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«Non sono un delinquente, io unica vittima del “sistema”»

SERRARA FONTANA. «Sono ben cinquantacinque anni che ho la sveglia alle sette del mattino e nei mesi che vanno da marzo a novembre, puntualmente, scendo nella piazzetta di Sant’Angelo, compro i giornali e mi reco presso il ristorante di famiglia che insieme a mia moglie, mio padre ed i miei quattro figli ho contribuito a tirare su. Un lavoraccio, mi creda; il lavoro del ristoratore è duro, spesso inizi alle nove del mattino e termini anche alle due di notte. Ma sono sempre andato avanti, grazie anche all’aiuto dei miei congiunti». Inizia così la nostra chiacchierata con Orazio Arturo, il titolare del ristorante “Da Peppino” a Sant’Angelo, raggiunto da un’ordinanza di demolizione di alcune opere abusive, al termine di un contenzioso che si trascina da tempo immemore.

La sua è una vicenda che negli ultimi tempi non è certo passata inosservata.

«E’ vero, ma la cosa che maggiormente mi amareggia è che qualcuno, e ovviamente non mi riferisco alla vostra testata, ha voluto mettere in dubbio una cosa a cui tengo particolarmente e mi riferisco alla mia integrità morale».

Capisco, però intanto c’è questa ordinanza che pesa come una spada di Damocle.

«La mia attività è stata chiusa quest’anno dal Comune di Serrara Fontana per fatti risalenti addirittura a ben trent’anni fa, quando ebbi l’idea di apporre sull’antica terrazza dei pali di castagno per poggiarvi una copertura che poi mi fu anche autorizzata – con carattere stagionale – dall’amministrazione e, per le normative sanitarie vigenti, dovetti realizzare al piano seminterrato due locali WC apponendo tramezzature interne con altri piccoli irrilevanti interventi»

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Insomma, mi faccia capire: cos’è che non le va proprio giù?

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«Trovo delirante dover essere descritto come un delinquente, un abusivo che dopo 29 anni viene punito per chissà quali gravissime colpe. E’ follia totale, chiunque dotato di un minimo di memoria storica non si azzarderebbe a pronunciarsi così nei confronti di un locale che esiste da 64 anni. Il mio è uno dei locali più antichi del borgo, se non il più antico in assoluto. Basta procurarsi le foto antiche degli anni ’50 di Sant’Angelo per capire che tra le poche cose esistenti sotto la torre c’era già il ristorante Peppino. Attorno, il nulla. Dall’epoca, fino al 2017, l’attività ha dato lavoro a tante famiglie diventando un punto di riferimento per i turisti. Ogni anno, infatti, tra i nostri ospiti abbiamo annoverato attori, cantanti, calciatori e clienti di ogni nazionalità e le dirò che non sono mancati coloro che hanno inviato messaggi di solidarietà interrogandosi su come fosse stato possibile chiudere un locale storico come il nostro».

Intanto la verità è che oggi siete abusivi.

«Vede, il problema dal mio punto di vista non risiede nell’abuso in quanto tale (condannabile, ci mancherebbe, nelle giuste proporzioni) ma nell’incapacità di gestire la problematica edilizia, speculandoci sopra. Mi chiedo: i vari condoni, i lavori, i permessi, le licenze eccetera quanto pesano in politica? La verità è un’altra…».

Quale?

«Il problema dell’abusivismo è rimasto tale solo per le persone comuni, diventando un‘arma nelle mani di chi lo gestisce. In un paese in cui tutti hanno speculato sull’edilizia oggi si finisce col colpire un singolo, mi spiegate perché? Com’è possibile che in un’isola, e in particolare in un Comune come Serrara Fontana, in cui sono presenti svariati abusi edilizi – e non mi riferisco a semplici pali di castagno, quanto piuttosto ad opere interne, terrazze e addirittura intere strutture alberghiere – non capisco perché l’ente abbia deciso all’improvviso di concentrarsi dopo trent’anni proprio su di me».

Parliamoci chiaro, lei si ritiene un perseguitato?

«Io davvero non ho capito l’interesse pubblico che c’è dietro a tutto questo, ma posso affermare che i miei sentimenti sono di rabbia mista a tristezza, perché appare evidente che esistono due pesi e due misure. Il mio ristorante è stato chiuso sul presupposto, cosi come riportato dalla sentenza del TAR, che“Non è possibile svolgere attività commerciale su immobili sottoposti a condono edilizio per non potersi avere agibilità provvisoria né altro fino al suo rilascio”. Per questo motivo, mi hanno ritirato la licenza. Eppure le motivazioni della sentenza colpirebbero un innumerevole numero di strutture, eppure per le altre non è stato fatto nulla, niente si è mosso. Come diceva Andreotti, a pensar male si fa peccato ma spesso si indovina e qui tante, troppe cose non sono chiare…».

E adesso è stato nominato un architetto per procedere alla demolizione.

«Anche in questo leggo un accanimento nei miei confronti. Quante sentenze di demolizione, antecedenti alla mia, dovrebbero essere eseguite eppure questo non succede? E’ davvero tutto molto triste».

Cos’altro vuole aggiungere?

«Nulla se non fare qualche considerazione e lanciare un appello, in particolare a tutti gli isolani e padri di famiglia come me che hanno fatto del lavoro onesto e del culto della famiglia la loro unica ragione di vita. Non sono un delinquente, ho sempre lavorato onestamente, ed oggi la legge fatta applicare ad personam sembrerebbe far credere il contrario. Continuerò a battermi per vedere rispettata la mia dignità di uomo e di padre, lo farò attraverso i miei legali ma voglio che i miei concittadini stiano attenti: un giorno chiunque potrebbe trovarsi al mio posto, finendo addirittura con l’essere accusato e attaccato da chi invece, almeno sulla carta, avrebbe il dovere morale di proteggerti».

Gaetano Ferrandino

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