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Truffa e falso in atto pubblico, il tribunale di Roma assolve Daniele Trofa

di Francesco Castaldi

ISCHIA – Ieri mattina, presso la sesta sezione penale del Tribunale di Roma, è stato assolto con formula piena l’avvocato e consigliere comunale di Serrara Fontana Daniele Trofa, difeso dal proprio legale di fiducia Francesco Pero, che ha smontato pezzo per pezzo tutte le accuse mosse al suo collega e amico, dimostrando che si trattava di accuse false e temerarie. Lo stesso pubblico ministero, ritornando sui suoi passi, ha avanzato richiesta di assoluzione ex art.530 comma secondo, cioè con la formula dubitativa per carenza di prove, ma il Tribunale, esaminando le prove raccolte dalla difesa e all’esito della discussione lucida e pungente dell’avvocato Pero, dopo una breve camera di consiglio non ha avuto alcun dubbio e ha assolto Daniele Trofa  con la formula più ampia, perché il fatto non sussiste. Il Tribunale, a riprova della totale infondatezza delle accuse, ha addirittura condannato la querelante Maria Cristina Galano, difesa dall’avvocato Giuseppe di Meglio (che aveva delegato per tale udienza il collega Feriozzi), al pagamento delle spese processuali avanzate dallo Stato, nonché al pagamento delle spese legali sostenute dall’imputato Daniele Trofa. Il Tribunale si è riservato sessanta giorni per il deposito delle motivazioni.

L’avvocato Trofa era imputato di tre gravi delitti, due di falso in atto pubblico e uno di truffa, reati per i quali rischiava una pena massima di oltre quindici anni di carcere, trattandosi di due reati relativi al falso in atto pubblico, punito ex art.476 c.p. dai tre ai dieci anni di carcere, per il capo di imputazione di cui alla lettera a) per avere indotto il Giudice di pace, pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni a formare un atto pubblico falso, il verbale di udienza, facente fede fino a querela di falso;  per il capo b) invece era contestato l’art.476 e l’art.482 c.p. che prevede, per il falso materiale in atto pubblico, sempre una pena da tre a dieci anni ma con una riduzione di un terzo della pena trattandosi invece in questo caso del privato, che avrebbe redatto l’atto falso. Al capo c) invece era contestata la truffa aggravata punita da uno a cinque anni.

E invece, dal processo è emerso che le accuse mosse dalla Galano erano completamente infondate. È stato innanzitutto ascoltato come testimone il Giudice di pace di Ischia Carro – persona offesa dal reato – che ha confermato di ricordare benissimo la causa per la sua peculiarità, e di avere personalmente proceduto a identificare la testimone con documento  in originale e di averla ascoltata di persona perché la causa era contumaciale. Il dottor Carro però, su precisa domanda del Tribunale, non ha riconosciuto la signora Galano presente in aula, e ciò ha complicato e non poco il lavoro della difesa.

La difesa del Trofa ha prodotto l’attestazione dell’ufficiale giudiziario di Ischia che attestava l’esistenza delle notifiche dell’intimazione a testimoni notificate alla Galano per la causa innanzi al Giudice di pace. Una di queste era stata notificata di persona alla Galano, smentendo dunque la versione della sua mancata conoscenza del processo. Altresì l’altra citazione a testi, oggetto di imputazione, risultava notificata ad Amitrano Nicola, dipendente incaricato alla ricezione degli atti, e giammai al marito della Galano. Entrambe le citazioni a testi sono state esibite in originale dalla difesa del Trofa a riprova dell’infondatezza delle accuse. Il teste della difesa, incalzato dalle domande del pm della parte civile e del Tribunale, ha confermato che la Galano, da lui conosciuta personalmente, si era invece recata quel giorno presso l’ex Pretura di Ischia a rendere testimonianza innanzi al Giudice di pace Carro e all’avvocato Trofa.

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L’avvocato Pero, nella sua discussione, ha duramente criticato le conclusioni del pm (che chiedeva l’assoluzione con formula dubitativa), nonché le gravi carenze delle indagini che, laddove compiutamente svolte, avrebbero invece portato all’immediata archiviazione, e ha rimarcato al Tribunale il diritto del Trofa, e di qualunque altro imputato, ad essere assolto con formula piena, lasciando intendere che in caso contrario avrebbe proposto appello alla sentenza di assoluzione con formula dubitativa. Ha inoltre riferito al Tribunale di volere rinunciare «da qui all’eternità» alla prescrizione per il reato di truffa. «Signor Giudice – ha tuonato l’avvocato Pero –il mio amico Daniele, l’uomo, il padre, l’avvocato, il consigliere comunale, ha diritto che venga riabilitato il suo nome e il suo onore, oltremodo infangato, e io chiedo giustizia senza alcuna ombra».

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Pero ha poi riservato la stoccata finale alla perizia grafologica di parte. «Si tratta di un parere pro veritate e non di una perizia. Il Tribunale non potrà mai assumerne il contenuto nella motivazione della sentenza, stante il divieto imposto dall’art 191 c.p.p., poiché è un atto inutilizzabile, giacché la dottoressa Cinque non è stata mai indicata quale teste d’accusa o perito della parte civile. Inoltre denuncio al Tribunale che tale parere pro veritate va contro tutte le emergenze processuali. Infatti, non è stato redatto nella forma della perizia giurata, e ciò all’evidente fine di non assumersi responsabilità penali più gravi. Nel metodo non si è mai visto al mondo esaminare una firma in fotocopia. La stessa dottoressa Cinque, inoltre, non riferisce mai e comunque , contrariamente a quanto sostenuto in querela dalla Galano, che la firma sul verbale d’ udienza corrisponda alla grafia dell’avvocato Daniele Trofa, pur portata in comparazione tra i vari verbali di udienza».

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