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Pensieri in libertà

di GAETANO FERRANDINO

Alle volte  anche dalle osservazioni più banali possono venir fuori significative riflessioni. Non ricordo bene quando, ne chi (ma ha poca importanza, non me ne voglia l’interessato), ma qualche tempo fa – riferendosi al modo tutt’altro che “ortodosso” di noi ischitani di metterci alla guida sia di autoveicoli che di motocicli – qualcuno ebbe modo di dirmi con assoluto disincanto: “Su quest’isola si corre, si corre sempre, in maniera esagerata, ma la cosa più allucinante è che lo si fa per non andare da nessuna parte”. Concetto elementare, eppure terribilmente efficace. In effetti ad Ischia abbiamo sempre fretta, vittime di uno stress (???) che è tipico delle peggiori metropoli. Ormai gli automobilisti, quando si fermano sulle strisce pedonali per far attraversare qualcuno, hanno l’obbligo di mettere la mano fuori dal finestrino ed intimare l’alt al motorino che arriva sfrecciando, incurante del fatto che se tu sei fermo un motivo ci sarà pure. Così come chi guida i mezzi a due ruote si muove nella più totale anarchia, l’ultima moda in ordine di tempo vuole la circolazione sui marciapiedi che vengono utilizzati come estemporanea corsia preferenziale. Eppure, se ci pensate bene, l’osservazione del mio dimenticato interlocutore non è del tutto campata per aria.

Se ad esempio in città o sulla tangenziale o in autostrada, pur avendo l’obbligo di mantenere velocità e distanze di sicurezza, spesso ci facciamo prendere dalla foga e pigiamo sull’acceleratore, non lo si giustifica ma sforzandosi lo si può pure capire: sulle lunghe, lunghissime distanze, anche guadagnare un’ora può fare comodo. Ma il problema ad Ischia è opposto: per quanto si voglia correre, al massimo si ha la necessità di arrivare da un capo all’altro dell’isola, e quindi parleremmo del nulla. Eppure non abbiamo pazienza, vorremmo la strada solo per noi, siamo capaci di “abboffare” di colpi di clacson anche chi davanti a noi si muove non certo a ritmo di lumaca. Ed i risultati, sono davanti agli occhi di tutti. Se – dopo aver lasciato un bel mucchio di vite sull’asfalto negli ultimi tre anni (con una media che va pericolosamente e vertiginosamente aumentando) – continuano a succederne di tutti i colori ed addirittura registriamo il poco invidiabile primato di quattro incidenti stradali decisamente seri nello spazio di quattro giorni, vuol dire che siamo davvero entrati in un vortice senza ritorno. C’è qualcosa che non va, ma in fondo questo lo avevamo già capito, il problema è che non ci va di trovare soluzioni valide. O forse, pur volendo, non possiamo perchè se un territorio così circoscritto “scoppia” di auto e motoveicoli davvero non esiste ricetta per guarire il malato, se non quella di cominciare ad usare i mezzi pubblici (se ce ne fossero) o le nostre gambe per muoverci.

 

E allora, piaccia o meno, inutile trastullarci con le solite considerazioni del giorno dopo, sperando che un corpo che giace senza vita sull’asfalto, come troppo spesso accaduto in un recente passato, possa servire quantomeno da monito o esempio. Non è accaduto, figuriamoci se può farlo qualche “tozza tozza” che lascia i presenti con un pò di timore e pathos e scatena un pò di vacuo chiacchiericcio su Facebook. Siamo diventati sordi, non sappiamo più ascoltare, perché di tragici campanelli d’allarme ne sono suonati tanti, pure troppi. Ed allora corriamo, corriamo: già, ma per andare dove?

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gaetanoferrandino@gmail.com

 

 

 

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