LE OPINIONI

IL COMMENTO Il silenzio e la voce

DI ANNA DI MEGLIO COPERTINO

Fra poco regnerà il silenzio. La tragedia non farà più notizia. Gli organi di stampa rendiconteranno su altre storie. L’isola tornerà isolata. Forse isolata è rimasta anche in questi giorni sotto i riflettori. Isolamento è soprattutto incomprensione. Dopo l’ultima tragedia, fra i sostegni offerti alla nostra gente, sono comparsi anche quelli di natura psicologica. Il dolore va guardato in faccia e rielaborato, per essere accettato e superato. Quando si soffre, si cerca il conforto di chi sappia capire, per vicinanza affettiva e condivisione di un percorso. Al tempo stesso si percepisce l’isolamento interiore che nasce dall’ io individuale: tu, altro da me, non puoi sapere … Non sai il mio personale strazio, la mia storia di sorrisi e pianti, esperienze e progetti. I giornalisti han reso conto di dati e responsabilità, taluni in maniera equa – un’isola soggetta a vincoli ciechi, destinati in quanto tali a essere infranti dall’aumento demografico, come pure dalle mire speculative di tanti; un territorio non curato e non tutelato innanzitutto dagli enti preposti, con la colpevole disattenzione a realizzare progetti di educazione specifica,a partire dalle scuole, e con il deleterio effetto di ignoranza diffusa circa le caratteristiche del proprio ambiente, talaltro in maniera generica, violenta e irrispettosa, suonata intollerabile in questi giorni di devastazione.

Fra tutto quanto la frana ha travolto, soprattutto feroce è la perdita insostituibile dei nostri concittadini. Subito dopo, le case. Per tanti la casa, oltre che tetto sulla testa, è ancora nido, nucleo affettivo, abbraccio e conforto, luogo di accoglienza, dimora da render bella e somigliante a noi stessi e di cui andar fieri. La casa va assicurata a tutti, come il lavoro. Come la salute. Come l’istruzione. I progetti di vita individuali dovrebbero conciliarsi con quelli, in maniera avveduta, definiti dallo Stato. Viceversa tra le crepe di questo sistema inadeguato prosperano le erbacce di discriminanti sociali e di mere speculazioni. Silenzio. Esiste un silenzio che pesa come un macigno e chiude la porta all’aiuto, all’intervento, al cambiamento, e un silenzio invece necessario, intimo, che nasce dal rispetto e che protegge come una coltre ovattata chi si sente straziato.

In questa settimana il silenzio tollererà solo i tocchi delle campane, che a più riprese saluteranno i nostri morti. Dodici volti che non incontreremo mai più in questo tempo, in questa dimensione precaria che chiamiamo vita. Mi imbarazza persino scriverne, perché sento la rabbia e il dolore di famiglie e amici implorare silenzio. Grande rabbia e grande dignità nel rifiuto da parte loro della presenza formale delle alte istituzioni, civili ed ecclesiastiche. Lasciateci soli nella tragedia di oggi, come soli siamo stati ieri, nella indifferenza e nella assenza di giusta, civile, efficace, “amorevole” cura del nostro habitat! In un Paese, l’Italia tutta, non solo Ischia, in cui le storie e i progetti, le aspirazioni individuali non si sentano adeguatamente tutelate dallo Stato, si diffonde inciviltà, in termini anche di disincanto, cinismo, meschino egoismo e interessato agire. Si smarriscono le radici, le coordinate della nostra storia, le prospettive per un futuro, che oggi chiamiamo sostenibile.

Siamo stati, a Ischia, gente di mare e coltivatori, anche aperti all’artigianato di qualità e all’ arte, agli scambi, commerciali e culturali. Ci siamo portati nel cuore l’incanto della contemplazione dei nostri scenari naturali, l’arguzia, la sagacia, il brio, il saper destreggiarsi, l’ospitalità dei popoli mediterranei. Ci siamo fusi con gente di altri luoghi, che hanno scelto di vivere fra noi e arricchire i nostri giorni. Abbiamo conosciuto il turismo, che in parte ha svolto il filo naturale dell’incontro, anche in termini di crescita lavorativa ed economica, in parte ci ha invece snaturati e involgariti. Il caos e il disordine che assordano le nostre estati, così diversi dal discreto e civile fluire nei nostri borghi di visitatori settembrini, e dall’ eccessivo silenzio degli inverni, sono la spia sonora degli errori commessi. I nostri silenzi, le nostre voci. Possiamo ancora imparare a dosarli per rialzarci e incontrarci e parlarci con coraggio, fino a tracciare percorsi armoniosi di cura della nostra terra e della nostra gente.

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