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Anche gli americani dell’isola hanno festeggiato il Thanksgiving, e Trump “grazia” due tacchini

Ieri  per gli ischitani, anche per il continuo effetto Trump, negativo e positivo, in America  è stata festa  grande, così come lo è stato per la folta schiera degli americani residenti nella nostra isola. E’ stata festa  grande alla pari del Natale e della giornata dell’ Indipendenza che cade il 4 di luglio. E’ stata festa grande perché  si  è celebrato  la giornata del Ringraziamento o Thanksgiving  Day, che è una festa che ricorre negli Stati Uniti ogni quarto giovedì di novembre mentre  in Canada ogni secondo lunedì di ottobre. Quindi, se gli ischitani di Toronto e Montreal in Canada, hanno  festeggiato prima, ieri 23  novembre ultimo giovedì del mese, lo hanno fatto  alla grande  gli ischitani d’America e gli americani che vivono a Ischia. Il tutto culminato col ricco pranzo dell’anno, per lo più in famiglia dove è stato  sacrificato sull’altare dell’appetito l’animale simbolo e storico della secolare tradizione, il Tacchino, in ringraziamento al Signore per ogni cosa buona trovata e vissuta  nella nuova terra raggiunta. La preparazione a  questa ricorrenza coinvolge un po’ tutti, perché ciascuno è  lieto di vivere i giorni della vigilia nella dolce attesa della festa che puntuale arriva dispensando gioia ed emozioni.

Quando ai  primi del ‘900, migliaia di ischitani dai vari comuni dell’isola, emigrarono in America per cercare migliori motivazioni e condizioni di vita, si imbatterono in avvenimenti tradizionali locali  completamente estranei alla loro cultura, alle loro usanze paesane al proprio senso dell’amor  patrio e della religione che per essi si riduceva a soli lavoro, casa e chiesa. Fecero fatica a capire una festa che aveva come simbolo il tacchino, con tanto di significato storico e sociale che essi, presi da altri interessi, non capivano. Dovettero, almeno in parte, americanizzarsi, per immedesimarsi nella nuova cultura  della terra che li ospitava. E fu così anche per loro festa pienamente recepita, tanto che, col  passar  delle generazioni, è diventata la ricorrenza dell’anno a cui meglio si dedicano. In California, in particolare a San Pedro, a New York, nel New Jersey, a Filadelphia, a Boston non c’è casa di ischitano emigrato o figli con  nuova famiglia di vecchi ischitani emigrati scomparsi, che in questo importante giorno  non  sia avvolta dall’atmosfera festosa  dell’atteso Thanksgiving Day, ossia del giorno del Tacchino e per meglio dire, del giorno del Ringraziamento, così come lo intendono gli americani.

Prima dell’ora del Cenone, che si aggira intorno alle 19,00, in tutte le  case degli americani e dei nostri  compaesani emigrati o figli di compaesani scomparsi, campeggiano addobbi  che annunciano l’arrivo del prossimo Natale e prototipi colorati di tacchini di varie dimensioni, da quello gigante al centro del salone a quello medio da tavolo, e per finire a quello mini da tavolinetto e da comodino.  Ce li trovi negli uffici, nelle banche, nella scuola per ricordare la ricorrenza. Insomma , l’omaggio incondizionato al Re Tacchino, in attesa di fargli vivere il più “glorioso” dei sacrifici in onore della specie, della storia e della tradizione. In questo giorno di festa, in America, nelle case degli ischitani emigrati ed in quelle degli americani residenti sull’isola, improvvisarsi  chef da cucina per imbottire ed “arrosolare” per benino  il Tacchino pronto per il “sacrificio” ‘ è l’ambizione del papà in famiglia che per l’occasione gli piace porsi a centro dell’attenzione del commensali, specie se fra essi vi sono invitati extrafamilia. Il  sapore ed il gusto vanno  oltre la soddisfazione che nella circostanza si prova. Le famiglie ischitane storiche emigrate in America e loro discendenti, ieri hanno reso  omaggio  a questa festa americana  in rispetto della tradizione e dei loro padri che da ignari la iniziarono.

Ricordare i nomi  ci pare doveroso: Famiglie Lauro, Pilato, Boccanfuso, Sogliuzzo, Buono, Amalfitano, Barile, Di Frenna. Artiano Trani, Pugliese, Zabatta,  Iodice, Colonna, Mellusi, Iacono, Mattera, Grimaldi,  Mazzella, Castaldi, Costa, Califano, Camello, D’Abundo, Patalano, Monti, Lombardi,  Carbone, Regine, Iovene, Baletriere, Di Meglio,Cacciutto, Di Massa, Curci, Scotti, Primavera, Di Leva, Buonocore, Vuoso, Mazzella, Cigliano, Sasso, Pirozzi, Ungaro, Sorrentino, D’Ambra, De Girolamo, Di Bernardo, Morelli, Galante, Galano, Gaudioso, Albano,  De Luca, Mascolo.  Cos’è  il giorno del Ringraziamento? Il primo giorno del Ringraziamento viene comunemente fatto risalire al 1621, quando nella città di Plymouth, nel Massachusetts, i padri pellegrini si riunirono per ringraziare il Signore del buon  raccolto. Nel 1863, nel bel mezzo della guerra di secessione, Abramo Lincoln proclamò la celebrazione del giorno del Ringraziamento, che da quel momento diventò una festa annuale e perse gradualmente il suo contenuto cristiano. Oggi rappresenta una delle feste più importanti per i nordamericani.

In Europa la celebrazione è conosciuta grazie ai film e telefilm di importazione in cui viene rappresentata spesso come l’occasione di riunirsi attorno al famoso tacchino per ringraziare (Dio, la vita, gli amici, i parenti) per ciò che si ha.  La tradizione vuole che la cena venga sempre organizzata a casa, mai al ristorante, con familiari e amici.  Il tacchino, che in ogni famiglia viene cucinato secondo la propria ricetta “segreta”, è accompagnato da salsa gravy, puré di patate, patate dolci, salsa di mirtilli, verdure e torta di zucca. La storia dei tacchini risale al popolo degli Aztechi, nelle Americhe appena conquistate, che li offrirono in dono agli spagnoli che li importarono in Europa. In breve tempo la sua presenza divenne così consueta da far dimenticare a tutti la sua provenienza. Ironicamente, l’americanissimo tacchino è stato poi “reimportato” più di un secolo dopo sulle coste del Massachusetts dai Padri Pellegrini del Mayflower che hanno dato inizio al suo consumo intensivo. E ieri, anche nell’aspetto, i 47 milioni di tacchini che sono stati serviti sulle tavole statunitensi nel quarto giovedì di novembre corrente, sono solo lontani parenti di quelli assaggiati dai conquistadores.

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Antonio Lubrano (antoniolubrano1941@gmail.com)

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