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Petrol Car, Coppola: «Io truffato da Pinto». E il caso finisce in Procura

Nella denuncia querela depositata in Procura Alberto Coppola esordisce scrivendo: “Sono stato socio accomandante fino al 30 maggio 2017 della società Petrol Car sas di Ambrosino Raimondo & C. con sede in Ischia alla via Arenella n. 22. La compagine sociale era così composta: il 45 per cento delle quote corrispondente al capitale sociale di mia proprietà, il restante 55 per cento di proprietà della società Ambrosino srl, mentre la rappresentanza legale era affidata al socio accomandatario d’opera, Ambrosino Raimondo. Oggetto sociale della Petrol Car sas è il trasporto su strada di merci in conto terzi con particolare riferimento al gasolio e agli oli minerali. L’attività predetta era già svolta dal mio defunto padre ancora prima degli anni ottanta, sempre in collaborazione con la famiglia Ambrosino di Ischia con i quali intercorreva un’amicizia fin da giovani. Nel 1987 gli stessi decisero di costituire la Petrol Car sas e mio padre, già anziano, mi diede la possibilità di entrare nella società e crearmi un’attività mia. Tale attività si è allargata col passare del tempo nel settore del trasporto di benzina, contemporaneamente si espandeva anche la figura di Antonio Pinto, il quale da ragioniere della famiglia Ambrosino è diventato rappresentante legale del gruppo Ambrosino e gestore di fatto della Petrol Car sas (nonostante nel tempo mi avesse fatto credere di avere una procura speciale rilasciata da Raimondo Ambrosino, approfittando della mia fiducia riposta nella famiglia Ambrosino, procura solo millantata, perché ho poi scoperto che nella Petrol Car sas non risulta mai aver avuto poteri gestionali”. Un primo significativo passaggio, questo, attraverso il quale il Coppola racconta come ci fosse un’ingerenza nell’azienda da parte di Pinto senza che lo stesso ne avesse assolutamente alcun titolo o diritto.

“L’INTERDITTIVA ANTIMAFIA E LE PRESSIONI DI ANTONIO PINTO”

Poi il racconto prosegue: “Le cose sono proseguite senza particolari problemi fino alla primavera del corrente anno, quando la società Ambrosino srl (socio accomandante al 55 per cento della Petrol Car sas) nel richiedere il certificato antimafia alla Prefettura di Napoli per il rinnovo della sua iscrizione nella White List, si è vista notificare in data 22 maggio 2017 una interdittiva antimafia, fondata su alcuni controlli effettuati sulla mia persona. Da quel momento ho iniziato a ricevere forti pressioni, da parte del sig. Pinto Antonio, il quale mi ha vessato psicologicamente accusandomi di essere la causa della revoca da parte dell’Eni del contratto di comodato per il distributore di benzina che la Ambrosino gestisce in via Iasolino località Pagoda ad Ischia, riferendomi che nei giorni immediatamente successivi alla notifica dell’interdittiva da parte della Prefettura, l’Eni aveva fatto pervenire notifica della revoca, con l’immediata chiusura dell’impianto, e che inoltre sarebbe stato costretto a licenziare tutti gli autisti della Petrol Car a meno che non si fosse trovata una soluzione immediata”.

“LA CESSIONE FITTIZIA DELLE QUOTE, L’INGANNO DEL PINTO”

“Lo stress psicologico a cui sono stato sottoposto in quei giorni – prosegue Coppola nella sua denuncia – dato il clamore che la vicenda ha suscitato nell’ambiente, il timore di perdere quello che ho costruito fino ad oggi, oltre che preoccupato per la sorte degli autisti, per la maggior parte amici e parenti, mi ha fatto cadere nell’inganno di Antonio Pinto, il quale come soluzione mi ha proposto una cessione delle mie quote fittizie, in attesa di ottenere la sospensiva del provvedimento della Prefettura da parte del Tar, con la promessa di cedermele nuovamente appena il Tar ci avrebbe dato ragione. Le minacce di licenziare gli autisti, la pressione psicologica di Pinto che mi ha fatto avvicinare, con insistenza, anche da altre conoscenze comuni per convincermi, la rassicurazione del Pinto nel ridarmi le quote, mi hanno spinto nel giro di poco meno di sette giorni dalla notifica della Prefettura, ad acconsentire alla firma dell’atto notarile di cessione delle quote al valore nominale. E quando nello studio del notaio ho notato che nell’atto vi era scritto ‘per il prezzo di euro 4.183,10 e cioè al valore nominale. Detto corrispettivo è stato già versato a mezzo di riserva interna tra le parti, per il cui il cedente accusa ricevuta del pagamento del prezzo e rilascia quietanza dell’intero corrispettivo pattuito’, alla mia richiesta il Pinto mi ha risposto testualmente: ‘Non ti preoccupare tanto questo atto è tutto per finta, tra qualche giorno torniamo di nuovo dal notaio e ti riprendi le tue quote’. Intanto l’udienza di discussione al Tar era stata fissata per il 5 luglio 2017, all’esito della quale l’Ambrosino srl ha ottenuto: 1) la sospensiva del provvedimento interdittivo antimafia; 2) l’Eni non aveva mai chiuso l’impianto di località Pagoda, ma alla mia richiesta di rientrare in società il Pinto mi ha risposto con un secco no”.

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“UN PIANO STUDIATO A TAVOLINO PER FARMI FUORI”

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A questo punto, nella sua querela, Coppola adombra in maniera ancora più decisa e concreta l’ipotesi della trama ordita ai suoi danni scrivendo: “Ho poi di seguito scoperto che in realtà tra la data in cui siamo andati dal notato e l’udienza di discussione del ricorso al Tar, il medesimo (Pinto, ndr) aveva già predisposto di chiudere la Petrol Car sas, notizia già a conoscenza degli autisti, infatti poco dopo sono seguite le lettere di licenziamento a tutti. Intanto io, riacquistata un po’ di lucidità menale, dopo il vortice di stress e fretta in cui mi aveva catapultato Pinto, essendo rimasto fuori la società e senza garanzia alcune per la liquidazione della mia quota, verso il 15 giugno mi sono rivolto al mio legale di fiducia, in primis per verificare la fondatezza dei controlli elencati nell’interdittiva antimafia e capirci un po’ di più, visto che ormai per tutti io ero quello che frequentava i ‘camorristi’ e da tenere lontano. Quest’ultima circostanza, preciso purtroppo, che ha avuto ripercussioni anche sulle mie due figlie, Silvia e Roberta, che con una serie di scuse accampate dai soci uffiiciali e quelli occulti, furono ‘invitate’ a cedere le quote di loro proprietà nella società Fuel Mar srl, nella settimana immediatamente successiva alla mia uscita dalla Petrol Car sas. La velocità con cui tutto questo era accaduto, le forti pressioni psicologiche e al tempo stesso le false rassicurazioni di Pinto, hanno fatto sì che sotto l’effetto della mortificazione, io firmassi l’asso di cessione delle quote senza in realtà volerlo”.

QUEI DATI SENSIBILI E L’INTERDITTIVA… A SCOPPIO RITARDATO

Fermo restando, e per verità di informazione ci piace sottolinearlo a scanso di equivoci, che quella di Alberto Coppola – per quanto frutto di una denuncia querela – è comunque una versione di parte, proseguiamo con il racconto dell’ex socio della Petrol Car che prosegue: “Preso da mille dubbi e pieno di perplessità, con il mio avvocato abbiamo deciso di approfondire la vicenda ed eventualmente dare le opportune spiegazioni a chi di dovere. A questo fine abbiamo presentato un’istanza di accesso alla banca dati CED presso il Ministero dell’Interno (dipartimento di pubblica sicurezza) per avere conferma dei dati contenuti nell’interdittiva antimafia e con l’intento di avviare un contradditorio con il suddetto dipartimento di pubblica sicurezza, ma la risposta che perviene mi ha lasciato spiazzato, perché con nota datata 4 luglio 2017 mi è stato comunicato che ‘nulla risulta iscritto suscettibile di comunicazione’. Una risposta che aumenta le mie perplessità, in quanto a me come diretto interessato non vengono comunicati mentre alla Prefettura o chi per esso è riuscito ad ottenere dati addirittura risalenti al 2006, quindi non si capisce perché la Prefettura solo nel corrente anno impedisce alla Ambrosino srl di ottenere il certificato antimafia e non accade lo stesso anche per gli anni precedenti, ciò può essere giustificato solo da una utilizzazione dei miei dati in violazione delle disposizioni di legge, e da un intento fraudolento da parte dei soggetti interessati a truffarmi”.

“MESI AD ATTENDERE IL SALDO DEGLI UTILI MAI ARRIVATO”

Ma la storia non finisce qui. La versione di Alberto Coppola contenuta sempre nella denuncia presentata all’autorità giudiziaria, si arricchisce di ulteriori particolari: “Dopo il 5 luglio 2017, il sig. Pinto nel tentativo ulteriore di raggirarmi, e onde evitare che io potessi agire giudizialmente in quanto in più occasioni avevo palesato questa mia volontà sentendomi da lui truffato, ha contattato il mio avvocato dimostrandosi disponibile ad un accordo economico nel rispetto reale del valore della mia quota societaria, proponendo di partire dalla divisione delle autocisterne di proprietà della Petrol car sas. Ha in un primo momento specificato una divisione equa salvo poi cambiare versione. Il parco macchine della Petrol car era composto in quel momento dai seguenti automezzi (… omissis, seguono numeri di targa, ndr). Dopo aver trovato un accordo sulle autocisterne al termine di una trattativa durata alcune settimane, ritardo causato dal continuo ostruzionismo del Pinto del tutto in cattiva fede, io, convinto di non dover corrisponderne il prezzo delle autocisterne, eventualmente da considerarsi quale acconto sulle maggiori somme da avere, quest’ultimo ha fatto pervenire al mio avvocato una mail in cui chiarisce che tali cisterne, al contrario, avrei dovuto pagarle. Sono seguiti altri giorni di trattative, ma purtroppo la necessità di ricominciare una nuova attività anche insieme alle mie figlie – fatte fuori dalla Fuelmar – e la continua minaccia di non darmi niente da parte del Pinto, hanno fatto sì che io fossi costretto ad accettare. Alla mia richiesta, poi, di ottenere il saldo degli utili che mi spettavano e di poter visionare la bozza di bilancio di liquidazione, lo stesso non ha fatto altro che guadagnare tempo. Le trattative sono seguite per alcune settimane ancora, ma senza esito. Inoltre ad oggi, nonostante ulteriori tentativi di ottenere quanto mi spetta, né il Pinto Antonio né Ambrosino Raimondo hanno provveduto a liquidarmi il saldo degli utili maturati al 30 maggio 2017, facendomi riversare in una situazione critica per l’avvio di una nuova attività per conto mio”.

I REATI CONTESTATI: TRUFFA E APPROPRIAZIONE INDEBITA

Si passa così alla parte finale della querela, quella nella quale Coppola chiede conto del torto subito. “Tanto premesso – scrive – io sottoscritto denuncio i fatti sovra esposti e querelo Ambrosino Raimondo e Pinto Antonio e tutti coloro ritenuti responsabili per i reati di cui agli artt. 640 e 646 del codice penale”. Per la cronaca, trattasi di truffa e appropriazione indebita. Poi il denunciante prosegue e conclude chiedendo “la punizione dei colpevoli e si riserva di costituirsi parte civile per il risarcimento di tutti i danni, morali e materiali e si oppone sin d’ora all’emissione di decreti penali di condanna a carico delle persone ritenute responsabili”.

Gaetano Ferrandino

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