CRONACA

Studiare è sempre un buon investimento

Livelli più alti di istruzione consentono non solo un accesso più facile al mercato del lavoro ma anche carriere migliori e di conseguenza stipendi decisamente più alti

Il report UNIVERSITY REPORT 2023, sviluppato in collaborazione con LHH Recuitment Solutions, società di consulenza internazionale di The Adecco Group specializzata nella ricerca e selezione di Executives, Leaders e Experts, tra l’altro, consente di avere un quadro della situazione globale a livello UE relativamente all’istruzione e alla formazione. A tal proposito sono stati fissati degli obiettivi per il 2030 che si focalizzano principalmente sulla riduzione degli studenti con scarsi rendimenti, l’abbandono scolastico precoce, la diffusione dell’apprendimento negli adulti. Secondo questa relazione e i rapporti per i singoli Paesi europei, l’Italia presenta un sistema di istruzione tra i più fragili: gli obiettivi preposti da Europa 2020 non sono stati raggiunti e l’avvento della pandemia da COVID-19 ha ulteriormente impoverito un sistema già compromesso. I punti critici che emergono riguardano:

1. Quindicenni con scarsi risultati in lettura, matematica e scienze: il traguardo al 2030 è fissato ad una incidenza inferiore al 15%, ma per tutte e tre le categorie si supera il 23%;

2. Incidenza dell’abbandono tra i 18-24 anni dell’istruzione: mentre l’obiettivo europeo è di non superare il 9%, in Italia ancora si è di poco sotto il 13% (leggermente in miglioramento rispetto allo scorso anno, 12,7% contro il 13,1%);

3. Completamento dell’istruzione terziaria (25-34 anni): si arriva appena al 28,3%, con un traguardo del 45% (in lieve flessione rispetto allo scorso anno, in cui il dato era del 28,9%);

4. La spesa pubblica in istruzione ancora troppo bassa: nel 2021 è stata del 4,3% del PIL a confronto con una media europea del 5,0%.

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Partendo da questi dati, fino al 10 febbraio prossimo, molti giovani, ed altrettante famiglie, sono alle prese con l’iscrizione alle scuole secondarie di secondo grado, cercando di trovare il giusto mix tra le capacità/inclinazioni dei giovani studenti e quelli che potranno essere gli sbocchi lavorativi futuri. Da questo punto di vista confrontando il divario tra i titoli di studio (presi in considerazione tra l’anno 2016 e 2022) rispetto alla crescita salariare nel tempo, si sottolinea che:

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• frequentando la sola scuola dell’obbligo, la prospettiva di crescita salariale nel tempo è estremamente ridotta (12%);

• con un diploma professionale o di scuola secondaria superiore, si ha una prospettiva di crescita limitata (al massimo il 30%);

• un’istruzione terziaria garantisce una crescita retributiva nell’arco della vita lavorativa pari ad almeno il 45%;

• il differenziale si colloca al di sotto della media nazionale solo quando il titolo di studio è assente o è stato conseguito un diploma di scuola professionale.

Un titolo di studio elevato è associato a maggiore occupabilità, retribuzioni più alte e migliore capacità di adattamento al mercato del lavoro: ciò succede in virtù di una maggiore probabilità di un lavoratore di crescere nel corso della carriera lavorativa. Tuttavia, a parità di inquadramento, possedere una laurea non assicura un vantaggio competitivo. In altri termini, avere una laurea, o titoli post-laurea, non garantisce un differenziale di salario significativo nel momento in cui ci si trova nella condizione di sovra-istruzione (ed è per questo che lo stipendio di un laureato operaio è molto simile a quello di un operaio non laureato), né implica un salario sostanzialmente maggiore di coloro che sono inquadrati nello stesso livello pur essendo meno istruiti.

È invece evidente come l’istruzione sia un veicolo di maggior probabilità ad attivare di un percorso di carriera che assicuri retribuzioni più alte, in quanto, appunto, il percorso di studi fornisce gli strumenti necessari a ricoprire dei ruoli più remunerativi. Della serie: studiare è sempre un buon investimento!

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