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Ordinanza legittima, il Consiglio di Stato dà ragione al Comune

Le contestazioni contro il provvedimento che ingiungeva la demolizione di un manufatto abusivo, già impugnato dinanzi al Tar, sono state respinte anche in appello

Il Consiglio di Stato non ha dubbi: il Comune di Casamicciola ha correttamente deciso relativamente a un manufatto eretto abusivamente. La Sezione Sesta della massima magistratura amministrativa ha infatti respinto il ricorso d’appello inoltrato dalla titolare del manufatto per la riforma della sentenza che il Tar di Napoli aveva emesso, in relazione alla demolizione delle opere abusive. Il verdetto contestato era quello che aveva respinto i ricorsi della signora contro l’ordinanza di demolizione su opere abusivamente realizzate tra la fine degli anni novanta e l’inizio del decennio successivo, e contro il diniego opposto dal dirigente dell’Utc sull’istanza di accertamento di conformità urbanistica. Su quest’ultimo punto, tra l’altro, il Tar aveva precisato che con apposita sentenza nel 2002 si era già pronunciato sul ricorso contro il rigetto della domanda di accertamento di conformità, dunque annullando il vizio di difetto di motivazione. Inoltre, nel respingere le contestazioni, il Tar aveva precisato che il compito di repressione degli abusi edilizi spetta ai dirigenti e non più agli organi politici dell’ente, e aveva ritenuto che non vi fosse alcuna violazione dei principi del giusto procedimento. La proprietaria ha poi fatto appello al Consiglio di Stato, con il Comune di Casamicciola in veste di resistente. Innanzitutto, ella lamentava il fatto che il Tar sarebbe incorso nella mancata pronuncia su punti decisivi della controversia (errore “in iudicando”). Le domande di condono secondo l’appellante sarebbero state da sole sufficienti a sospendere le ordinanze impugnate: ma il Consiglio di Stato è di diverso avviso, in quanto ai sensi degli articoli 32 comma 27 d.l. 269/03 e 33 l.47/85 rubricato “Opere non suscettibili di sanatoria”, le opere abusive non sono suscettibili di sanatoria quando siano in contrasto con i vincoli comportanti inedificabilità e siano stati imposti prima dell’esecuzione delle opere stesse. Il Comune di Casamicciola, scrivono i giudici della Sesta Sezione, è soggetto ad innumerevoli vincoli, espressamente richiamati nell’ordinanza di demolizione: viene infatti dato atto che oltre al vincolo paesistico generico, Casamicciola è sottoposto anche a regime vincolistico del Piano territoriale paesistico dell’isola d’Ischia approvato nel 1999. Dunque il Tar aveva richiamato la normativa che lo stesso ente del Capricho aveva posto a fondamento delle ordinanze impugnate.

Gli altri motivi d’appello lamentavano il mancato rispetto della normativa sul procedimento amministrativo e una carenza di motivazione, cosa che avrebbe dovuto indurre il Tar ad annullare gli atti impugnati. Tuttavia il Consiglio di Stato ha ritenuto infondati tali motivi, perché l’adozione dell’ordinanza di demolizione non è subordinata alla comunicazione di avvio del procedimento prevista dall’articolo 7 della legge 241/1990, e tra l’altro fu lo stesso Consiglio di Stato in una sentenza del 2008 a chiarire il principio che “l’obbligo di previa motivazione di avvio del procedimento non si applica ai provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, considerato il loro carattere doveroso”. Dunque in casi come questo la comunicazione di avvio del procedimento non è necessario in quanto le valutazioni di natura strettamente tecnica contenute nella motivazione dell’ordinanza di demolizione non hanno alcun contenuto discrezionale.

Secondo i giudici della Sesta Sezione, l’ordinanza non necessita di ulteriore motivazione, in quanto è sufficiente l’accertamento dell’abusività

Ulteriore motivo di contestazione era quello secondo cui l’ordinanza difetterebbe di una adeguata motivazione, ma il Consiglio di Stato ha spiegato che l’accertamento tecnico redatto dall’Utc del Comune, richiamato nell’ordinanza, elenca nel dettaglio gli abusi edilizi contestati. D’altra parte, argomentano i giudici, l’ordine di demolizione costituisce attività vincolata del Comune, “essendo preordinato ad accertare il compimento di opere edilizie realizzate senza titolo edilizio”, non necessita di motivazione, in quanto la funzione di tale atto è quella di provocare il tempestivo abbattimento del manufatto abusivo a opera del responsabile, “rendendogli noto che il mancato adeguamento spontaneo determina sanzioni più onerose ..a tale scopo è quindi sufficiente che l’atto indichi il tipo di sanzione che la legge collega all’abuso, senza puntualizzare le aree eventualmente destinate a passare nel patrimonio comunale”. I giudici hanno condiviso il consolidato orientamento giurisprudenziale della massima magistratura amministrativa, affermando che “presupposto per l’adozione dell’ordine di demolizione di opere edilizie abusive è soltanto la constatata realizzazione di esse in assenza o in difformità della concessione, con la conseguenza che, nella sussistenza di tale presupposto, il provvedimento costituisce atto dovuto ed è sufficientemente motivato con l’accertamento dell’abusività del manufatto, essendo “in re ipsa” l’interesse pubblico alla sua rimozione, anche quando la sanzione sia adottata a distanza di anni dalla realizzazione dell’abuso”. Di conseguenza, l’appello è stato respinto.

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