MOLTO FREDDO, MOLTO SECCO CON LIME Sono tutti morti qui, anche l’amore…

di Lisa Divina
L’amore, almeno un pizzico (ma non basta), dovrebbe essere per la cultura. Quella bestia ignota che striscia nelle nostre vite come un amante dispettoso e non desiderato. Non la vogliamo, ma eccola lì, a sorprenderci dietro l’angolo con un libro polveroso o la tela di un artista. La cultura, amico mio, in un mondo ideale dovrebbe essere quella storia d’amore che non finisce mai, anche se a volte vorresti darle un calcio nel sedere. Ma qui, oggi, si scalcia senza senso come cavalli selvaggi. Eppure, l’amore per la cultura ci renderebbe consci di ciò che ci avvolge. Ci permetterebbe di valutare le reali situazioni che ci circondano, ponendo soluzioni senza lamentele. Ma non parlo di quel tipo di amore da commedia romantica, dove leggi il romanzetto rosa per sentirti in pace con la tua ignoranza. No, ciò di cui parlo è un amore carnale, consumato nei vicoli bui, tra una sigaretta e l’altra, mentre leggi poesie sui muri erosi, apprezzando la follia dell’attimo. L’amore per la cultura fa apprezzare la bellezza di una nota stonata o di un paragrafo che non ha alcun senso, solo per correggere il tiro. Affascina nelle biblioteche, seppur abbandonate, templi del sapere trasformati in cimiteri di titoli mai letti. Agli occhi dell’amante della cultura, questo scenario si apre come un bordello di parole, dove ogni libro è una prostituta che ti tenta con le sue storie. Apri una pagina e sei perso, avvinto, trascinato in un mondo che non conoscevi.
Eppure, lui, l’amante, continua a tornare, come un drogato che non riesce a smettere. Come l’artista che disegna la sua passione. Ma questo non è un paese per colti! Amico mio, qui il libro è un bene passato alla storia. L’arte è intesa alla “come viene” e nei vicoli si fa ben altro. Questo popolo senza cultura è destinato a subire ed agisce nell’ignoranza. Un popolo colto saprebbe scegliere governatori capaci e, anche di fronte agli errori, troverebbe soluzioni senza cadere nella lamentela. Ma sai qual è il vero paradosso? Che mentre il mondo si contorce in una danza frenetica di superficialità e consumo, l’amore per la cultura rimane lì, sospeso nei cuori degli amanti, resistente come una tana in mezzo alla tempesta. È il rifugio degli spiriti inquieti, di chi cerca qualcosa oltre il lucido schermo di uno smartphone o le luci ingannevoli di uno spettacolo in prima serata. La vera musica è il battito del cuore dell’universo. È il sussurro delle strade di notte, il ritmo dei passi di chi cammina senza meta. È la poesia che ti sveglia nel cuore della notte. Ti costringe a mettere nero su bianco pensieri che nemmeno sapevi di avere. Ti spinge a guardarti dentro, a confrontarti con i tuoi demoni. Ma chi ha il coraggio di farlo? In un’epoca in cui conta più una foto filtrata che uno sguardo sincero, chi si prende il tempo di ascoltare il proprio silenzio? Le strade sono piene di anime perdute che hanno dimenticato come sognare. Eppure, basterebbe fermarsi un attimo, alzare lo sguardo da quei maledetti schermi e lasciarsi avvolgere dalla bellezza che ancora resiste nei piccoli dettagli di un cielo stellato o nel profumo del mare. La cultura non è un lusso per pochi eletti, è un diritto di tutti. Un diritto che non viene mai reclamato nelle nostre piazze, destinate a sanpietrini e nuove vecchie querce. La cultura è il filo invisibile che ci collega, che ci rende umani in mezzo al caos. Ma per abbracciarla davvero, dobbiamo essere disposti a sporcarci le mani, a uscire dagli schermi e dagli schemi. Dobbiamo cercare l’autenticità in un mondo di copie sbiadite, anche se è una dura verità. Perchè la verità è complessa, amico mio. Sai, per amare la cultura, prima bisognerebbe saper amare, e qui sono tutti morti, anche l’amore.