CRONACA

I cambiamenti nelle aree costiere italiane al centro del report di Legambiente  

Nel Report Spiagge 2023 di Legambiente sianalizza, attraverso una serie di indicatori, il livello di pressione ambientale che le coste italiane stanno vivendo. La situazione non è delle più rosee

Le coste italiane rappresentano una delle cartine di tornasole più importanti, insieme alle aree urbane, per capire quali processi ambientali e di gestione sostenibile stanno avvenendo sul territorio, ma soprattutto per analizzare gli impatti che i cambiamenti climatici stanno già portando. Si tratta infatti di aree al centro dell’hot spot climatico del Mediterraneo e quindi particolarmente vulnerabili e che, in futuro, lo saranno ancor di più a causa dell’innalzamento del livello dei mari. Luoghi dove si sta giocando una partita delicatissima per via di impatti economici e sociali sempre più rilevanti che interessano larga parte delle aree costiere italiane.

Nel Report Spiagge 2023 presentato da Legambiente si rappresenta, attraverso una serie di indicatori, il livello di pressione ambientale che le coste italiane stanno vivendo: gli impatti degli eventi meteo climatici estremi mappati dall’Osservatorio CittàClima di Legambiente, il livello di erosione costiera tra il 2006 ed il 2019 studiato da Ispra, la mappatura delle aree e dei porti inondabili al 2100 effettuata da Enea, il consumo di suolo nei comuni costieri tra 2006 e 2021 ricavato dai dati Ispra, le concessioni del demanio marittimo elaborate da Legambiente su dati del Sistema Informativo del Demanio, la situazione delle acque di balneazione rielaborate a partire dai dati e dalle immagini del Portale Acque del Ministero della Salute. L’insieme di questi dati rappresenta la base per capire in quale situazione si trovano le coste italiane e quali sono i rischi futuri.

Dal 2010 al giugno 2023, secondo l’Osservatorio Città Clima di Legambiente, sono 712 gli eventi meteo estremi, su 1.732 eventi totali, avvenuti in 240 dei 643 comuni costieri (pari al 37,3%). 186 le vittime su un totale di 331 in tutta Italia. Dal 2010 le regioni più colpite sono state la Sicilia, con ben 154 eventi estremi, la Puglia con 96, la Calabria 77 e la Campania 73 (le isole di Ischia e Procida non sono immuni da tali fenomeni). Tra i comuni più colpiti: Bari, con 43 casi, Agrigento con 32, Genova con 27, Palermo e Napoli entrambe con 23 casi e Ancona con 22.  

Preoccupanti anche i dati sull’erosione costiera e sul consumo di suolo: tra il 2006 e il 2019 sono stati modificati 1.771 km di costa naturale bassa su 4.706 km in totale, pari al 37,6% (Dati Ispra). Uno dei problemi è che in Italia si continua ad intervenire con opere come pennelli e barriere frangiflutti, arrivando in totale a ben 10.500 opere rigide lungo le coste italiane, quasi 3 ogni 2 chilometri di costa. Si tratta di opere che artificializzano ulteriormente la linea di costa e che, come provato su molti litorali, modificano inevitabilmente le correnti marine e spostano semplicemente il problema su altri tratti coste. Il consumo di suolo nei comuni costieri italiani è pari ad oltre 420mila ettari al 2021 che corrisponde al 27% del totale di suolo consumato in Italia, con un incremento vicino al 6% rispetto al dato 2006. Rispetto al tema inondazioni, nel nostro Paese sono 40 le aree a maggior rischio (dati Enea), con migliaia di chilometri quadrati di aree costiere che rischiano di essere sommerse dal mare, in uno scenario al 2100 e in assenza di interventi di mitigazione e adattamento. Senza dimenticare il problema dell’inaccessibilità alle spiagge per motivi di illegalità (cancellate e chiusure di spiagge che dovrebbero essere accessibili a tutti, abusivismo edilizio etc.) e quello dove il mare è inquinato e vige il divieto di balneazione: il 7,7% delle coste basse italiane. 

Di fronte a questo quadro sono sette gli interventi che Legambiente chiede al Governo Meloni di mettere in campo:  

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1) Approvare in via definitiva il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (al momento fermo dopo la fase di VAS, Valutazione ambientale strategica) e stanziare le risorse economiche per attuarlo;  

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2) Superare la logica dell’emergenza e degli interventi invasivi con opere rigide per la difesa delle coste dall’erosione, che hanno risolto poco e solo temporaneamente i problemi locali; 

3) Adottare misure di adattamento per ridurre il rischio di inondazioni nelle zone costiere (come, ad esempio, interventi di rinaturalizzazione delle coste, ricostituendo le fasce dunali e zone umide e paludose) affiancando anche sistemi di previsione e di allerta, per informare la popolazione interessata, oltre ad un serio ragionamento sulla delocalizzazione di abitazioni e sistemi produttivi dalle aree più ad alto rischio. 

4) Approvare la legge sullo stop al consumo di suolo che il Paese aspetta da 11 anni. 

5) Garantire il diritto alla libera e gratuita fruizione delle spiagge, definendo un quadro chiaro di obiettivi da rispettare, valido in tutta Italia, con almeno il 50% delle spiagge in ogni Comune lasciato alla libera e gratuita fruizione. E bisogna premiare la qualità dell’offerta nelle spiagge in concessione.  

6) Ristabilire la legalità e fermare il cemento sulle spiagge. Obiettivo quello della tutela delle aree costiere nel loro insieme, includendo il rispetto delle aree naturali ed il divieto assoluto di realizzare qualunque tipo di manufatto sulle spiagge e demolendo quelli illegali. 

7) Rilanciare a livello nazionale e locale la costruzione e l’adeguamento e/o la messa in regola dei sistemi fognari e di depurazione.  

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