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Marina di Casamicciola, che mazzata per due dipendenti: condannati anche al rimborso

Il giudice del lavoro del Tribunale di Napoli, la dottoressa Roberta Manzon, nel corso della giornata di martedì ha emesso una sentenza con la quale ha rigettato il ricorso presentato da due dipendenti di Marina di Casamicciola che operavano all’interno dell’elisuperficie “Giovanni Paolo II”. Ma i guai non finiscono qui per i ricorrenti, che oltre a vedersi respinta l’istanza dal Tribunale di Napoli, dovranno anche mettere mano al portafoglio. Dalla lettura del dispositivo, infatti, emerge che il giudice Manzon ha condannato i due a rimborsare la partecipata comunale, che percepirà dagli stessi oltre 4000 euro. «La domanda – scrive il giudice – è infondata e va rigettata. La prima domanda ha ad oggetto l’indennità di alto rischio ex art. 35 bis CCNL dei dipendenti delle imprese e cooperative che gestiscono i servizi integrativi anti-incendio. Rispetto ad essa, parte resistente ha eccepito l’inapplicabilità al caso di specie della norma contrattuale (in quanto i ricorrenti non sono stati “chiamati ad interventi vicino a mezzi in fase di atterraggio e / o decollo”, ma hanno semplicemente assistito a decolli e atterraggi a distanza di sicurezza) e, comunque, l’assorbimento e/o  compensazione  di  essa  col  superminimo  riconosciuto  in  € 400,00 e con l’assegno assorbibile di €. 83,57; hanno eccepito la prescrizione quinquennale fino al 31.7.2010».

La dottoressa Manzon spiega inoltre che «in ordine al diritto dei ricorrenti al pagamento della quota di contributo ministeriale spettante alla resistente in virtù dell’accordo di solidarietà del 22.12.2010, quota pari al 7,16% della retribuzione mensile globale lorda perduta nell’intero periodo della solidarietà, ed alla conseguente domanda di condanna della convenuta al relativo pagamento, va detto quanto segue. Sul punto la società ha richiamato la prova documentale offerta dagli stessi ricorrenti, dalla quale emerge che nelle buste paga, a partire dall’1.1.2011, vi sono due voci -CDS ditta e CDS lav- che comproverebbero l’adempimento di parte datoriale; dunque, non può reputarsi che sul punto vi sia non contestazione dell’azienda circa il mancato adempimento al menzionato accordo. Piuttosto, dall’esame delle buste paga per il periodo in cui il menzionato accordo risulta in vigore emerge, come sostenuto da parte convenuta, la prova dell’avvenuto adempimento di quest’ultima all’obbligo assunto. Anche in tale parte, pertanto, la domanda è meritevole di esser disattesa, in quanto infondata».

Ma passiamo ora ad analizzare l’ultimo capo del ricorso presentato dai due dipendenti di Marina di Casamicciola, che parimenti agli altri è stato rigettato dal giudice del lavoro. «L’ultimo capo di domanda – scrive la dottoressa Manzon – riguarda l’accertamento dell’invalidità dell’accordo sindacale stipulato in sede conciliativa in data 18.02.2014, asseritamente estorto dalla resistente ricorrendo a minacce ed approfittando dello stato di bisogno dei ricorrenti, dunque viziato da nullità ai sensi dell’art. 1424 c.c.; da tale accertamento gli istanti fanno derivare il proprio diritto a vedersi riconosciuta la persistenza di un rapporto di lavoro a tempo pieno, a far data dal 18.02.2014 a tutt’oggi, con ogni conseguenza retributiva e contributiva, dunque anche al fine di ottenere condanna al pagamento delle differenze retributive spettanti in ragione del maggior orario di lavoro espletato».

«Dall’esame dell’accordo in questione – prosegue il giudice – emerge che il dr. Pilato, quale delegato del Sindacato UGL UTL di Napoli, invitava il dr. Ghirelli, liquidatore della convenuta, a formulare nuove proposte che escludessero qualsiasi richiesta di esubero dei dipendenti in servizio presso l’elisuperficie di Casamicciola, ed il liquidatore, per salvaguardare i livelli occupazionali in essere, proponeva la trasformazione del contratto full-time in part-time al 70%; proposta che veniva accettata dal Pilato nella sua qualità sindacale, purché non definitiva e trimestralmente verificata in relazione al reperimento di nuove risorse da destinare al funzionamento ed ammodernamento della elisuperficie».

«Per comprovare la assunta estorsione e le minacce ai ricorrenti – scrive ancora la Manzon – gli stessi hanno prodotto un CD-ROM relativamente al quale hanno chiesto disporsi CTU. Tuttavia, ex art. 2712 c.c., stante il disconoscimento di conformità operato da parte resistente, e la contestazione circa la ricollegabilità della registrazione alla data menzionata del 18.2.2014, la richiesta di CTU è stata disattesa, in quanto meramente esplorativa. Infatti, mancano in ricorso allegazioni utili a valutarne la opportunità ai fini del giudizio (non è stata fornita una trascrizione della conversazione, né sono indicati estremi che consentano di reputare per veritiera la conversazione medesima). Peraltro gli istanti, nonostante quanto indicato in ricorso, risultano iscritti al sindacato UGL, per cui conto è intervenuto il dr. Pilato, sicuramente fino alla mensilità di aprile 2014 (cfr. buste paga in atti), e dunque lo erano alla data del citato accordo di febbraio 2014. Essi hanno infine sottoscritto personalmente l’accordo e nulla hanno eccepito al riguardo».

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