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L’Istituto “V. Telese” sulle tracce della memoria e delle tradizioni

Gianluca Castagna | Ischia Non c’è bisogno certo di scomodare Marcel Proust e le sue fatali madeleine. Basta sostituire l’oggetto del trasalimento e gli effetti, come le emozioni, sarebbero le stesse. Quando il sapore di un cibo particolare, o il profumo di un ingrediente, si affaccia agli organi sensoriali di un individuo facendone riemergere il profondo, si compie, spesso in automatico, un viaggio emotivo a ritroso: quello della memoria. Piatti o sapori ci riportano all’infanzia, un tempo perduto esteriormente ma assolutamente vitale ed energico dentro di noi, oppure a luoghi e tempi della vita legati ai ricordi. E’ il grande potere evocativo della cucina. Anche parlare di cibo, significa accostarsi alla memoria: memoria del fare, del cucinare, del preparare piatti e ricette che si sono trasmessi attraverso le generazioni e si sono rielaborati con il tempo, in base alle esperienze e ai luoghi dove si è vissuto. Del resto le pratiche alimentari di ogni comunità costituiscono da sempre un’importante risorsa culturale per la costruzione di identità, memoria e appartenenza sociale.

DSCN1507Le antiche ricette della tradizione isolana sono state lo spunto per un incontro all’Istituto alberghiero “V. Telese” di Ischia sul tema della memoria perduta e ritrovata. Occasione culturale ed enogastronomica promossa dall’Associazione “Ragazze baranesi degli anni ‘60”. Un gruppo di amiche da tempo impegnate in una sorta di indagine per riscoprire le tradizioni, non solo culinarie, di un’intera comunità. Una ricerca che ha fatto emergere storie, immagini, mestieri, luoghi, costumi, proverbi, ricette, giochi in una dimensione anche fragile, perché legata all’oralità trasmessa di generazione in generazione attraverso la parola e il racconto. Prima cosa da fare: mettere tutto per iscritto. In piccoli volumi che racchiudono un mondo di saperi e tradizioni locali. Poi raccontarlo, anche e soprattutto al mondo della scuola.
«Ci fa piacere ospitare un’associazione come “Ragazze baranesi degli anni ‘60” e mostrare ai nostri studenti il loro lavoro», ha spiegato sabato scorso il neo dirigente scolastico del “Telese” Mario Sironi.
«Il rapporto della scuola con il territorio deve essere molto stretto, perché coincide con quella che è la nostra vocazione formativa. Viviamo in un’epoca in cui la parola d’ordine è cambiamento, innovazione. Non si innova senza elaborare il passato. Nella Silicon Valley, in California – continua Sironi – i protagonisti della rivoluzione tecnologica del futuro vengono chiamati distruttori. Ecco, l’idea di distruggere per inseguire tutto ciò che è nuovo corre il rischio di essere superficiale e falso. La scuola è paradossalmente lenta, ma la lentezza aiuta ad approfondire, a sviluppare il ragionamento e il dialogo. Le tradizioni di un luogo ci aiutano a scoprire il passato non certo per contemplarlo, ma per individuare quel che di positivo c’era nel passato per dare sostanza e profondità all’innovazione dei nostri giorni. Questo è solo il primo di una serie di appuntamenti con l’Associazione e il suo lavoro di recupero delle radici».

DSCN1510«Il Progetto che l’Istituto alberghiero di Ischia intende sviluppare quest’anno – ha precisato il professor Antonio Schiazzano, promotore di questo incontro – è basato sulla memoria. Una parola che utilizziamo quotidianamente. Memoria corta, memoria lunga, memoria d’elefante, memoria biologica, memoria storica. Per i nostri ragazzi la memoria è un punto essenziale. Una ricerca di informazioni, conoscenze, strumenti che riscopriamo cercando poi di riportarli alla comunità. La memoria fissa ciò che il tempo disperde ».
20151219_124929La globalizzazione dei gusti pone in serio e costante pericolo il patrimonio culturale di una comunità: l’era dei fast-food, come è stato definito il nostro momento storico dal dopoguerra in poi, cerca di trasformare il consumatore di hamburger in un individuo senza storia, senza memoria, che non mangia più per desiderio o per tradizione, ma per bisogno impulsivo o imitativo.
«Mi auguro sempre – aggiunge Sironi – che i nostri allievi capiscano che dall’Istituto alberghiero “V. Telese” bisogna uscire colti. Qualcuno pensa ancora che per essere colti sia necessario studiare al liceo. Non è così. Faccio un esempio: oggi uno chef ha bisogno di comunicare la storia del piatto che prepara, quale cultura c’è dietro, come si è arrivati alla dieta mediterranea, attraverso quali sedimentazioni secolari. Solo conoscendo la Storia si capisce il presente». Il cibo, dunque, come cultura legata anche alla materialità, al saper fare, al commercio, alle abilità di mescolare sapientemente ingredienti e saperli dosare in equilibrio, alla capacità di elaborare pratiche legate alla quotidianità e a ciò che si trova a disposizione. Per il preside del Telese, un patrimonio di saperi, tradizioni e sobrietà prevalentemente femminili. «L’uso intelligente delle risorse – sostiene – è la grande innovazione portata dalle donne nel mondo maschile».
20151219_123332Tocca poi a Lina Conte, tra le fondatrici dell’Associazione “Ragazze baranesi degli anni ‘60”, spiegare a parole e con l’ausilio di immagini in video, la dimensione narrativa di questo viaggio alla ricerca delle tradizioni, in un costante rapporto fra storia e memoria anche legata alla costruzione dell’identità femminile, della dimensione della creatività, della politica, del lavoro e della comunicazione. I mestieri, gli oggetti, i giochi, la cucina diventano così memoria, racconto, tradizione, fantasia, contaminazione e conoscenza dell’altro.
«Tutte ricordiamo quel periodo – ha spiegato la Conte – chi era una bambina, chi un po’ più grande…un tempo che abbiamo vissuto insieme, un centro di aggregazione nella piazza di Barano. Ci accomunavano molti giochi, soprattutto. Abbiamo pensato così di riunirci e creare questa associazione per portare avanti un discorso per noi importante: recuperare la memoria storica e culturale della comunità. Ci siamo rese conto che, una volta finita la nostra generazione, molte cose sarebbero andate perdute. Noi vogliamo invece tutelare le tradizioni, ricordare l’importanza delle nostre radici e farle conoscere ai giovani». In questo recupero delle tradizioni c’è più memoria o nostalgia? «Nostalgia per niente. Viviamo tutte nella modernità e nel nostro tempo. Molte di noi hanno una vita normalissima, un percorso professionale che viviamo in pieno, non rinunceremmo né alla tecnologia né alle comodità di questi anni. Il recupero delle tradizioni serve piuttosto a migliorare il nostro tempo. Senza nostalgia».
L’incontro si è poi concluso nella Sala Congressi dell’Istituto con un momento enogastronomico che ha visto protagonisti gli allievi della scuola e le pietanze più tradizionali della cucina isolana delle feste.20151219_122306 20151219_124719

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