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«Nostalgia? No, piuttosto reale esigenza di una vera classe politica, oggi assente»

«Innanzitutto, io credo che una “seconda repubblica” non sia mai davvero esistita: c’è stata soltanto la Prima, mentre oggi da oltre vent’anni stiamo andando avanti in modo totalmente raffazzonato. Io resto democristiano, doroteo e gavianeo, e non rinnegherò mai il mio passato. Ma tutta la Prima Repubblica è stata formata da grandi partiti: non soltanto la DC, ma anche i vari partiti Comunista, Socialista, Repubblicano e Liberale. Esistevano scuole di partito, si partiva dall’autentica gavetta, come abbiamo fatto io, Gaetano Colella, Enzo Mazzella. Esistevano i movimenti giovanili dei vari partiti. In coloro che hanno vissuto quegli anni, la nostalgia indubbiamente c’è, ma io parlerei piuttosto di una reale esigenza: i “movimenti” sorti negli ultimi vent’anni non possono essere definiti partiti politici, perché in realtà sono temporanee formazioni che si riuniscono intorno a un nome, a una singola persona, che quando viene a mancare determina lo scioglimento dell’intero movimento: per certi versi anche Renzi è in una situazione del genere.

Io mi reputo fortunato rispetto alle generazioni successive, perché ho potuto vivere quella politica che ha portato l’Italia fuori dall’immediato dopoguerra, creando un benessere economico diffuso e debellando l’analfabetismo. In quel momento storico, chi aveva delle capacità politica, poteva emergere, ma non sarebbe mai successo che un sindaco diventasse di colpo Presidente del Consiglio. Insomma, nella Prima Repubblica il sistema politico era un sistema organico, dove la disciplina di partito era importantissima.

Oggi invece anche all’interno del singolo partito molto spesso c’è chi rema contro:  è successo con l’ultimo governo Berlusconi, che aveva maggioranze bulgare, succede ora col governo Renzi. Si dice che prima ci fosse troppa instabilità, perché i governi cambiavano spesso, ma in realtà si era sempre all’interno di una legislatura dove gli schieramenti erano chiari e si agiva costruttivamente, o comunque senza l’ossessivo scopo di delegittimare e distruggere l’avversario politico. L’opposizione era costruttiva, mentre oggi, e me ne accorgo anche a livello locale, non vengono assolutamente lanciate proposte collaborative a chi governa o comunque tenta di farlo.

La mancanza di una cultura e di una coscienza politica reca gravissimi danni ai lavori parlamentari, ma anche a livello di amministrazione locale. Inoltre, il sistema elettorale che ha cancellato le preferenze ha reciso di netto il legame tra elettorato e i suoi rappresentanti politici. A cosa serve candidare un piemontese in un collegio, poniamo, della Sicilia? Nella Prima Repubblica, lo stretto legame tra parlamentari ed elettori permetteva di realizzare opere sul territorio che rispondevano alle reali esigenze della popolazione».

 

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