi quelli di Fabrizio De André e Dori Ghezzi, del piccolo Farouk Kassam, Soffiantini, Silvia Melis.

Lo Stato ha contrastato il fenomeno soprattutto con l’operato del giudice Luigi Lombardini (morto suicida l’11.08.1998) e col blocco dei beni dei sequestrati. Infine il banditismo tradizionale (sequestro di persona, prigionia in luoghi remoti e inaccessibili) è sostanzialmente terminato negli anni Duemila per la bassa redditività, l’alto rischio di cattura, e per la trasformazione del mondo pastorale con l’esplosione turistica della grande bellezza paesaggistica della Sardegna e la redditività…del traffico di droga. Comunque ricordo il gennaio 1972 quando nella campagne della vicina Loceri il mio caro e coraggioso Amico dei Carabinieri, maturo scapolo, Capitano Ennio Corongiu (mi fece conoscere il segretario comunale di Urzulei, Gabriele Piro di Lacco Ameno!), affrontò il latitante Attilio Ferrai, che tentò la fuga con le bombe, ma venne circondato e ucciso. Sempre nel 1972 clamoroso gravissimo fatto di sangue a Lanusei con la “strage di Ferragosto” per il fallito sequestro del medico dr. Vincenzo Loddo: rimasero uccise cinque persone tra cui il bandito Serafino Chessa di Orune. Latitanti furono condannati all’ergastolo i cugini Piero Piras (fratello di Raffaele mio collega di matematica al Liceo) e Pasquale Stochino, entrambi della vicina Arzana. Ricordo il caro Amico Maresciallo CC Clemente Olivieri mimetizzarsi da cacciatore per le ardite ricerche e irruzioni. Per costituirsi il 25 aprile 1980 Piero Piras ricevette dallo Stato (prefetto Emilio Pazzi) la somma di 300 milioni di lire, mentre l’imprendibile panettiere Pasquale Stochino, 70enne, il 26 settembre del 2003 viene preso nei pressi di un ovile di parenti ai piedi del Gennargentu dal Col. Salvatore Favarolo (allora Comandante provinciale Nuoro), militari dell’Arma di Lanusei, elicotteri e Cacciatori di Sardegna, come già mesi prima col latitante di Orune Giovanni Talanas.

Zone calde del banditismo erano: Orgosolo, Orune, Mamoiada, Arzana. Appunto Graziano Mesina, pseudonimo Grazianeddu, è nato ad Orgòsolo (Nuoro) il 4 aprile 1942 da Pasquale e Caterina Pinna, penultimo di undici figli, primula rossa del banditismo sardo (40 anni in carcere e fughe, molti da latitante, dopo la grazia del Presidente Ciampi perché mediatore per il rilascio di Farouk Kassam di sette anni (famiglia con albergo a Porto Cervo), è stato di recente condannato per narcotraffico a 30anni ed ora nuovamente latitante. Grazianeddu si sente onorato di essere cugino di una Santa in famiglia (foto), la Beata non ancora 16enne Antonia Mesina (Orgosolo 21.06.1919 – 17.05.1935) proclamata in Piazza San Pietro “Martire della purezza” -come S. Maria Goretti- il 4 ottobre 1987 dal Papa San Giovanni Paolo II con memoria liturgica il 17 maggio, quando un compaesano (poi condannato alla morte di fucilazione nel 1937) tentò invano di violentarla massacrandola con 74 colpi di pietra: “Siamo rimasti entrambi vittime di ingiustizie -rispose Grazianeddu al quotidiano “La Repubblica”-, di qualcuno che non ci ha rispettato, lei in modo diverso dal mio, avendo commesso anche con errori. Lo stesso albero nasce dritto se si trova in zona riparata, ma si incurva se è esposto al vento dell’ingiustizia”. (continua)

*Pasquale Baldino – Responsabile promotore diocesano Cenacoli Mariani; docente Liceo; poeta; emerito Anc-Ass Naz Carabinieri (e-mail: prof.pasqualebaldino@libero.it)

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