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«Con Pasquale tra le braccia ho visto la vita che prende il sopravvento sulla morte»

di Isabella Puca

Ischia – Il suo volto è ritratto in una delle foto che ha fatto il giro del mondo. Il  protagonista è il piccolo di 7 mesi Pasquale, il primo dei tre bambini a essere tirato fuori dalle macerie; un vero e proprio simbolo di speranza, di una città, quella di Casamicciola che vuole tornare a vivere nonostante il sisma abbia buttato a terra alcune palazzine storiche del Maio e de La Rita. A stringere tra le braccia il piccolo Pasquale è Mario Aloi, classe ’81, ischitano, è medico-anestesista dell’ospedale San Severo di Foggia e ha un incarico temporaneo presso l’Asl Napoli 2 Nord, nel nostro Ospedale. Dopo due giorni dal sisma le emozioni vissute sono ancora vive nella sua voce, «è stato un momento molto toccante,- ci racconta – non sono bravo a descriverlo. La sera del sisma avevo finito da poco il mio turno. Quando c’è stata la scossa ero in auto per tornare a casa; il tempo di capire che era una cosa seria e sono tornato indietro in ospedale mettendomi a disposizione». Lì al Rizzoli erano tanti i medici, alcuni erano in vacanza qui sull’isola, e hanno subito offerto il loro aiuto, «all’ospedale la situazione era tranquilla, c’era molto personale e quattro rianimatori pronti. L’ afflusso era contenuto, i feriti arrivavano un po’ per volta. Quando ho sentito che c’erano delle persone sotto le macerie, dopo aver parlato con il dott. Di Gennaro ho deciso di andare nella zona più colpita con il 118, le mie professionalità potevano essere più utili lì sopra». Arrivato a Casamicciola lo scenario che si è aperto agli occhi del dott. Aloi era di quelli che non si dimenticano facilmente. La sua gente era in difficoltà, un’intera zona di uno dei suoi comuni completamente rasa al suolo. «Il primo impatto mi ha atterrito. Un conto è sapere che c’è stato un terremoto e un conto è entrarci dentro. L’ ho vissuto per la prima volta, nell’80 non ero nato, e vedere tutti quei calcinacci la chiesa mezza caduta e la palazzina sventrata con all’interno delle persone incastrate è stato abbastanza pesante». Lo sgomento ha fatto subito spazio al coraggio, bisognava darsi da fare ed essere pronti a tutto. «La situazione sembrava non risolversi mai, i Vigili del Fuoco spostavano le macerie con le mani, poi con un flex e ancora con mazzola e scalpello. Abbiamo estratto prima le due persone adulte, poi l’anziana signora e c’è voluto molto tempo per tirare fuori il papà dei bambini. Quando ormai erano rimasti solo loro è sceso un silenzio tombale, i Vigili chiedevano silenzio per comunicare con i bimbi. Ho visto tanta solidarietà, la gente con le case lì intorno che hanno perso tutto si sono messi a disposizione nell’offrire acqua, vettovaglie e coperte perché ha iniziato a far freddo per chi non era attrezzato».  Un forte applauso e delle grida di liberazione hanno accompagnato la visione del piccolo Pasquale che, appena tratto in salvo, è stato preso dalle braccia del dott. Aloi. Qualcuno ha immortalato il momento e la foto ha fatto immediatamente il giro del mondo. «Chiaramente, quando abbiamo tirato fuori il piccoletto, è stato bellissimo, ma io ho ricevuto una fama immeritata, i veri eroi  sono i Vigili del fuoco. Scavare a mani nude, calarsi nelle macerie pur sapendo che può crollare tutto se solo sposti la pietra sbagliata e puoi morire a tua volta, beh credo ci voglia davvero tanto coraggio. Gli eroi veri sono loro, io ho dovuto fare poco; da rianimatore gestisco solo pazienti gravissimi e i bimbi stavano bene, il mio aiuto non è stato necessario». “Ho visto la bellezza dell’umanità“, è stata questa la prima dichiarazione del giovane medico ischitano all’indomani del sisma, «quando ho preso il piccoletto tra le mie braccia ho avuto la sensazione della vita che prende il sopravvento sulla morte, di una speranza che si avvera. Per il lavoro che faccio ho affrontato la morte a viso aperto diverse volte, sono quasi cinico a confronto, ma quando riesci a salvare una vita ti rendi conto di aver fatto qualcosa d’importante. Quando abbiamo tirato fuori dalle macerie il papà dei bambini si lamentava molto del dolore, è rimasto incastrato ore e ore eppure, era impossibile immobilizzarlo sulla tavola spinale. Si alzava e l’unica cosa che pensava era salvare i suoi figli».

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