CRONACAPRIMO PIANO

Mogol “scrive” Ischia: «Canzone di bellezza»

Lo storico paroliere della musica italiana si racconta in una inedita intervista a Il Golfo rilasciata in occasione del suo applauditissimo spettacolo a Lacco Ameno. La scuola di formazione, come nasce un testo e la collaborazione con autentici mostri sacri. E poi anche un pensiero alla nostra isola e alle emozioni che gli ha suscitato

Dopo il suo spettacolo qui a Lacco Ameno la prima domanda è fin troppo scontata: cosa significa raccontare e raccontarsi davanti a un pubblico?

«Allora, io non ho alcuna difficoltà a raccontare e soprattutto mi attengo sempre alla verità. Odio l’ipocrisia e soprattutto inventarmi le cose, è una forma di rispetto che nutro nei confronti della gente. Racconto e mi racconto perché in primis dobbiamo mantenere la mia scuola. Io ad esempio non percepisco stipendio, sono l’unico docente che lavora a titolo gratuito: la scuola dove formiamo uomini e donne perché diventino artisti è un regalo che abbiamo fatto al nostro paese. C’è anche una delle nostre diplomate che è ischitana (Rossella Barbieri, ndr, tra l’altro apprezzata collaboratrice del nostro giornale): ha svolto due corsi, quello di autore e interprete, e adesso vuole fare quello di compositore. Parliamo di una ragazza che studia tanto, adesso si è pure iscritta all’Università. Ecco, i nostri sforzi sono mirati proprio a formare figure come lei».

Questa immagino gliel’avranno chiesto un migliaio di volte: come nascono le parole, i suo testi? Per noi profani resta una inspiegabile magia…

«Adesso improvviso una lezione così spiego e insegno anche a lei come si fa a scrivere una canzone. Si parte da un concetto, bisogna capire cosa dice la musica. Io non ho mai un testo in mente, ascolto la musica e mi chiedo cosa voglia trasmettere. A volte è difficile da cogliere, ma spesso comunica tristezza, malinconia o magari allegria. Quindi la base da cui iniziare è il sentimento. La musica va seguita passo dopo passo poi capisci di aver raggiunto l’obiettivo quando senti l’emozione. E questo succede quando musica e parole dicono la stessa cosa».

Oso troppo se le domando il testo al quale è rimasto più affezionato o qualcuno che a posteriori avrebbe modificato?

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«Premetto che non ho mai avuto un ripensamento, tra l’altro per fortuna le mie canzoni hanno avuto tutte fortuna. Già, oltretutto questa domanda mi dà l’occasione di ammettere che sono un uomo molto fortunato, di più, direi assistito. Avrei dovuto essere morto chissà quante volte eppure sono ancora qui. Tornando al testo che mi è più rimasto impresso, mi piace citare uno dei più recenti che si chiama “Dormi Amore”. Sul quale svelo una curiosità…».

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Prego.

«Parla della mia morte. La musica è bellissima, l’ha scritta un compositore straordinario come Gianni Bella prima di ammalarsi a causa dell’ictus. E come tutte le sue canzoni siamo davanti a un autentico capolavoro perché parliamo di un genio della musica, un genio vero. Alle volte penso alle strane coincidenze legate a tre grandi artisti del calibro di Gianni Bella, Mango e Lucio Battisti, morti tutti giovani. Un vero peccato».

C’è qualche altro grande della musica con cui ha collaborato che le viene in mente?

«Ce ne sono tanti, al livello di quelli che le ho citato sicuramente Riccardo Cocciante. Con lui adesso sto scrivendo un’opera popolare, tutti sono a conoscenza del successo planetario maturato con il “Notredame de Paris”, che ha girato nei teatri di tutto il mondo. Stiamo lavorando alla composizione di un’opera che si chiama “Io Francesco” e che ripercorrerà la storia di San Francesco: la sua vita rappresenta un qualcosa di incredibile, inimmaginabile, sarà un “viaggio” senza dubbio coinvolgente».

Ischia è un’isola che è stata fonte di ispirazione per tantissimi artisti nel teatro, nel cinema, nella letteratura e naturalmente anche nella musica. Quali parole si potrebbero dedicare a una terra del genere?

«Senza dubbio parole di ammirazione, questa è un’isola bellissima, ne avranno scritte di canzoni anche se resto dell’idea che dedicare una canzone ad un luogo non è mai una roba semplice. Sono sincero, quando mi trovo in un posto così bello mi compiaccio con il luogo e me lo godo. Immagino abbia il suo fascino anche d’inverno, penso a un territorio che viaggia a due velocità a seconda della stagione ma questo lo rende sicuramente più affascinante. E’ un’isola bella, trasmette serenità. E naturalmente bellezza, tanta bellezza».

C’è qualcosa che Mogol non racconta di se stesso quando sale sul palco?

«Ma no, perché dovrei? Davvero non ho nulla da nascondere. Gliel’ho detto: la musica trasmette delle cose, io devo interpretare ciò che dice. Devo sempre raccontare e far capire in modo chiaro che la musica domina nella mia esistenza, è centrale, ne è il fulcro. E continuerà a esserlo, perché in fondo abbiamo sempre vissuto in simbiosi».

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