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Pini a via Borbonica: è conto alla rovescia?

Gianluca Castagna | Forio – Ormai sono diventati l’ossessione di ogni amministrazione comunale. Il nemico numero uno di chi ama sfrecciare sull’asfalto senza ostacoli o limiti di sorta (compresa la velocità). Il pino marittimo, che pure caratterizza la nostra isola, e fa(ceva) da sfondo a foto ricordo, cartoline e brochure incantatrici alle fiere di mezza Europa, accende gli animi ambientalisti solo se minacciato da batteri killer. Ma se a decretarne la morte è la motosega del comune, tutti si limitano a un rassegnato silenzio. E’ quello che sta accadendo, e accadrà in questi giorni, a Forio, su via Baiola, quando – dopo le transenne dei mesi scorsi – bisognerà assistere all’abbattimento dei pini che alterano il manto stradale della via collinare che collega i comuni di Casamicciola, Lacco Ameno e Forio.
Un provvedimento già deciso da tempo, forse benedetto anche da molti cittadini che transitano su quella strada e, com’è noto, devono schivare, con manovre da piloti esperti, dune, fessure e buche disseminate lungo il percorso. Lunedì scorso è stato tagliato il primo dei pini sotto accusa. Un’operazione che interesserà altri esemplari, avallata, tra l’altro, anche da più di un parere tecnico.

12083808_10208263167801556_30519714_nI pini di Via Baiola non presentano pericoli di caduta o inclinazioni tali da ricorrere al taglio. Non ci troviamo, in altri termini, in situazioni analoghe a quelle che hanno portato all’abbattimento dei pini del Castiglione, decisione del marzo scorso arrivata dopo la caduta di un esemplare sulla strada a causa del forte vento, e in seguito a una serie di valutazioni tecniche che ne accertarono, per i rimanenti, un alto coefficiente di instabilità. Quindi l’esistenza di un grave pericolo per l’incolumità pubblica e la sicurezza stradale.
I pini della Borbonica, invece, possiedono – come tutti i pini – un apparato radicale che, anziché svilupparsi in profondità (come avviene per la maggior parte delle piante di alto fusto), si sviluppa orizzontalmente e in superficie. Con le conseguenze che ogni cittadino dell’isola d’Ischia può constatare quando si trova di passaggio su quella strada: per evitare sobbalzi o danni ai propri mezzi ci si sposta sulla corsia opposta, rischiando manovre azzardate o frontali contro veicoli provenienti dall’altra direzione. Dissesti e rigonfiamenti che si ripercuotono anche per quei pedoni costretti a camminare su marciapiedi ridotti a colabrodo. Poco consoni, oltretutto, a una località turistica e a un’area di grande bellezza panoramica.
Per molto tempo la soluzione alternativa, sperimentata altrove e chissà se presa mai seriamente in considerazione alle nostre latitudini, prevedeva lo scavo in profondità, il taglio delle le radici (spesso grosse come arti umani), e l’inserimento di una rete metallica di un certo spessore ricoperta di cemento che bloccasse la fuoriuscita delle radici. Un lavoro difficile e costoso che tuttavia non sempre garantisce la salvezza dell’albero. Il periodico taglio delle radici, infatti, finisce per farli seccare o quanto meno per minare significativamente la loro stabilità. In caso di pioggia prolungata che rende molle il terreno, o di forti raffiche di vento, il problema di inclinazioni pericolose si ripresenterebbe. E dunque che fare? Arrendersi alla soluzione più sbrigativa ed economica, anche quando è la più infelice?

12067367_10208263166681528_1236571064_nL’abbattimento della gran parte degli alberi di via Baiola costituirebbe, comunque la si pensi, un importante danno estetico, paesaggistico, storico e ambientale. Il pino domestico, anche se non specie autoctona, si è assolutamente naturalizzato nel paesaggio ischitano tanto da diventarne un’icona. Senza contare il ruolo fondamentale nella purificazione dell’aria dall’inquinamento da gas di scarico e particelle dannose alla salute. Per gli ambientalisti italiani, poi, rientrerebbero nella categoria di “alberi monumentali”, per effetto della legge 10 del 14 gennaio 2013, che include in questa categoria “i filari e le alberate di particolare pregio paesaggistico”.
Insomma, ci rendiamo conto che il taglio dei pini risponde a un’esigenza di tutela della pubblica e privata incolumità (oltre che della sicurezza dei luoghi), eppure da tempo, sulle pagine di questo giornale, ci chiediamo se, prima di sfoderare la motosega, si siano davvero prese in considerazione tutte le opzioni alternative. Se la sensibilità per la tutela del verde pubblico, e quindi degli alberi radicati sul territorio comunale, appartenga al patrimonio culturale dei nostri amministratori nell’esercizio del governo locale. Tagliati gli “odiosi” pini (e scaricatasene la responsabilità), è intenzione rimpiazzarli con specie maggiormente idonee che non siano i soliti arbusti tipo oleandri o improbabilissime piante tropicali? E la ripiantumazione di alberi sarà fatta in numero non inferiore a quelli tagliati, sempre di primaria grandezza, ma meno invadenti nell’apparato radicale? La facilità con cui si è tagliato il primo dei pini della Borbonica deve farci riflettere sulla futura tutela di questi imponenti e magnifici patriarchi della natura. Se crolla un muro a Pompei, non decidiamo certo di radere al suolo tutta la casa perché è ritenuta pericolosa per i turisti.
Perché non portare la stessa attenzione e lo stesso rispetto al nostro patrimonio arboreo?
(foto: Radiotrecciatv)

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