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Metanopoli, oggi il teste-chiave dell’accusa

Di Francesco Ferrandino

ISCHIA. Salvo eventuali rinvii dell’ultimo minuto, sempre possibili, stamane il processo sui presunti illeciti nella metanizzazione dell’isola d’Ischia riprenderà con l’esame di quello che viene considerato il teste-chiave della pubblica  accusa. Davanti alla prima sezione, collegio B, del Tribunale di Napoli dovrebbe essere infatti il giorno del capitano dei Carabinieri Gianpaolo Scafarto, del Nucleo operativo ecologico di Roma, il quale ha coordinato e diretto le indagini dalle quali è scaturito il procedimento giudiziario a carico degli imputati Giosi Ferrandino Giuseppe e Silvano Arcamone in concorso con Francesco Simone, Roberto Casari, Nicola Verrini e Massimo Ferrandino. Il militare era già stato lungamente ascoltato in udienza lo scorso mese di gennaio: le sue parole avevano illustrato la genesi dell’indagine sull’attività della società CPL Concordia, iniziate con l’intercettazione dell’utenza cellulare di Francesco Simone, responsabile delle relazioni istituzionali per la Cooperativa.  La testimonianza del capitano si era successivamente concentrata sull’opera di metanizzazione della nostra isola, a partire dall’impulso che venne dato a fine anni ’90 dall’amministrazione guidata da Giuseppe Brandi, che optò per il Progetto di finanza, uno degli strumenti che  il codice degli appalti prevede per affidare la realizzazione di un’opera così imponente. Dalla deposizione emerse il percorso del progetto di metanizzazione nell’ultimo quindicennio, non soltanto attraverso l’analisi dei ruoli ricoperti dal sindaco di Ischia e dal responsabile dell’ufficio tecnico, ma anche quello delle altre amministrazioni isolane. Oggi, quindi, la testimonianza di Scafarto costituisce una sorta d’integrazione alla precedente escussione, che verosimilmente si concentrerà sulle intercettazioni telefoniche, che a inizio anno furono oggetto di un braccio di ferro tra il pubblico ministero Carrano e il collegio difensivo composto dagli avvocati Gennaro Tortora, Alfonso Furgiuele, Giovan Battista Vignola e Roberto Guida. Secondo i legali degli imputanti, c’era il fondato motivo di ritenere che le intercettazioni traessero origine, o avessero la loro autorizzazione, in intercettazioni precedenti che lo stesso Tribunale ha dichiarato inutilizzabili, in quanto Alfonso Papa all’epoca dei fatti era onorevole della Repubblica e non vi era autorizzazione a procedere. La contesa tuttavia si risolse a marzo in favore dell’accusa: il collegio giudicante composta dal Presidente Pellecchia e dalle dottoresse Bottillo e Daniele, optò infatti per la legittimità dei decreti autorizzativi delle intercettazioni, ammettendo di conseguenza  il testo di tali intercettazioni come prove nel processo. La testimonianza di Scafarto oggi ruoterà intorno a quelle conversazioni, sempre che, ripetiamo, impedimenti imprevisti non impongano un rinvio.

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