Nelle famiglie ischitane resiste l’Epifanìa di Dio incarnato nel Regno di disagio e povertà
“Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”(Lc 9, 58)
Un Regno messianico ancora ben rappresentato e allestito nella prevalenza delle sapienti famiglie della diocesi dell’isola d’Ischia (e altrove): una Venuta senza onori e poteri terreni, che appartiene a Colui che, nella sua vita pubblica, dirà di se stesso: “Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. Infatti il Vangelo annota che “non c’era posto per loro nell’albergo”(Lc 2,7). Si tratta di un’affermazione che, ricordando il testo del prologo di Giovanni:” I SUOI non l’hanno accolto”(Gv 1,11), preannuncia i numerosi rifiuti che Gesù, vero Dio e vero Uomo, subirà nella sua vita terrena. E l’espressione “per loro” accomuna in tale rifiuto il Figlio e la Madre e mostra come Maria sia già associata al destino di Corredentrice del destino doloroso di sofferenza del Figlio e resa così partecipe della sua missione redentrice. Ricusato dai “suoi”, Gesù di Maria è accolto dai pastori, uomini rozzi e malfamati, ma scelti da Dio per essere i primi destinatari della Buona Notizia della nascita del Salvatore.
Il Messaggio, che l’angelo rivolge loro, è un invito a gioire: “Ecco, vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo”(Lc 2,10), seguito da una sollecitazione a superare ogni paura: “Non temete !”. Infatti, come per Maria al momento dell’Annunciazione, così anche per loro la notizia della nascita di Gesù da Maria e dallo Spirito Santo Dio rappresenta il grande della benevolenza divina verso gli uomini. Nel Redentore Divino, contemplato nella estrema povertà della grotta-stalla di Betlemme, si può scorgere un invito ad accostarsi con fiducia a Colui che è l’unica Speranza dell’umanità ingannata dal “padre della menzogna e omicida”. Il Cantico degli Angeli: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama”, che può essere tradotto anche con “gli uomini della benevolenza”(Lc 2,14), rivela ai pastori quanto Maria aveva espresso nel suo “Magnificat”: la nascita di Gesù è il segno dell’Amore (dal latino “ad mori”=a immolarsi, a morire) misericordioso di Dio, che si manifesta specialmente verso gli umili, i poveri, gli ultimi, i sofferenti. All’invito dell’angelo (Maria è la Regina degli angeli) i pastori rispondono con entusiasmo e sollecitudine: “Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”(Lc 2,15). La loro ricerca non risulta infruttuosa: “Trovarono Maria e Giuseppe e il Bambino”(Lc 2,16). Ad essi, come ci ricorda il Concilio Vaticano II (Costituzione dogmatica “Lumen Gentium”, 57), “la Madre di Dio mostrò lieta…il Figlio suo primogenito”. E l’Evento determinante per la loro vita ! Il desiderio spontaneo dei pastori di riferire “ciò che del Bambino era stato detto loro”(Lc 2,17), dopo la mirabile esperienza dell’incontro con la Madre ed il Figlio, suggerisce agli evangelizzatori di tutti i tempi l’importanza e, più ancora, la necessità di un profondo rapporto spirituale con Maria, onde meglio conoscere Gesù e diventare gioiosi annunciatori del suo Vangelo di Salvezza. Di fronte a questi Eventi straordinari, san Luca racconta che Maria “serbava tutte queste cose meditandole nel suo Cuore” (Lc 2,19). Nel Rifugio sicuro del suo Cuore Immacolato in cui tutti siamo chiamati a entrare con l’Atto di Consacrazione.
*Pasquale Baldino – Responsabile diocesano Cenacoli Mariani; docente Liceo; poeta (e-mail: prof.pasqualebaldino@libero.it)