LE OPINIONI

IL COMMENTO Dal cratere del naufragio al naufragio del cratere

Su questo giornale, Antonello De Rosa sta conducendo un’interessante indagine, intervistando operatori economici ed intellettuali, su come prevedono il futuro di Ischia nel 2030. Tra i vari pareri raccolti, ne estraggo uno, quello di Salvatore Ronga, intellettuale e regista teatrale. Ronga, giustamente, ritiene che è un grande errore credere che con gli “eventi” si organizzi una politica culturale per il paese. La cultura – egli dice – alza l’asticella solo se diviene quotidiana crescita di confronto, pensiero, senso civico, coesione sociale. Aggiungo che venerdì, nel Convegno al Sorriso Thermae Resort di Forio, incentrato sulle politiche e gli strumenti per lo sviluppo del turismo, l’amministratore delegato di Invitalia, Domenico Arcuri, che ha calamitato l’attenzione del folto pubblico in sala e di cui avremo modo di parlare nei prossimi giorni, ha chiaramente affermato che il nostro paese, e in particolare il meridione d’Italia, fa “una fatica infernale a connettere turismo e cultura”. Ha portato l’esempio paradossale del turista che chiede al concierge di un albergo di Bari gli orari di apertura di un Museo, non ricevendo risposta, per totale ignoranza della struttura culturale o della richiesta del turista ad un addetto del Museo di un buon ristorante, ricevendo risposta altrettanto negativa e stupita. Sì, è proprio vero, in Italia si concentra il 70% del patrimonio culturale del mondo (fonte Unesco) e siamo il primo paese per bellezza ma solo il sesto per produzione di PIL derivante da turismo. Un paese come la Francia invece, con molte meno risorse naturali e culturali dell’Italia, registra più presenze turistiche e maggiore PIL dell’Italia. Dunque il Mezzogiorno d’Italia, e Ischia ne è l’esempio più eloquente, sottoutilizza il proprio patrimonio culturale.

Giorgio Buchner

Allora vorrei tentare di fare un’operazione inversa a quella che sta facendo Antonello De Rosa. Anziché predire gli obiettivi che l’isola vorrà darsi nei prossimi 10 anni, cerco di dare una spiegazione storica del perché Ischia, fin qui, non ha fatto grandi progressi culturali e civili, che dovrebbero costituire, come ha affermato giustamente Ronga, il “pane quotidiano” del nostro vivere. Ora, è noto che tra i reperti del Museo di Villa Arbusto ve ne sono due di particolare importanza: innanzi tutto la Coppa di Nestore e poi il Cratere del Naufragio. Prima di riassumere l’importanza dei due reperti, vorrei avvertire subito i lettori che “musealizzare” i reperti senza rivitalizzarli, renderli freddamente razionali e scientifici, senza mitizzarli, svuotandoli cioè della poesia, finisce col rendere “inerte” il patrimonio trasmessoci dai Greci. La Coppa di Nestore e il Cratere del Naufragio ci trasmettono lo spirito delle attività umane più significative: il simposio e il viaggio. Nelle campagne di scavo nella valle di San Montano, dal 1952 al 1961, furono trovati e repertati svariati e importanti pezzi del periodo euboico. Come ci insegnarono David Ridgway (L’alba della Magna Grecia – Longanesi 1982) e naturalmente Giorgio Buchner, la famosa Coppa per bere, importata da Rodi, ritrovata insieme al corredo di accompagnamento della tomba di un fanciullo di 10 anni, porta incise tre righe in versi: “La coppa di Nestore era certo ottima per berci, ma chiunque beva da questa coppa, subito sarà preso dal desiderio della ben coronata Afrodite”. Tale iscrizione, probabilmente fatta proprio a Pithecussai, nell’ultima fase dell’ottavo secolo, costituisce uno dei più antichi esempi di scrittura greca e il primo frammento poetico dei tempi di Omero. Può sembrare strano e fuori posto una coppa da vino in una tomba di un bambino ma va considerato che il rito funebre prevedeva la cremazione dei corpi e l’estinzione del fuoco gettandovi su del vino da una brocca e infine la stessa brocca veniva gettata sulla pira; inoltre il simposio (da syn pinein – bere insieme) era per i Greci molto più di una condivisione di cibo. Costituiva, nell’assunzione di vino rigorosamente tagliato con l’acqua, un’occasione di conversazione, di religiosità, di poesia, di erotismo. La grecista Eva Cantarella ci fa sapere che il simposio era un rito rigoroso: gli ospiti bevevano sdraiati, tutti in direzione del centro della stanza, con il gomito sinistro appoggiato su un cuscino. Veniva eletto il simposiarca della serata, che aveva il compito di dettare gli argomenti e i giochi da fare, il numero di bevute e le proporzioni tra acqua e vino. Per i greci bere vino assoluto era roba da barbari. Uno dei giochi più frequenti era il “cottabo”, consistente nel lancio del vino dalla coppa verso un oggetto da abbattere. E il lancio veniva dedicato ad un ospite presente (una donna o un avvenente ragazzo) Dunque il simposio rivestiva anche un carattere erotico.

La mescolanza di acque e vino, giusta per raggiungere uno stadio di dolce follia ed ebbrezza controllata, stava a simbolo dell’educazione civica dei Greci: l’equilibrio e la misura. Cosa che oggi ci manca, oscillando tra stadi di depressione ed eccessi euforici di violenza verbale o fisica. L’antropologo Marino Niola, in un saggio dal titolo “Mangiare i simboli”, scrive: “Succo della vite e succo della vita. Quando i Greci diluiscono la bevanda alcolica per controllarne il potere inebriante, si può dire che se la civiltà misura il vino, il vino misura la civiltà”. E il vino ha continuato per secoli ad avere la sua importanza sociale e culturale. Di tutto questo, a Ischia non v’è più traccia. I reperti, ancorché viaggino per i musei d’Europa, rimangono reperti “muti”, non ravvivati dalla poesia e dal mito, sganciati dall’eternità e fissati inesorabilmente in un tempo che fu. Marino Niola ci spiega che è nel Settecento che si aprì una biforcazione antropologica tra il centro nord e il sud del continente europeo. Furono paesi come la Germania, l’Inghilterra e la Francia a dar vita alla scienza della mitologia greca; proprio loro che non abitavano le terre toccate, come l’Italia, come Ischia, dai primi coloni greci. Filologi, filosofi, storici, archeologi dell’Europa settentrionale (come Winkelmann, come Schliemann) idealizzarono e mitizzarono l’Ellade, cucirono poesia e razionalità, scienza e mito. Noi meridionali dell’Europa rimanemmo abbarbicati alla sola razionalità della scienza, Da qui la differenza culturale: la scienza fossilizza e fissa gli eventi nel tempo, la poesia e il mito rinnovano continuamente lo spirito degli antichi greci. Il meridione dell’Europa è rimasto nel passato, il settentrione è nel presente e nel futuro. Leopardi definì questo fenomeno “la meridionalità del tempo, il sud della storia”. E poi c’è il Cratere del Naufragio, altro importantissimo reperto che ci dice tutto sul mare, sulle insidie del viaggio, sulla navigazione e sulle tecniche navali. In esso vi è rappresentata una grande nave capovolta che conserva il remo di governo ancora in sede, sotto la poppa ricurva. Nella raffigurazione pittorica i marinai cercano scampo ma un pesce enorme divora un uomo. Scrive Raffaele Castagna in Ischia nella tradizione greca e latina: “Lo schema della nave del naufragio di Pithecussai, nei suoi lineamenti così dettagliati oggi rappresenta il modello più leggibile delle imbarcazioni levantine, tra il Bronzo antico e l’età storica”. E per chi volesse saperne di più sulla navigazione di quei tempi (sia quella mercantile che quella piratesca) rimando alla lettura dell’interessante libro di Castagna (ed, Imagaenaria 2003).

Qui interessa un altro aspetto, più che quello scientifico relativo alla costruzione delle navi, alle rotte, ai traffici commerciali e agli atti di pirateria, Interessa sottolineare che sul tema del “viaggio” la poesia e il mito avrebbero potuto ravvivare nei giorni nostri tutto ciò che i Greci ci hanno tramandato. Ischia potrebbe, intorno al tema dell’isola, del naufragio, dei ritorni e delle ripartenze, intessere una trama storica, poetica e mitologica di grande interesse. Ulisse è il simbolo della nostalgia o della conoscenza? Che cosa è più importante per lui: il ritorno a casa o la ripartenza? E’ più importante il legame e l’amore per i propri cari e per la patria o la scoperta di nuovi luoghi e nuove realtà? In altre parole, prevale nell’eroe la poesia o la scienza? Scrive lo psicanalista Massino Recalcati in “A libro aperto-una vita e i suoi libri-”: “Il mio Ulisse non era l’Ulisse che Dante celebra come l’uomo animato dalla passione della conoscenza…Il mio Ulisse somigliava piuttosto al breve ed enigmatico ritratto che ce ne offre Heidegger quando ricorda le lacrime scendergli sul viso in occasione della cena offerta in suo onore da Alcinoo, re dei Feaci, dopo essere naufragato “Dunque non l’Ulisse impavido che non conosce limiti e va avanti spavaldo fino a schiantarsi alle Colonne d’Ercole, ma l’Ulisse naufrago, abbandonato dagli Dei, che cede alle sue debolezze umane e piange. I due Ulisse, in realtà convivono in una sola figura, l’Ulisse con sete di conoscenza (scientifico) e l’Ulisse colto dai sentimenti (poetico).

Ischia e l’Italia meridionale, toccati dall’antica civiltà greca, hanno dimezzato Ulisse, se ne sono dimenticata una parte, quella mitico-poetica, senza la quale il dato scientifico-storico diventa materia fredda, che non stimola la fantasia dell’uomo, del turista, del viaggiatore. Ischia non può trasformare il Cratere del Naufragio in un naufragio del Cratere. Non può disperdere il ricco patrimonio culturale che la civiltà greca ci ha tramandato. Non può essere un’isola “senz’anima”! Spero vivamente che qualunque possa essere il progetto o i progetti che le Amministrazioni comunali, insieme agli operatori economici privati presenteranno ad Invitalia per gli incentivi alla produzione, tengano presente che non si può non partire dalla rivitalizzazione del tessuto storico culturale che ha caratterizzato l’isola. Ed anche il rebrandig, di cui si continua a discutere, non non avrebbe alcun senso senza tener conto di questa necessità.

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