No all’autorizzazione paesaggistica, Serrara va k.o.
La Terza Sezione del Consiglio di Stato ha accolto il ricorso di Francesco Trofa, difeso dall’avvocato Bruno Molinaro, che aveva fatto ricorso contro il Comune montano impugnando una sentenza del Tar che aveva respinto il suo ricorso per l’annullamento del provvedimento con lui l’ente aveva negato il rilascio del nulla osta per le opere oggetto della domanda di condono
Ancora una batosta giudiziaria per il Comune di Serrara Fontana, che negli ultimi tempi non è particolarmente fortunato sotto questo punto di vista (i riferimenti ai casi delle società partecipate La Torre e Asse sono recentissimi). La Terza Sezione del Consiglio di Stato ha infatti accolto il ricorso di Francesco Trofa – difeso dall’avvocato Bruno Molinaro – contro il Comune di Serrara Fontana. Il ricorrente chiedeva la riforma della sentenza emessa dalla VI Sezione del Tar Campania ed ha visto valere le sue ragioni con l’ente guidato dal sindaco Irene Iacono che è stato condannato anche al pagamento delle spese quantificate in 4.000 euro.
Nella sentenza vengono anche riproposti i fatti per come succeduti e infatti si legge: “Il signor Francesco Trofa ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe che ha respinto il suo ricorso per l’annullamento del provvedimento del 13 gennaio 2020, n. 254, con il quale il Comune di Serrara Fontana, ha denegato il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica per le opere oggetto della domanda di condono. L’appellante proprietario di un fabbricato adibito a civile abitazione e sito nel Comune di Serrara Fontana, alla via Casale aveva presentato domanda di condono ai sensi della l. 724/1994 in relazione alla realizzazione di opere in ampliamento e difformità dall’autorizzazione edilizia del 9 gennaio 1991, n. 13. L’ufficio tecnico del Comune di Serrara Fontana, acquisito il parere favorevole della commissione locale per il paesaggio, aveva redatto la relazione tecnica illustrativa di cui è menzione all’art.146, comma 7, d.lgs. 42/2004, proponendo alla Soprintendenza la adozione del provvedimento di autorizzazione, in conformità del parere della commissione, ‘trattandosi di opere di ristrutturazione o ampliamento di un vecchio fabbricato baraccale. Le opere realizzate non hanno conformato ostacolo delle libere visuali essendo il fabbricato sottoposto ad altri fabbricati di maggiore altezza’”. Per poi aggiungere: “La Soprintendenza esprimeva parere negativo dal momento che le opere abusive avevano alterato in maniera sostanziale il manufatto originario realizzato dopo il sisma del 1883 con un sistema denominato ‘baraccato’ da tutelare perché considerato un metodo innovativo per all’epoca per realizzare una costruzione antisismica. Con il provvedimento impugnato il Comune di Serrara Fontana recependo il parere negativo della Soprintendenza, reso oltre il termine di 45 giorni, previsto dal comma 8 del richiamato art. 146 d.lgs. 42/2004, ha negato l’autorizzazione paesaggistica alla domanda di condono”.
Tre i motivi per i quali era stato chiesto l’accoglimento, il Comune condannato anche al pagamento delle spese quantificato in 4.000 euro
Il Consiglio di Stato evidenzia poi che l’appello è affidato a tre motivi che vengono così elencati: “Il primo deduce l’illegittimità del parere negativo della Soprintendenza, in quanto reso oltre il termine di 45 giorni, essendosi già perfezionato il silenzio assenso ex art.17 bis l. 241/1990. Secondo la ricostruzione di parte ricorrente, tale ultima disposizione sopravvenuta all’art. 146 che troverebbe applicazione anche nelle materie c.d. sensibili, compresa quella paesaggistica, in ragione del criterio temporale da cui deriverebbe l’abrogazione implicita del precedente assetto normativo perchè non risultano modificati né i volumi, né le superfici, trattandosi solo di opere interne per le quali era mancata la denuncia di attività e passibili di una richiesta di sanatoria ex art.37 d.P.R. 380/2001. Il secondo motivo contesta la valutazione del primo giudice circa l’esistenza di una motivazione esauriente nel parere della Soprintendenza: sostenere che l’edificio costituisca una testimonianza da tutelare costituisce una motivazione apparente poiché esso non ha mai formato oggetto di speciale protezione attraverso l’adozione di un provvedimento di vincolo storico-artistico-monumentale ai sensi degli artt. 21 e ss. del d.lgs. n. 42/2004. 4.3. Il terzo motivo contesta l’illegittimità del provvedimento di diniego del Comune, in quanto motivato per relationem”. I giudici evidenziano poi che “L’appello è fondato in applicazione del principio della ragione più liquida in accoglimento del terzo motivo. Si tratta di quanto fondatamente denunciato con il terzo motivo di ricorso dal momento che il diniego di autorizzazione paesaggistica prende semplicemente atto del parere negativo definitivo della Soprintendenza archeologica Belle Arti e Paesaggio per l’Area metropolitana di Napoli, addirittura dopo aver riportato il parere favorevole della Commissione per il paesaggio, senza argomentare perché aveva ritenuto più fondato il parere negativo della Soprintendenza rispetto a quello favorevole espresso dal suo organo consultivo”.