Minacce e lesioni ai familiari, condannato a due anni di reclusione
Il verdetto è arrivato nella tarda mattinata di ieri. Il Giudice Alberto Capuano ha emesso la condanna a due anni di reclusione per Abdelhamid Medefai, il foriano di origine tunisina accusato dei reati di minacce e lesioni previsti dagli articoli 612 e 582-585 del codice penale, accogliendo così le richieste del pubblico ministero . I reati in questione furono commessi nei confronti dei propri congiunti: l’ex moglie e il figlio. Una brutta storia che viene da lontano, e che dieci anni fa finì anche sulla ribalta dei maggiori media nazionali, quando nel novembre 2007 Medefai tentò di dare fuoco al proprio figlio, Kaled, che solo grazie all’intervento della madre riuscì a scampare al gesto omicida. Il ragazzo, portato al pronto soccorso, riuscì a cavarsela con il temporaneo bruciore agli occhi e alle mucose nasali provocate dalla benzina gettatagli in faccia dal padre. Un episodio che segnò il culmine di un periodo costellate da querele per tentato omicidio, lesioni personali, violazione di domicilio, violazione dell’ordine del giudice, mancata assistenza degli assegni familiari, ingiurie e minacce di morte. Un odioso precedente, che era costato al Medefai la condanna da parte della Prima sezione penale del Tribunale di Napoli alla pena di tre anni e otto mesi di reclusione, oltre alla decadenza della potestà genitoriale, col divieto, una volta scarcerato, di avvicinarsi all’abitazione della famiglia e ai luoghi abitualmente frequentati dai familiari. Eppure, poco dopo essere tornato in libertà, nel gennaio 2011, il nordafricano riprese a molestare e minacciare i propri congiunti con episodi sempre più ravvicinati nel tempo.
Inizialmente le molestie si traducevano in parole e gesti minacciosi, ma in pochi giorni l’indole del tunisino tornò a manifestarsi a più riprese in tutta la sua violenza. Non si contano i vari episodi, tutti debitamente denunciati alle autorità con una lunghissima serie di querele che vanno dal febbraio all’agosto del 2011. È sufficiente riportare alcuni esempi: Filomena Iacono venne aggredita presso la propria abitazione il 29 aprile dall’ormai ex marito, riportando lesioni dovute ai violenti calci, pugni e schiaffi che il Medefai gli aveva inflitto. Un episodio che seguiva di una sola settimana un’altra aggressione avvenuta alla fermata del bus. Ma la manesca prepotenza del tunisino si manifestava anche nei confronti dei figli: il 14 maggio la figlia minorenne Miryana fu costretta a nascondersi in un bar nei pressi della scuola perché il padre l’aveva attesa all’uscita dopo la fine delle lezioni. Un fortissimo shock per la bambina, che si aggiungeva al perenne stato d’ansia in cui versava ormai l’intera famiglia, quotidianamente tormentata dalla presenza del Medefai, che si aggirava nei vari luoghi frequentati dai propri congiunti.
Nemmeno un mese dopo, toccò a Kaled essere fisicamente aggredito dal padre: il 15 giugno il giovane si imbatté nel familiare e provò anche ad allertare il 112, ma l’operatore riferì che il loro intervento non sarebbe stato possibile finché non si fosse verificata un’aggressione. Ed è purtroppo quello che accadde di lì a poco: Medefai raggiunse il figlio, che era in compagnia della fidanzata e del fratello, aggredendolo con calci e pugni, immobilizzandogli il volto con la mano e procurandogli varie contusioni che resero necessarie le cure del Pronto soccorso, oltre a lanciargli insulti di ogni genere. Oltre agli episodi più gravi ed eclatanti come quelli ora accennati, va aggiunta la costante ostile attitudine del Medefai, i continui pedinamenti a piedi o sui mezzi pubblici, e gli asfissianti appostamenti nei pressi dell’abitazione della sua ex famiglia. Il processo ha visto l’escussione di numerosi testimoni, che avevano assistito alle aggressioni e alle molestie perpetrate dall’imputato, per il quale il pubblico ministero nella richiesta di rinvio a giudizio aveva profilato l’aggravante costituita dal fatto che il Medefai attentò all’incolumità dei familiari, cioè proprio di coloro che avrebbero dovuto essere le persone a lui più care. Ulteriore accusa mossa al nordafricano è stata quella di aver fatto mancare ogni mezzo di sussistenza alla moglie e ai figli. Una storiaccia che ieri ha trovato un nuovo epilogo a livello giudiziario, col dispositivo di condanna emesso dal giudice. Per il deposito delle motivazioni si dovrà attendere un mese ancora.