CULTURA & SOCIETA'

Mimmo Di Caterino: «La mia arte come reazione al lockdown»

Inedita intervista al noto “artivista”, i cui pannelli dipinti durante il lungo periodo di quarantena saranno in bella mostra a Forio da sabato 30 maggio

di Raffaella Roberto

Sabato 30 maggio alle ore 10, nel tunnel sottostante la carismatica chiesetta del Soccorso di Forio, il gallerista attivista Salvatore Iacono di Ischia Street Art Gallery, si esibirà in un’interactive performance che darà vita all’urban exhibition di Mimmo Di Caterino, artista attivista o meglio “artivista”, come lui stesso ama definirsi. La performance di Salvatore, documentata video-fotograficamente con la presenza di un drone, si realizzerà con il posizionamento, lungo tutto il traforo di via Giacomo Genovino, dei pannelli di plastica dipinti da Di Caterino nel periodo di quarantena, quando l’artista, costretto a un isolamento forzato, ha dato vita a una serie di opere (tecnica mista su plastica) che sono alla base di Lockdown/Social. Per l’occasione abbiamo fatto due chiacchiere con Mimmo, artista sensibile ai linguaggi dell’arte e i cui lavori sono caratterizzati da un’intensa carica espressiva».

Lockdown/Social parte da una serie di opere nate in piena emergenza lockdown. Cosa rappresentano per te e cosa ti ha spinto a crearle?

«Sono nate come reazione a un immobilismo che dal punto di vista inconscio, ma anche dal punto di vista razionale, non riuscivo ad accettare. Pensaci: mascherine, guanti, droni, multe, proteggi l’altro potresti essere infetto e asintomatico, proteggiti dall’altro potrebbe essere infetto, resta a casa sul divano in fondo che ti si chiede? Svilente, mortificante, anti umano, mi sono sentito in guerra contro chi diceva di proteggermi e badare alla mia salute riducendo il concetto di salute a involucro fisico, immorale pensare al corpo umano solo come qualcosa di fisico e sanitario, privo di spiritualità e di relazionalità, barricato nella cantina dei miei domiciliari ho dichiarato guerra all’altro che mi voleva isolato, come ho fatto? Utilizzando la più antica e relazionale arma di socializzazione di massa, i linguaggi dell’arte, in fondo quale altra possibile soluzione c’era per affrontare tutto questo individualmente oltre lo sciamanesimo e l’arte terapia? Quello che è avvenuto non ha fatto forse crollare la fede nella tecno scienza che tutto vede e a tutto provvede? La pandemia è stata globale e di massa proprio come l’Adidas; d’ugualmente globale e diffuso, con radice profonde nell’umano esiste solo il virus evolutivo dei linguaggi dell’arte, da 40mila anni a questa parte contribuisce all’evoluzione della specie dei sapiens, non di tutti a dire il vero, ma i linguaggi dell’arte forniscono sempre corsi di recupero nella vita e nella storia».

Qual è il valore che dai all’atto creativo in generale e ai “linguaggi dell’arte”?

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«Sciamanesimo, alchemico, magico, terapeutico, antropologico, relazionale, simbolico e comunitario, non economico, quello economico è l’aspetto più sciacallo per approcciare e avvicinare i linguaggi dell’arte, è da incolti, da mediocri, ignoranti, e priva della cultura del volere comprendere l’atro. Il vero valore dell’arte è simbolico, relazionale e comunitario, l’economia è un valore simbolico che arriva molto dopo, prima di tutto l’arte deve saper essere riutilizzata e praticata nell’ordinario quotidiano: senza valore simbolico, come si può attribuire valore economico all’arte?».

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L’arte è solo linguaggio”: il testo critico (presentazione/manifesto) sull’esposizione porta in calce la firma di Banksy. È un atto provocatorio o un riferimento artistico?

«Dovresti chiederlo a Banksy, se di provocazione si tratta, la provocazione è la sua, forse voleva un poco prendermi in giro, sa che non amo molto il suo lavoro. C’è sempre stato un rapporto di forte vicinanza tra Banksy e quello che avviene e parte da Napoli, non so come abbia saputo dell’evento di Salvatore Iacono, non so neanche se il testo l’abbia scritto lui o un suo fake, ma che conta? Perché Banksy può essere originale? Anche se devo dirti la verità il suo testo mi ha spiazzato, ma si sa, il valore delle multinazionali è anche quello di sapersi accreditare localmente e Banksy, un pochino, una multinazionale dell’arte lo si può considerare, o mi sbaglio? A dirla tutta anche Banksy è qualcosa di globalizzato come il Covid-19 e l’Adidas.

E in seguito alla crisi che stiamo vivendo, come pensi cambierà la fruibilità dell’arte e il modo di fare arte del singolo artista?

VNon cambierà, è tutto già cambiato, l’artista è già ridotto a “fare tanto divertire” o agire nell’ombra aspettando che arrivi un nuovo Rinascimento, Rinascimento che per inciso in Italia non c’è mai stato in senso diffuso, se non rendendo nazionali dal punto di vista storico delle fenomenologie d’avanguardia legate a storie locali comuni, geograficamente legate a questo o quel principe illuminato. Un cambiamento o un Rinascimento è quello che sta avvenendo a Ischia, ma da qui a farne una visione italiana passa un universo. Ischia Street Art Gallery è un’isola felice dell’arte e dei linguaggi dell’arte, ma basta una rondine a fare primavera? Forse no, ma per porre in essere un Rinascimento comune e comunitario localizzato, sì».

Parlami del tuo legame con Ischia e in particolare con Ischia Street Art

«Ischia è un mio territorio di formazione originario, è un’isola, è un luogo che amo, vicino e distante da Napoli, è il luogo dove opera Salvatore Iacono, che più che gallerista considero come un artista attivista, un fratello. Insieme abbiamo una visione comune, in Italia poche realtà hanno saputo collocarsi a tutela dell’arte, rappresentandola come processo dialettico e didattico di alfabetizzazione comune, prima che prodotto da piazzare e imporre. Come lui ci sono poche realtà, tutte gestite da artisti attivisti e non da intermediari dell’arte, penso al Museo Cielo Aperto di Camo, di Claudio Lorenzoni, o al Cam di Antonio Manfredi, e anche al fallimento del Macro di Roma targato De Finis, ridotto a parcheggio per baronati locali, che nasceva con gli stessi presupposti teorici dell’Ischia Street Art Gallery. Insomma, a Salvatore va riconosciuto il merito storico d’aver ridisegnato il sistema dell’arte, collocando al suo vertice le ricerche e i linguaggi dell’arte contemporanea, operando come detonatore contro le intermediazioni, liberando il linguaggio e lasciandolo libero di fluire e d’interagire con il prossimo. Il suo è un laboratorio a cielo aperto. Il suo laboratorio sarà un virus che auspico possa diffondersi nell’interesse di tutti come il Covid-19 da Wuhan, ma facendo uscire da casa, per osservare, comprendere e interagire con la cultura dell’altro».

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