LE OPINIONI

IL COMMENTO Ischia nell’isolamento dell’indifferenza

DI LUIGI DELLA MONICA

Abbiamo più volte letto fiumi di inchiostro di questo quotidiano, a mia firma oppure degli altri colleghi, in ordine alla sciagura del disagio di vivere sulla nostra bellissima isola in autunno inoltrato, in inverno ed agli albori della primavera. Le motivazioni sono molteplici e certamente di natura climatica, ma questa scusa purtroppo non regge più ed è ora di battere i pugni sui tavoli istituzionali centrali con fierezza ed abnegazione. Diverse volte i Ministri della Repubblica Italiana hanno chiesto agli isolani rimedi correttivi e ricette risolutive provenienti dalle forze intellettuali endogene, perché non si può pensare di migliorare un territorio con le menti d’oltremare. Purtroppo, vi è un coro assordante di silenzi. Molti isolani medio-piccoli credono, anzi pretendono, che alcuno sbarchi ad Ischia e la migliori o riformi, soltanto perché è bella, unica, fantastica, favolistica, meravigliosa e baciata da Dio. Criticano, mormorano, pontificano e non sanno darsi pace nemmeno con loro stessi, con il proprio cervello, oppure con il proprio menage familiare, senza prospettare soluzioni concrete e senza avere la voglia o la forza di esporre i propri problemi alle sedi competenti ed istituzionali.

Esiste un terrore diffuso in alcuni di non ricevere la chiamata per la prossima stagione, dove si percepisce un emolumento pari al profilo di contrattazione collettiva nazionale, ma si lavora di fatto per oltre 12 ore al giorno in circa 120 giorni limitati alla c.d. “bella stagione”, per poi approdare alla NASPI. Fin qui nulla di nuovo, rispetto a quello che ho già detto in altri miei scritti, se non che mi sono accorto che questo atteggiamento di alcuni isolani ingenera un silenzio, un torpore sociale, per cui non si parla, oppure si ha il timore di farlo rispetto a tanti disagi che interessano il periodo invernale. Primo fra tutti, la riduzione dei collegamenti marittimi, la soppressione, ovvero la impossibilità di una regolare pianificazione dei viaggi in terraferma, perché l’utenza è vittima della improvvisazione sottobordo o poco prima in banchina. Nessuno degli isolani, a livelli alti o bassi della catena di comando locale, si interessa veramente della mancanza di un coordinamento fra le varie compagnie di navigazione per informare l’utenza in tempi utili alla vita concreta per sapere come e quando, al cospetto delle avverse condizioni metereologiche, avere la certezza di raggiungere l’isola o la terraferma. Fra questi isolani indifferenti alle criticità del problema, cullati dalla precarietà della NASPI, che al tempo del loro pensionamento anagrafico non saranno foriere di assegni congrui a mantenere una vita dignitosa, non è chiaro che esistono anche pendolari della terraferma che qualificano in meglio, ovvero garantiscono condizioni di vita perequate al c.d. Continente e che la mancanza di adeguati strumenti tecnologici di collegamento marittimo induce a scegliere ulteriori sedi di lavoro.

Un esempio fra tutti il Tribunale, che come asseriva il mio amico Francesco Cellammare dovrebbe essere autonomo e stabilizzato, non mera Sede Distaccata di Napoli, il quale nel civile da poco tempo ha escogitato le udienze da remoto, con il giudice collegato in video e gli avvocati e le parti in aula ad Ischia, su cui mi astengo dal commentare, ma ricordo che le prime sperimentazioni del genere iniziarono con Tommaso Buscetta. È chiaro che mancando fluidità di mezzi di comunicazione, certezza al Magistrato che non desidera risiedere sull’isola di ritornare alla propria abitazione che spinge quasi tutti a vivere il trasferimento ad Ischia come una parentesi breve di carriera e non come l’approdo della propria vita lavorativa e familiare. Altrettanto dicasi per la sanità, dove non esistono chiare norme convenzionali tra le aziende sanitarie Napoli2Nord e A.Rizzoli con i Comuni, le aziende di trasporto marittimo e terrestre e nemmeno ipotesi di fitti agevolati per i lavoratori intenzionati ad insediarsi sull’isola ed addirittura caos per gli abbonamenti dei pendolari o residenti. Vi segnalo l’esempio di ieri l’altro 29 novembre 2023: un dipendente ASL NA2Nord abbonato con gli aliscafi di Molo Beverello, solo per sua cultura personale preventivamente con gruppi whastapp fra privati cittadini e\o app del cellulare di nicchia, anche un pizzico di conoscenza dei venti meteomarini, intuisce che Napoli sarà bloccata, ma che il porto di accesso all’isola sarà quello di Pozzuoli. Parcheggia l’auto a lungo termine sul molo flegreo e si reca alla biglietteria della società deputata al trasporto marittimo traghetti: sorpresa delle sorprese, dovrà pagarsi il biglietto intero tariffa ordinaria, perché la convenzione a Pozzuoli, terra extra UE, non vale! Rispetto a tutto questo, cosa sanno gli isolani cullati dalla mamma NASPI, che se fanno uno sternuto subito corrono all’ambulatorio di residenza? Sanno che l’operatore se il libeccio imperversasse per un mese intero dovrebbe pagare 30 euro al giorno per raggiungere l’isola? Questo vale anche per Procida, ma nessuno parla o nessuno protesta.

I problemi delle isole devono essere, nel mormorio disomogeneo generale, risolti da uomini illuminati della terraferma, che se vengono ad Ischia devono inchinarsi alle sue bellezze ed arrovellarsi il cervello per capire da soli come risolvere i problemi strutturali della stessa. Non ci si deve industriare per proporre soluzioni, ma si aspetta che un elicottero lanci dall’alto un kit di sopravvivenza. Dobbiamo proporre noi le soluzioni agli esperti  e mi meraviglia che nel silenzio delle masse le menti imprenditoriali e delle istituzioni locali non si industriano ad inspessire i collegamenti marittimi con nuove unità navali e nuove richieste di copertura delle tratte, come è stato l’esempio di Torregaveta-Ischia anche se solo per periodi estivi. Non è possibile attendere, come titolava il giornale in edicola ieri i bandi del 2025. Secondo quello stesso torpore sociale e culturale che tace a tanti disservizi, si dovrebbe attendere la decisione della Regione. Cari lettori, dobbiamo adoperarci da soli e rivendicare con forza le nostre soluzioni, ma pensare che dalla terraferma possa provenire la ricetta significa essere noi stessi artefici del nostro potenzialmente negativo destino.

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