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“Non c’erano motivi per negare la libertà a un parlamentare”

E’ un aspetto decisamente significativo e non a caso viene sottolineato oggi da molti quotidiani nazionali, che alla vicenda hanno dedicato ampio spazio. Il riferimento, naturalmente, è alla decisione adottata dalla giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato della Repubblica nei confronti del senatore lacchese Domenico De Siano. In questi casi, come è noto, conta e vale soprattutto il principio del fumus persecutionis, nel senso che molto spesso si valutano con attenzione gli atti e si verifica se può essersi stato un accanimento contro un indagato, se insomma nei confronti dello stesso si sia calcata la mano più in virtù del suo incarico pubblico che non per le effettive responsabilità. Ma, appare ovvio, c’è anche chi vuole sottolineare che non dipende soltanto da questo. Per la serie, rifacendoci a quanto scrive ad esempio Il Fatto Quotidiano nell’edizione di ieri, “Nessun giudizio nel merito, ma anche sì”. E quindi per capire le motivazioni del “no” alla richiesta del gip di piazzare l’indagato agli arresti domiciliari bisogna percorrere sentieri più o meno tortuosi. Di fatto nella seduta che si è svolta giovedì non c’è stata una vera e propria valutazione dei senatori sulla solidità di una richiesta d’arresto chiesta da tre pubblici ministeri, vagliata in seconda battuta da un giudice e poi confermata anche da altri tre: per la serie, un iter tutt’altro che superficiale…

DECISIVA LA REVOCA DELL’ASSOCIAZIONE A DELINQUERE

Insomma, tutti si aspettavano la motivazione legata alla persecuzione, perché di solito è così che funziona, ma in realtà ad essere determinante per il “disco rosso” messo davanti al gip per l’arresto del forzista Domenico De Siano non è stato questo. Ergo, il sospetto di una persecuzione non c’entrerebbe assolutamente nulla, per quanto come sottolineano in tanti questo sarebbe stato l’unico elemento che avrebbero dovuto valutare coloro che si sono riuniti per esaminare il caso. La giunta, secondo quanto ipotizzato (non si sa con quanti riscontri oggettivi o fino a che misura formulando e postulando semplici teoremi) da molti media, ritengono che molto sia dipeso dall’esito del Tribunale del Riesame, che potrebbe aver influenzato il giudizio. Il che, per la verità, qualche perplessità la lascerebbe, e ci riferiamo all’ipotesi di cui sopra. Perché va detto che i giudici in questione hanno confermato la giustezza della richiesta di arresti domiciliari del gip e sostanzialmente il quadro accusatorio e confermato anche la giustezza di uno dei capi di imputazione formulati, che è quello di corruzione. Il Riesame, però, contestualmente ha fatto cadere forse il reato peggiore, vale a dire quello dell’associazione per delinquere, che nella condotta del senatore non si configurerebbe in alcun modo. Ecco, è su questo che la giunta avrebbe emesso il suo verdetto, senza però entrare nel merito di quello che sarebbe il suo compito primario, vale a dire esprimersi sulla presunta persecuzione dei giudici nei confronti del politico. Sempre Il Fatto Quotidiano spiega che andava sviscerato punto per punto dove i sette giudici che in momenti e fasi diverse hanno indagato e/o studiato le carte, abbiano abusato delle proprie prerogative e del rispettivo ruolo istituzionale.

LE AMMISSIONI DEL PRESIDENTE DARIO STEFANO

Lo stesso giornale diretto da Marco Travaglio però va oltre e riferisce come non si sia davanti a semplici illazioni. Secondo i colleghi, infatti, “a ricostruire così la votazione della giunta non è un retroscena dei giornalisti parlamentari o qualche congettura dei partiti che hanno votato a favore dell’arresto (M5s e Lega Nord). Ma a dirlo, in modo esplicito, è il presidente dell’organismo, Dario Stefàno, Sel: è stata sua la proposta di respingere la richiesta di arresto della Procura ed è stata votata da Fi, Ncd e Pd. In un’intervista all’Ansa Stefàno da una parte ricorda che alla giunta per le immunità ‘compete solo la valutazione del cosiddetto fumus persecutionis’. Ma definisce ‘determinante’ per il voto finale l’annullamento di uno dei capi d’imputazione contestati a De Siano”. Ed è proprio questa ammissione fatta dall’on. Stefano che lascia qualche addetto ai lavori leggermente perplesso, proprio perché l’impressione è che si sia ragionato contrariamente a quanto previsto da un protocollo ormai consolidato e che è stato utilizzato in passato in casi per la verità molto più illustri ed eclatanti di quello che ha riguardato Domenico De Siano.

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Ieri mattina un po’ tutti i giornali hanno ricordato la vicenda, anche perché in un momento in cui la politica non ha certo un indice di gradimento al top, la decisione di dire no all’arresto di un senatore ha scatenato gli immancabili “forcaioli”, a prescindere dal fatto che gli stessi abbiano ragione o torto. E così un po’ ovunque si ricorda che il mandato di arresto della Procura di Napoli è in attesa di applicazione da un mese: al senatore e coordinatore di Forza Italia in Campania vengono contestati i reati di corruzione e turbativa d’asta e il tribunale del Riesame aveva confermato la richiesta di domiciliari il 3 febbraio. Per poi sottolineare anche che l’inchiesta vede coinvolti altri 13 indagati e riguarda l’affidamento del servizio di raccolta e smaltimento di rifiuti solidi urbani nei comuni di Lacco Ameno, Forio d’Ischia e Monte di Procida. Si citano gli atti con intercettazioni telefoniche ed ambientali, i documenti sequestrati, i verbali di appostamento e i pedinamenti, insomma di tutto di più. E De Siano, dal punto di vista mediatico, per la verità fa anche il gioco degli altri indagati, al punto tale che nessuno o quasi ricorda che agli arresti domiciliari ci sono Vittorio Ciummo e Oscar Rumolo, artefici di una bella chiacchierata in una Mercedes, mentre il primo consegna diecimila euro in contanti al secondo. Dettagli, che volete farci, quando c’è di mezzo un senatore tutto il resto passa inevitabilmente in secondo piano…

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“NESSUN MOTIVO PER NEGARE LA LIBERTA’ DI UN PARLAMENTARE”

Ma il compito dei senatori non era quello di leggersi tutto. Era più facile, era quello di sempre: dovevano capire se c’era un eventuale intento persecutorio dei magistrati nei confronti di De Siano. Eppure, spiega Stefàno, “la giunta ha dovuto valutare diversi aspetti tra cui il fatto che gli altri coindagati sono a piede libero e che è stata affermata la legittimità formale delle procedure di gara dal Consiglio di Stato”. “In più – aggiunge – mancava la motivazione, in termini di necessità “assoluta”, della restrizione alla libertà di un parlamentare”. Ma uno dei punti “determinanti” che hanno spinto la maggioranza della Giunta a votare contro l’arresto, sottolinea Stefano, è che “il Tribunale del Riesame ha annullato il capo di imputazione relativo all’associazione a delinquere”. In definitiva la giunta per le immunità è diventato il tribunale del Riesame del tribunale del Riesame. Un Riesame al quadrato, scrive sempre non senza un pizzico di ironia Il Fatto Quotidiano.  Stefàno conclude sottolineando che la giunta “ha constatato che era venuto meno il reato di associazione e che i concorrenti del senatore De Siano con le stesse imputazioni risultano tutti ‘a piede libero’. Solo nei confronti di De Siano sarebbero rimaste in piedi misure restrittive. E questo per noi è stato un elemento di attenta valutazione”. L’eventuale “stortura” quindi, secondo i senatori, sta nel fatto che De Siano sarebbe stato l’unico a finire agli arresti. Cosa che sarebbe accaduta se non fosse stato un parlamentare e se la richiesta di arresto non avesse avuto un ulteriore grado di giudizio, successivo a quello del Riesame.

“LA GIUNTA NON PUO’ FORMULARE ALCUNA PROGNOSI”

Eppure, fanno notare a Stefàno, i magistrati scrivono nella richiesta di arresto che De Siano è un soggetto ad “elevato rischio di recidivanza” e hanno formulato un “giudizio negativo in relazione alla personalità degli indagati (tra i quali viene citato espressamente De Siano) caratterizzata, secondo l’autorità procedente da comportamenti pervicaci e talvolta al limite del cinismo”. Stefàno risponde che “non è di competenza della Giunta formulare giudizi morali nei riguardi dei senatori destinatari di atti giudiziari. Piuttosto, se nell’ordinanza di custodia cautelare il rischio di recidiva era pressoché esclusivamente riferito al reato di associazione a delinquere, una volta annullata quest’ipotesi di reato, ne consegue che la motivazione dell’esigenza cautelare si presenta, per così dire, implausibile per sopravvenuta contraddittorietà“. In più, aggiunge Stefàno, “tecnicamente la nozione di recidiva presuppone non solo la commissione di un reato ma l’esistenza di una pronuncia di condanna sulla quale la Giunta non può formulare alcuna prognosi di plausibilità”.

Provando a sciogliere il linguaggio oscuro sia dei giudici sia di Stefano, dunque, il punto è che da una parte i magistrati chiedono l’arresto sostenendo tra l’altro che il comportamento di De Siano potrebbe continuare a essere quello contestato dalla Procura. Dall’altra, replica il presidente della giunta, questo rischio era riferito all’associazione per delinquere, ora decaduta dopo la pronuncia del Riesame; secondo, è l’interpretazione di Stefàno, di recidiva si può parlare solo in caso di sentenza di condanna che la giunta non può prevedere. Nessuno peraltro lo pretende, tantopiù che le norme chiedono alla giunta, per utilizzare per la terza volta le parole del presidente della giunta Stefàno, “solo la valutazione del cosiddetto fumus persecutionis”. Comunque, rassicura Stefàno, “il procedimento potrà andare avanti comunque ed eventualmente tutti gli indagati potranno venire condannati”. Ed è qui che arriva l’ultima stoccata del giornalista che firma il pezzo nel giornale diretto da Travaglio: “Il Parlamento, bontà sua, dà dunque il permesso ai magistrati di fare il proprio lavoro, anche celebrare un processo”. Una conclusione decisamente al vetriolo, dove l’ironia, forse, va decisamente un po’ oltre il consentito.

 

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