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Barano, le rovine di Via Pendio del Gelso

di Luigi Balestriere

 

BARANO. Più che a Barano sembra essere tra gli scavi di Pompei. Pietre divelte, muri caduti, arbusti cresciuti tra le crepe rappresentano il quadro desolante di via Pendio del Gelso, l’antica via pedonale in basoli di granito che collega Barano con la frazione di Testaccio.

Un percorso tra incuria ed abbandono di un’arteria che dovrebbe essere uno dei fiori all’occhiello del Comune collinare ed invece è un fiore appassito nel panorama baranese. I pericoli non si contano, ma pare che nessuno se ne occupi, nemmeno dell’incolumità delle numerose persone che decidono di percorrerla, nonostante non abbiano uno spiccato senso d’avventura.

Un muro crollato (le relative pietre di facciavista puntualmente sparite), perché danneggiato dalle radici di un arbusto selvatico, sono l’immagine simbolo del degrado e dell’incuria.

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Preoccupanti le crepe createsi nell’alto muro che sorregge la strada carrabile dove transitano auto, camion e bus che collega Barano a Buonopane e Piedimonte. Da molte pareti dei muretti della via sono mancanti di pietre, altri sono minacciati dalla vegetazione che con le robuste radici tende a dilatare le costruzioni in pietra locale lavorata nel secolo scorso.

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E poi c’è l’inciviltà che lascia tracce sempre più enormi e devastanti. Profonde le distanze tra un pietra e l’altra che mettono a serio rischio le caviglie dei pedoni.

La strada fu costruita con basoli e pietre a facciavista nel 1956 da laboriosi scalpellini che lavoravano a mano.

Ma i problemi non finiscono qui. L’arco su cui si regge la Via Tenente Conte mostra i segni d’infiltrazioni e da anni c’è una crepa che non è più monitorata. Tempo fa un sopralluogo dei tecnici la definì strutturale, ma tra la cittadinanza si è diffuso un celato timore dopo i recenti lavori della condotta per la raccolta delle acque telluriche. Si teme che lo scavo e le vibrazioni delle acque possano minare la staticità della struttura.

Intanto, le pietre laviche continuano a scomparire e quell’opera d’arte, una sorta di mosaico in muratura, perde pezzi dopo pezzi tra l’indifferenza generale.

 

 

 

 

 

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