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Messaggio di Natale tra Fede e inno alla vita

ISCHIA – E’ una bella storia, una di quelle che ci piace definire un messaggio di Natale ed un inno alla vita. E’ la storia di Rossella, per tutti Roxy, che il suo Natale lo trascorrerà con il sorriso sulle labbra. E con lei, il suo affettuosissimo marito, le sue figlie, parenti ed amici tutti. E’ la storia di un Natale che avrebbe potuto essere drammatico, lo diciamo senza usare mezzi termini e mezze misure, e che sarà invece lieto. Grazie a due compagne di viaggio che l’hanno accompagnata e l’accompagneranno sempre: la fede e la grande voglia di continuare a veder crescere le proprie pargole. Tre anni di sofferenze, tre anni vissuti con la paura di non farcela ma senza mai perdere la speranza. Tutto ha inizio nell’estate del 2012, quando Roxy comincia ad avvertire fastidi alla gola. Si reca dal medico che gli prescrive un antibiotico, il problema è che c’è un nodulo che poi diventeranno tanti noduli e che poi a loro volta si tramuteranno in una serie di preoccupanti metastasi che per fortuna, o per grazia ricevuta, non arriveranno mai a ledere o intaccare gli organi vitali. Una storia che nel pomeriggio di ieri Roxy ha raccontato al cronista, in una chiacchierata durata poco più di un’ora, nella quale si sono intrecciati storie e personaggi, uno su tutti, definito non a caso un angelo custode. Un oncologo, il dott. D’Aponte, un Medico volutamente con la “M” maiuscola, di quelli che ti rispondevano al telefono anche alle quattro del mattino e che poi richiamava personalmente il marito della paziente alle prime luci dell’alba senza mostrarsi affatto infastidito di aver interrotto il suo sonno.

Gli stati d’animo la fanno da padrone, dominano la conversazione, finiscono col coinvolgere emotivamente chi racconta ma inevitabilmente pure chi ascolta. E’ c’è soprattutto una domenica a tavola, in famiglia, la classica domenica italiana o quantomeno ischitana. Che poi, all’improvviso, tra una portata e l’altra, arriva l’idea: “Perché non andiamo a Pompei?”. Roxy donna di fede in fondo lo è sempre stata, il marito è quello che propone la trasferta, anche perché lui a Pompei non c’è mai stato. Si parte, con Roxy e il coniuge c’è anche il fratello di lei. Si arriva a destinazione ed è un momento toccante per tutti, ed è in quel momento che la donna si rivolge alla Madonna. Una preghiera breve, telegrafica ma esaustiva, quasi una supplica: “Ho due bambine piccole, hanno ancora bisogno della loro mamma, fa che possa vederle crescere ancora un po’”. E’ l’appello di una mamma, che non pensa a sé quanto piuttosto alle sue due bambine. E’ il 15 dicembre, quarantotto ore più tardi, il 17 (che poi per i napoletani, se vogliamo, porta pure sfiga) c’è un’analisi importante al Pascale, e trascuriamo i dettagli medici giusto perché entreremmo in tecnicismi sorprendenti. L’esito di quella visita è assolutamente spiazzante, disarmante. Anche perché pochi giorni prima Roxy aveva confessato al marito, nel soggiorno della propria abitazione, che le cure recentemente sostenute – tra radio e chemioterapia – sarebbero state le ultime. “Comunque vada, sia fatta la volontà di Dio”. L’ansia e la tensione è tanta nell’attesa e in quei momenti la donna pronuncia tra sé poche parole: “Sangue di Gesù, scendi su di me”. Arriva il momento della verità e sono secondi interminabili, ma un’infermiera prima e lo staff medico poi confermano che quei linfonodi nella zona inguinale sono completamente regrediti. E lo fanno con una maniera se vogliamo addirittura surreale, chiedendo alla stessa paziente dove fossero finiti e ricevendone un laconico e scherzoso “Non lo so”.

Si va via dall’ospedale, con marito e cognato, col cuore che fino a qualche istante prima batteva a mille e che adesso continua a farlo ma che per ovvi motivi è rasserenato e sprizza gioia da tutti i pori. Ci sarebbero tutti i buoni motivi per recarsi al Beverello, imbarcarsi su un aliscafo e fare ritorno sulla nostra isola, ma non è ancora giunta l’ora. I presenti non hanno nemmeno bisogno di consultarsi, semplicemente si guardano negli occhi, parlandosi così: si va di nuovo a Pompei. Roxy, che scientificamente parlando combatte con un male che avrebbe potuto strapparla all’affetto dei suoi cari in tempi molto più celeri rispetto a quelli che hanno caratterizzato la sua odissea, adesso pensa al Natale. “Sarà il più bello della nostra vita”, ci dice il marito e noi non stentiamo a crederci. Insieme alle sue bambine, insieme ai parenti ed agli affetti più cari. Circondata anche dalla fede, e da quella voglia di andare avanti contro tutto, senza mai abbattersi. Continuando sempre a sorridere, così come ha fatto anche nel corso della nostra conversazione. E così come quando il cronista, ormai sull’uscio della porta e prossimo al congedo, si vede rivolgere un invito: “Vorrei che la mia storia potesse essere da speranza per tanta gente che affronta il cancro buttandosi giù e quasi rinunciando a voler vincere la malattia. Soprattutto non isolatevi, raccontate tutto alle vostre persone più care, perché il loro calore e l’affetto che sapranno donarvi spesso funziona più di tanti trattamenti medici”. Un inno alla vita, davvero il più bel messaggio di Natale…

 

 

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