CRONACAPRIMO PIANO

Fabbricato abbattuto, multa annullata

Succede a Serrara Fontana dove un cittadino fu raggiunto da una doppia ordinanza di demolizione nel lontano 2017. L’uomo si era visto applicare anche una multa di 20.000 euro contro la quale si era rivolto al Tar

Doppia ordinanza di demolizione con multa, un cittadino riesce a trovare parziale ragione sul comune di Serrara Fontana. Ma è magra consolazione. L’uomo già in passato si era visto respingere il ricorso contro l’abbattimento del proprio fabbricato. A andiamo con ordine. Nel caso specifico, il TAR Campania, sezione sesta si è pronunciato in tal senso su un ricorso del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da Mario D’Abundo, rappresentato e difeso dall’avvocato Gioacchino Celotti, contro il Comune di Serrara Fontana, non costituito in giudizioper l’annullamento, per quanto riguarda il ricorso introduttivo, dell’ordinanzadi demolizione e ripristino dello stato dei luoghi emanata il 12 dicembre 2017 e per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati dallo stesso D’Abundol’11 novembre 2022, dell’ ordinanza del 16 agosto 2022, con la quale il Responsabile U.T.C del Comune di Serrara Fontana ha ingiunto il pagamento della sanzione amministrativa di 20 mila euro. Relatore all’udienza il dott. Paolo Passoni che acclarato l’obbligo dell’ingiunto ricorrente, quale proprietario, all’immediato ripristino dello stato dei luoghi “mediante il rientro nei grafici allegati alla SCIA delle opere realizzate in difformità e la demolizione ad horas, a proprie cure e spese, delle opere abusivamente realizzati” ha d fatto “annullato” il procedimento successivo. Un atto, formalmente qualificato di “rettifica”, con cui lo stesso Servizio Tecnico ha ingiunto la demolizione ad horas di tutte le opere (stavolta senza limitare il comando ad un rientro conforme a quanto dichiarato con SCIA del 3.6.2016).

Avverso quest’ultima ordinanza (ritenuta dal ricorrente sostitutiva della precedente), il sig. D’Abundo aveva già proposto autonomo ricorso, di recente respinto con sentenza della stessa Sezione del TAR n. 919 dell’8.2.23. Al secondo tentativo di ricorso è andata meglio al D’Abundo che è riuscito a far valere in parte le sue ragioni. In primo luogo, senza alcuna rinuncia ai motivi del gravame introduttivo, quest’ultimo ricorso sarebbe divenuto ormai improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, poiché l’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi del 2017 sarebbe stata oggetto di un successivo intervento di autotutela sostitutiva, ancorché formalmente qualificato di “rettifica”, con il quale il Responsabile del comune di Serrara Fontana avrebbe proceduto “…a una radicale rivalutazione dei presupposti applicativi della misura demolitoria, ampliandone l’estensione oggettiva in senso sfavorevole al ricorrente, al quale non viene (più) ingiunto di rientrare nei grafici assentiti con la procedura della SCIA (come con l’originario provvedimento qui gravato) ma di procedere alla demolizione delle opere tutte e al ripristino dello stato dei luoghi tout court (ordinanza n. 21/2018)”. L’interesse del ricorrente si sarebbe pertanto traslato sulla sanzione economica gravata con motivi aggiunti. Come spiegano gli atti del TAR: “quest’ultima sarebbe illegittima per inesistenza del relativo presupposto, costituito, come si legge nella premessa stessa dell’ordinanza, dalla accertata inottemperanza alla prima ordinanza di demolizione del 2017 che, nelle more, avrebbe perso efficacia per essere stata sostituita da altra del 2018 impugnata con separato ricorso”. Infine “con altre doglianze si deduce l’asserita impossibilità ad eseguire il comando demolitorio in questione (alla cui inottemperanza è seguita la sanzione qui avversata), a causa del pendente sequestro conservativo delle opere da demolire, rilevandosi altresì un difetto di proporzionalità della sanzione stessa, con conseguente richiesta di sollevare questione di costituzionalità della norma che impone nei territori vincolati la misura massima di 20.000 euro”.

Il collegio del Tribunale ha ritenuto di aderire alla lettura processuale sulla (prima) ordinanza demolitoria del 2017 che risulta infatti superatoa seguito di adozione da parte del Comune di altra ordinanza che – nell’ambito dello stesso plesso di opere – ha disposto la totale demolizione dei manufatti senza limitarsi ad un “rientro” nei grafici della SCIA a suo tempo presentata, come invece aveva disposto la prima ordinanza qui in esame (la seconda ordinanza è stata impugnata con autonomo ricorso poi di recente respinto dalla Sezione). Pertanto, non si tratta di un mero intervento di rettifica (così è stato invece formalmente qualificato il secondo provvedimento demolitorio dalla PA procedente), vertendosi in ordine ad una nuova (e più gravosa) disposizione, che scaturisce non già dalla correzione di errori materiali et similia bensì da un ripensamento del Comune sulle misure necessarie a garantire un più integrale ripristino della legalità edilizia”, spiegano i giudici. Passando al vaglio di merito dei motivi aggiunti, diretti ad avversare la sanzione pecuniaria di 20.000, trova condivisione il primo di tali motivi, incentrato sul fatto che tale misura vede la sua esclusiva ragione e il suo esclusivo riferimento nella riscontrata inottemperanza alla prima ordinanza demolitoria del 2017. In questo senso il collegio rileva l’incongruenza e l’approssimazione istruttoria di una sanzione irrogata per il mancato rispetto di un ordine di demolizione da tempo già superato e sostituito da un altro dai nuovi contenuti.

In buona sostanza a parere dei giudici “la sanzione impugnata non presenta alcun cenno alla sopravvenuta ordinanza 21/2018, che purerappresenta l’unica vigente “norma agendi” di ripristino alla quale il destinatario si sarebbe dovuto attenere”. Il ricorso per motivi aggiunti trova pertanto accoglimento per tale ragione, assorbito ogni altro motivo; ne consegue l’annullamento dell’ordinanza 34 del 16.8.2022, con salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’autorità amministrativa. In conclusione, va dichiarata l’improcedibilità del ricorso introduttivo per sopravvenuta carenza di interesse, mentre vanno accolti i motivi aggiunti nei sensi e nei limiti sopra puntualizzati. Le spese di lite sono poste a carico del Comune intimato nella misura indicata in dispositivo nella misura di euro 1.500,00.

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