Per la Caremar il referendum dei lavoratori non è valido

di Marco Gaudini
ISCHIA – Non si placano le polemiche sul versante dei trasporti marittimi, tra la società di navigazione Caremar ed il Sindacato Or.S.A. Marittimi. Questa volta, il “botta e risposta” è per corrispondenza, con oggetto il referendum consultivo che i lavoratori hanno messo in campo lo scorso 29 e 30 marzo. Infatti proprio nei giorni scorsi, su richiesta dei lavoratori, si era tenuto un referendum consultativo sull’accordo disecondo livello siglato il 23 febbraio 2016 dai sindacati della triplice CGIL, CISL e UIL, dall’UGL e dall’USLAC/UNCDIM. L’esito della consultazione fu plebiscitario con più di 150 “SI” a favore della revisione dell’accordo, previa sospensione.
La società Caremar Spa ha ricevuto in questi giorni tutta la documentazione relativa a quella votazione ed ha formulato una risposta moto forte: il voto non è riconosciuto valido. Con una nota quindi la società ha in soldoni asserito che questa consultazione messa in atto è priva di ogni fondamento e pertanto non ha alcun valore.
“A mezzo di posta certificata – scrive la Caremar – abbiamo ricevuto da tale Signor Panariello Michele non meglio identificato, sedicente “presidente” di una sedicente “commissione scrutinatrice”, una comunicazione con acclusa la copia di un verbale riportante l’esito del un “referendum” che si sarebbe svolto il 29 ed il 30 marzo 2016 per l’abrogazione del contratto di secondo livello del 23 febbraio 2016”. In merito osserviamo che, se si trattasse di quanto tempo addietro annunciato dal sindacato Or.S.A. Marittimi, già avemmo modo di esprimere a detta Organizzazione il nostro punto di vista circa la totale invalidità ed inefficacia dell’annunciato “referendum abrogativo” con una lettera datata 24/3/2016. A commento della comunicazione ricevuta possiamo invece osservare che il firmatario della comunicazione non riveste alcun ruolo che sia riconosciuto o riconoscibile da parte della scrivente. Egli è quindi un privato cittadino che ci ha messo al corrente di un’attività da lui privatamente svolta senza alcuna implicazione che possa investire la Società Caremar. Di conseguenza la scrivente, ignorando generalità ed indirizzo del mittente, si rammarica di non essere nelle condizioni di restituirgli la comunicazione stante la sua inutilità. In tale occasione peraltro gli sarebbe stato fatto garbatamente presente di evitare per il futuro di adoperare il canale della posta elettronica certificata della Società per insignificanti ed inconcludenti comunicazioni. Infine, viste le premesse e la rilevanza assolutamente privata della vicenda, appare assai discutibile coinvolgere Pubbliche Autorità come la Prefettura e la Procura della Repubblica.” Parole durissime, che denotano ormai la chiara e netta volontà della società di non voler alcun dialogo con i lavoratori che stanno protestando. Ma denotano, ed è giusto evidenziarlo anche delle contraddizioni, infatti, appare strano che la Caremar non conosca le generalità nonché i dati di un suo dipendente, quale è il Signor Panariello Michele. Detto questo, la compagnia rincara la dose scrivendo: “Siamo quindi costretti a ribadire – ha affermato la Caremar nella sua nota del 24 marzo 2016 – che ai sensi dell’articolo 19 della legge 300/1979. pur’anche dopo la sua riforma dovuta alla sentenza della corte costituzionale del 2013, Codesta Organizzazione non ha e non può ottenere il riconoscimento di una Rappresentanza Sindacale “costituita” in Caremar e dunque non ha poteri di interdizione dei contratti collettivi di lavoro e/o degli accordi sindacali aziendali.” “Infatti, in assenza di norme giuridiche – sottolinea la Caremar – le uniche regole che disciplinano le modalità e le procedure con cui le organizzazioni sindacali, stipulanti i contratti collettivi/accordi aziendali a favore dei lavoratori, possono operare per la verifica e l’approvazione/disapprovazione delle intese raggiunte nel corso dei negoziati sono esclusivamente contenute, per quel che riguarda la nostra Società in quanto aderente a Fedarlinea – Confcommercio, nell’accordo interconfederale del 26/1 1/2015. Quindi, non esistendo alcuna altra fonte di diritto che regoli la materia, dette procedure sono esercitabili dai titolari sindacali del menzionato accordo interconfederale. E, per quanto ufficialmente e formalmente attestato la procedura di consultazione è stata regolarmente attuata. Di conseguenza poiché anche in questo caso la Vostra Organizzazione non risulta firmataria di detto protocollo interconfederale né direttamente né per successiva adesione, Essa non ha titolo alcuno né a richiedere né tanto meno ad effettuare qualsivoglia tipo di consultazione nei luoghi di lavoro deputati. Pertanto l’esercizio di pratiche accertative, che restano nella Vostra libera determinazione, eventualmente svolte in un contesto ed in una sede che restano assolutamente di “ambito privato” sono comunque destinate a non sortire alcun effetto che possa considerarsi minimamente vincolante per la nostra Azienda.”
Nervi molto tesi, quindi, che non facilitano le risoluzione delle problematiche, e che hanno indotto, Nicola Lamonica, presidente dell’Autmare, a “condannare” il comportamento della società che a suo dire è «arrogante e poco costruttivo. In questo modo – ha aggiunto Lamonica, non è possibile avviare un dialogo, né provare a risolvere le legittime questioni poste dai lavoratori, in ordine anzitutto al rispetto dei diritti e della sicurezza».


