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Nessun illecito sul reddito, assolto trentenne ischitano  

La formula è perché il fatto non sussiste: il giovane era accusato di indebita percezione del sussidio ed era ritenuto responsabile di avere falsamente attestato i presupposti per la corresponsione del beneficio. Complessivamente aveva incassato somme per circa 30.000 euro

Assolto perché il fatto non sussiste. Ischitano accusato di indebita percezione del Reddito di Cittadinanza ottiene una significativa sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste. Si tratta di un ragazzo di Ischia trentenne. Il Tribunale di Napoli, giudice dell’udienza preliminare – sez. 16 ha emesso la sentenza esprimendosi sul reato contestato era all’ Art 7 comma 1 DL 28 gennaio 2019 n.4 convertito dalla legge n.26 del 2019, per avere, con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, relativamente alla richiesta di erogazione del reddito di cittadinanza, falsamente attestato i presupposti per la corresponsione del beneficio. Al trentenne, oggetto di una denuncia d’ufficio, veniva contestata la percezione indebita del reddito di cittadinanza, per un importo complessivo di 30mila euro, in assenza dei requisiti richiesti dalla legge e ricorrendo a false dichiarazioni sulle qualità personali o sui redditi percepiti.

L’imputato era rimasto coinvolto in una lunga e minuziosa indagine condotta dalla Guardia di Finanza di Ischia ed era difesa dallo studio legale Rocco Spina e Partners con una memoria redatta in collaborazione con Ciro Pilato

L’uomo era finito nel mirino della Guardia Di Finanza della Compagnia di Ischia che negli ultimi mesi, hanno denunciato alcune persone in stato di libertà alla procura di Napoli: gli accertamenti, oltre a consentire la rilevazione di presumibili condotte penali a carico dei soggetti, hanno permesso di segnalare al competente organo amministrativo diverse persone, al fine di promuovere le azioni di competenza per bloccare l’erogazione e avviare l’azione di recupero delle somme illecitamente percepite. Partendo dall’elenco provinciale degli ammessi a percepire l’erogazione, i finanzieri avevano verificato che decine di soggetti non possedevano addirittura il primo requisito utile ovvero la cittadinanza italiana o la residenza anche non continuativa di dieci anni. Tra questi era finito l’uomo, oggi però libero da ogni addebito. Lo studio legale – Avv. Rocco Maria Spina e partners con una memoria redatta in collaborazione con il Dott. Ciro Pilato evidenziava, riuscendo ad avere ragione che con la legge di bilancio del 2023 è stata disposta seppur con decorrenza dal 1° gennaio 2024, l’abolizione del reddito di cittadinanza. Oggetto di abrogazione è in blocco l’intero capo I del sopra indicato decreto-legge. Dunque, la difesa contestava la circostanza che l’abrogazione delle norme incriminatrice di cui all’art 7 co.1 e 2 d.l n. 4/2019 dava luogo ad una successione di leggi penali, disciplinata dall’art.2 cp e che comporta in particolare un’abolita criminis: “la norma abrogratrice di una norma incriminatrice è norma più favorevole per eccellenza, la cui retroattività è notoriamente imposta dai principi costituzionali che regolano la materia. Valorizzando la forza del principio di retroattività della lex mitior, infatti la Corte di Cassazione, sez I, con la sentenza  n. 53602 del 18.5.2017 ha stabilito che si ritiene applicabile la legge penale più favorevole al reo addirittura durante il periodo di vacatio legis: prima cioè dell’entrata in vigore della lex mitior.

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