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Ministero del Mare, fosse che fosse la volta buona?

Di Guglielmo Taliercio

PROCIDA –Nei prossimi mesi potrebbero esserci novità per il variegato mondo che ruota intorno alle attività legate al mare. A novembre scorso, infatti, è stato presentato in Senato un disegno legge intitolato “Istituzione del Ministero del Mare”, iniziativa che trova il consenso di tanti addetti ai lavori ma anche di associazioni fortemente rappresentativequali Confindustria nautica Ucina,Confitarma e per ultime le influenti Federpesca, Assonave e Assiterminal.

Su quello che potrebbe essere, quindi, ovviamente con le dovute cautele in quanto tutti sappiamo quanta“acqua possa passare sotto i ponti” prima che un disegno di legge si tramuti in legge dello Stato, riproponiamo le considerazioni attente equalificatedell’ammiraglio Nicola Silenti riportate in una intervista pubblicata lo scorso maggio sul quotidiano on line “Ad Maiora Media” diretto da Fabio Meloni.

“La necessità di un Ministero del Mare, dai primi anni Duemila, è stata espressa in più occasioni dalla sede di Cagliari del Collegio e sostenuta in più occasioni dal presidente nazionale del Collegio Giovanni Lettich. Una voce, quella della rappresentanza isolana del Collegio, che per anni è stata inascoltata, nonostante una lunga serie di articoli, comunicati ufficiali e interviste, come quella del lontano 2004, in cui si chiedeva al governo di Roma, nero su bianco, il ripristino del ministero.Un organo amministrativo unico – spiega l’ammiraglio Silenti, per 30 anni in servizio alla Capitaneria di Porto di Cagliari – è un pilastro di tutta l’azione dello Stato in un determinato settore: un settore complesso, quello marittimo, che investe i temi dell’economia, dell’impresa, dei trasporti e di una moltitudine di altri campi che non possono essere governati senza una guida centrale, unica. Regole astruse, regolamenti inutili, certificati per ogni occasione, marche da bollo, timbri, esami, tutti freni, lacci, impicci che non servono a niente, anzi servono solo a far perdere tempo a chi lavora. E il nostro comparto di perdite di tempo non può permettersene più.

Il ministero del Mare – continua Silenti – non sarebbe certamente la panacea di tutti i mali del comparto, ma un valido punto di partenza sì. Sarebbe un punto di riferimento concreto nell’individuazione di risposte ai mali del mondo marittimo, e ai tanti nodi irrisolti che spesso sono nati proprio in qualche corridoio ministeriale. Sarebbe un punto di riferimento anche in tema di formazione, istruzione e aggiornamento. Ma soprattutto sarebbe un terminale istituzionale affidato a persone del settore, istruite e documentate sui nodi cruciali del comparto, e quindi preparati all’azione amministrativa e alla ricerca di soluzioni a materie intricate come quella cruciale del lavoro. Proprio quest’ultimo tema – conclude l’ammiraglio silenti – non può essere nemmeno sfiorato senza avere un barlume di conoscenza delle problematiche correlate alla legge 30 del 1998, e cioè il provvedimento che ha istituito, di fatto, il registro delle navi adibite alla navigazione internazionale dove vengono iscritte, previa autorizzazione del ministero dei Trasporti, le navi adibite esclusivamente a traffici commerciali internazionali. Una legge che ha accordato a molti armatori la quasi totale defiscalizzazione della forza lavoro impiegata, con un corollario di detrazioni, sgravi e agevolazioni generalizzate che hanno invogliato le aziende ad assumere a un costo irrisorio personale extracomunitario, spesso impreparato o comunque in tanti casi sfruttato, e a tutto discapito della forza lavoro nazionale. Una legge a cui i beneficiari non intendono in alcun modo rinunciare, agitando a ogni piè sospinto, ogni qualvolta si affaccia l’ipotesi di una modifica del provvedimento, la minaccia di un esodo delle compagnie, e dei relativi posti di lavoro, verso regimi fiscali più convenienti, a cominciare dalla vicina Malta”.

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