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Riflessioni – Cercare noi stessi

Noi tutti, nel corso della nostra vita dobbiamo cercare la nostra strada professionale, artistica. A volte essa ci appare chiara fin da ragazzi, altre volte, invece, la troviamo solo molto tardi, dopo innumerevoli tentativi.

Dipende dalle nostre qualità, dall’ambiente in cui viviamo, dalle possibilità che ci offre le vita, dallo sviluppo tecnico.

Però, in ogni epoca storica, in ogni ambiente sociale, in Europa come in Africa, siamo sempre noi, singoli individui, che dobbiamo trovare la specialissima strada a cui siamo più portati.

Io non penso ad un destino. Piuttosto ad una corrispondenza fra noi eil mondo. Come una predisposizione, una affinità, una chiamata. Perché ciascuno di noi è assolutamente unico ed ha nel mondo un suo posto specifico, un suo compito inconfondibile.

Ma quale? Proviamo in una direzione, l’abbandoniamo, cerchiamo in un’altra. Studiamo che cosa ci offre le migliori opportunità. Ma non possiamo solo guardare all’eterno e scegliere quella più promettente. Se io sono uno studioso, la mia strada è la ricerca, la scoperta di nuovi fenomeni. Se sono un artigiano la mia strada è fare oggetti stupendi. Se sono un insegnante il mio compito è arricchire, far sbocciare la mente dei miei allievi. Però vedo attorno a me personaggi dello spettacolo, calciatori famosi, cantanti celebri, politici potenti, ricchi imprenditori. Cosa devo fare? Cercare di diventare come loro?

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C’è gente che si lascia guidare dall’invidia. Guarda affascinata tutti coloro che hanno fatto fortuna, che hanno raggiunto il successo e vorrebbe essere come loro. E’ una strada pericolosa.

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L’invidioso si identifica completamente con l’altro. Entra nella sua pelle, desidera essere esattamente come lui, fare le stesse cose, in sostanza diventare l’altro. Se seguiamo questa strada perdiamo noi stessi. Finiamo per non sapere più chi siamo e che cosa vogliamo. Vaghiamo come banderuole e non arriviamo da nessuna parte.

Non dobbiamo lasciarci affascinare da ciò che fanno gli altri, dal successo degli altri. Questo successo può essere uno stimolo, una indicazione, mai una meta. Imitare gli altri ci può essere utile in un certo momento per capire che cosa è più adatto a noi. Come l’artista che copia le opere dei grandi maestri per impadronirsi della tecnica e carpirne i segreti. Ma poi deve individuare la parte più vera ed inespressa di se stesso, deve dimenticare il maestro e realizzare il proprio inconfondibile stile. Il nostro compito fondamentale è diventare pienamente ciò che siamo.

Per riconoscere la misteriosa guida alla nostra vocazione profonda dobbiamo ascoltare altri segnali. Segnali che il nostro mondo interno ci manda come un radiofaro che guida l’aereo lungo la sua rotta. Se ce ne allontaniamo troppo, proviamo un oscuro senso di disagio morale, sentiamo che stiamo sbagliando. E’ come se una energia che ci sosteneva venisse meno. E se non riusciamo a cogliere questi segnali, se per presunzione li ignoriamo, rischiamo di smarrire la rotta.

Quali sono questi segnali positivi? Possiamo dare solo qualche esempio. Uno è questo. A volte incontriamo delle persone che sono come noi vorremmo o potremmo diventare. E, conoscendole, anziché provare invidia restiamo come incantati e presi da una religiosa ammirazione.

Altre volte, visitando una città, un laboratorio, una accademia, abbiamo l’impressione che quella sia la nostra casa. Ma, poiché non siamo ancora giunti alla meta, proviamo anche un sentimento di struggimento e di nostalgia. Lo descrive molto bene Andersen nel celebre racconto, quando il brutto anatroccolo vede i maestosi cigni. Lui non sa di essere un cigno, ma,.osservandoli, coglie qualcosa che lo affascina, lo stupisce o lo commuove. In loro oscuramente percepisce la sua natura e il suo destino.

 

 

 

 

 

 

 

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