Tutto è nato da una riflessione del nostro editorialista Franco Borgogna, che nel suo consueto dialogo domenicale con i lettori ha deciso di affrontare un tema alquanto scomodo. Borgogna, nel suo articolo intitolato “De Siano e ‘a purpetta avvelenata”, pur riconoscendo al senatore «doti di intelligenza e realismo politico», si è posto – e ha posto – una spinosa domanda: «Ma che necessità ha un imprenditore come lui, di famiglia che ha creato da sé un lusinghiero patrimonio aziendale, andarsi a “sporcare” con la candidatura forzata di Luigi Cesaro?». Un quesito “bollente” quello del caustico Borgogna, che ha proseguito la sua analisi asserendo che «non è vero che la candidatura è stata decisa a livello nazionale, dove peraltro conta solo Berlusconi. Lo hanno deciso, a livello regionale, De Siano, Russo e Carfagna. Mi si risponderà che il soggetto in questione è stato scagionato in diversi processi. Sì, però ne ha qualcun altro importante. Il fatto è che le accuse non riguardano reati comuni bensì di collusione camorristica. Perché abbinare una persona per bene come Maria Grazia Di Scala ad Armando Cesaro? Per il bacino di voti preferenziali? Ma conosciamo la provenienza di quei voti».
Dopo aver ricordato le ultime polemiche che hanno investito De Siano (le accuse della De Girolamo e il caso del giudice Cioffi), Borgogna è passato ad illustrare il passato poco cristallino dell’ex presidente della Provincia di Napoli. «Solo en passant ricordiamo che Giggino ‘a purpett sarebbe stato, a detta di Raffaele Cutolo, il suo autista personale e che gli deve molto. Che Giggino fu arrestato e condannato, in primo grado, perché ritenuto il postino che recapitava i messaggi di Rosetta Cutolo al fratello Raffaele in carcere. Certo, in secondo grado, fu assolto dal giudice Carnevale (personaggio più volte contestato per la stranezza di alcune sentenze) sulla base del presunto vittimismo della famiglia Cesaro, soggiogata dal clan Polverino. E vogliamo ricordare l’asse che formava con l’onorevole Cosentino? Povero Stefano Caldoro che fu vittima del “fango” gettato da Cosentino & company».
L’analisi fatta da Borgogna – come potere leggere nell’approfondimento che abbiamo realizzato – ha inevitabilmente generato le più disparate reazioni. Da un lato c’è chi sostiene che De Siano non avrebbe “raccomandato” in alcun modo Cesaro, la cui candidatura sarebbe stata decisa direttamente dai vertici nazionali e quindi da Berlusconi; dall’altro c’è chi afferma che in ragione della sua lunga militanza nel partito azzurro, Luigi Cesaro avrebbe un notevole peso nella compilazione delle liste. Stabilire dove risieda la verità è impresa assai ardua: per comprendere certi meccanismi, infatti, sarebbe necessario trovarsi nelle segrete stanze di Arcore. In ogni caso, c’è un aspetto che mette d’accordo praticamente tutti, e quest’ultimo è legato alle vicende giudiziarie di Luigi Cesaro: non avendo riportato condanne definitive, è ingiusto accostare la sua figura a quella di Raffaele Cutolo, il terribile e sanguinario “professore” della Nuova Camorra Organizzata.
GIACOMO PASCALE: «DE SIANO NON HA IMPOSTO CESARO AL PARTITO». «Non sono molto d’accordo, e per un semplice motivo: non mi risulta che Luigi Cesaro abbia riportato condanne definitive. Credo che non si debba essere giustizialisti “a telecomando” o quando ti conviene o quando riguarda gli altri. Una persona o è sempre garantista o non lo è mai. Il fatto che si dica che De Siano abbia aperto le porte a Cesaro mi sembra una cosa francamente eccessiva, nel senso che il senatore – in qualità di coordinatore regionale – ha discusso le candidature al tavolo nazionale, quindi c’è l’avallo di Berlusconi, mica ha deciso lui. Lo stesso discorso vale, ovviamente, anche per le esclusioni. Se le candidature dipendessero da De Siano, molto probabilmente sarebbero state candidate anche altre persone del territorio. Domenico De Siano non ha imposto Cesaro, questo mi sembra abbastanza chiaro. Dopodiché è chiaro che il partito, nel fare certe scelte, si assume le proprie responsabilità davanti agli elettori e a quelli che saranno i risultati. Anche perché, al di là dello slogan di “presentabili” e “impresentabili”, alla fine si è leader o si è eletti soltanto con il voto della gente. Se in Campania Cesaro gode di un consenso così vasto, ci deve essere anche qualcos’altro. Le amicizie non le commento, ognuno decide di frequentare chi vuole, io parlo in termini strettamente politici, quindi non sono molto d’accordo con l’analisi fatta. De Siano non è andato ad Arcore a parlare con Berlusconi, il senatore ha fatto un elenco delle candidature dal territorio campano, di cui lui è responsabile. Successivamente le ha portate al tavolo nazionale, dove alla fine l’ultima parola spetta sempre a Silvio Berlusconi. Non dimentichiamoci che sono rimasti fuori gente come De Girolamo, Zinzi, Laboccetta. Insomma il partito, in un ottica di radicale rinnovamento, ha proceduto a livello nazionale a fare anche delle esclusioni eccellenti, di cui stranamente non si parla forse perché non hanno come cognome Cesaro. Delle due l’una. Se il criterio è condiviso, allora deve essere condiviso nel bene e nel male; se il criterio non è condiviso, non possiamo dire che De Siano abbia “sponsorizzato” Cesaro tagliando la testa a qualcun altro. Si è fatto un ragionamento complessivo per tutto il territorio campano e anche per le cinque province. La questione non è “con chi te la fai”, ma è un problema politico: in Campania la classe dirigente di Forza Italia è stata ampiamente rinnovata con queste elezioni, e si presenta al giudizio degli elettori, che potranno premiare o bocciare il partito. Ci sono molti delusi, molte persone che pur non portando il cognome Cesaro e avendo i titoli sono stati lasciati a casa. De Siano secondo me non ha responsabilità dirette, se non quella di aver esercitato il suo ruolo di coordinatore regionale nel valutare gli equilibri in Campania. Cesaro ha sempre militato nel partito, ha dimostrato lealtà, è radicato sul territorio. Queste discussioni sugli “impresentabili” o ritenuti tali sono attuali in tutti i partiti. Basti vedere cosa è accaduto nel Movimento 5 Stelle, nel Pd eccetera. Vogliamo parlare di De Siano? Parliamone pure, ma io credo che sia una questione abbastanza generalizzata. Lo ripeto: mi rifiuto di credere che De Siano sia l’unico responsabile delle liste in Campania. Non è così. Lui, da coordinatore, può proporre perché conosce gli equilibri del territorio, ma se il tavolo nazionale non vuole, la candidatura non passa».
FRANCESCO DEL DEO: «CESARO NON È L’UNICO BLINDATO, ROSATELLUM È FLOP». «Raffaele Cutolo può dire quello che vuole, secondo me quelle che contano sono le sentenze. Io credo che nessuno possa ergersi a santo accusando gli altri. O dobbiamo avere fiducia nella giustizia, oppure no. Chi fa certi ragionamenti (si riferisce a Borgogna, ndr) era ad Arcore quando c’è stata la discussione tra Berlusconi e De Siano? De Siano è uno dei venti coordinatori regionali di Forza Italia, e quindi è normale che queste scelte le faccia e le valuti con il leader del partito. Faccio anche un’altra domanda: ma Cesaro è l’unico candidato ad essere stato “blindato”? Fino a prova contraria, in tutti i partiti si sono blindati. La verità è che l’attuale legge elettorale è sbagliata, bisognerebbe tornare alla Prima Repubblica, quando c’era la preferenza e veniva eletto il candidato che otteneva più voti. È necessario tornare al proporzionale, con le tre preferenze. Così facendo saranno elette persone che vivono effettivamente il collegio: ai miei tempi il deputato e il senatore dal venerdì al lunedì stavano nel proprio collegio per vedere quali erano i problemi del collegio. Invece oggi, con questo sistema, vogliamo dare la colpa a De Siano o a Cesaro o alla sinistra per questa pratica di blindare i candidati? Durante la Prima Repubblica Francesco Del Deo non veniva preso da Forio e candidato a Canicattì, perché Del Deo non conosce i problemi economico-sociali di Canicattì. Una volta, quando si faceva politica seriamente, il rappresentante era del territorio. Perché scandalizzarsi oggi se la legge è questa? Ci sono candidati blindati in tutti i partiti, perché Forza Italia dovrebbe fare eccezione? Le polemiche su Cesaro sono sterili e fuori luogo: contano le sentenze, non le parole. In Italia succede che se uno viene condannato, è un condannato. Se viene assolto con formula piena, c’è chi mormora: “vabbè, l’hanno voluto salvare”. De Siano è un imprenditore, ma è anche il punto di riferimento di Forza Italia in Campania. Chi doveva andare a discutere le candidature, il custode cimiteriale?».
PAOLO FERRANDINO: «DE SIANO NON HA STRIZZATO L’OCCHIO ALL’ISOLA». «Credo che in questa candidatura ci siano delle scelte di carattere personale tra di loro, che evidentemente hanno fatto la fortuna delle reciproche carriere politiche. Però questo dimostra anche quanto questa scelta di De Siano sia distante dal suo territorio di provenienza, dal suo bacino elettorale. Avendo lui questa forza, poteva senz’altro cercare di crearsi qualche ulteriore personaggio locale – o comunque vicino all’isola – per cercare di strizzare un occhio a noialtri, anziché pensare ad altri territori che sono lontani dal nostro. A livello di scelte opportune o meno, sono sue cose personali. Politicamente non le condivido, questo è fuori discussione. Tuttavia non siamo nella “stanza dei bottoni”, dove si vanno a decidere delle cose. Evidentemente Cesaro è ancora una forza elettorale non indifferente, e in questo modo si blindano la carriera e il risultato. Secondo me non è opportuno fare determinate valutazioni su Cesaro, perché a tutt’oggi non ci sono delle condanne. Non si può definire un personaggio “equivoco” soltanto perché “così si dice”. Mi sembra un comportamento inopportuno, lo dico in maniera molto onesta e obiettiva. C’è il rischio di creare il “mostro” senza che di fatto ci sia».
LUIGI DI VAIA: «OGNUNO CANDIDA CHI VUOLE, AGLI ELETTORI L’ULTIMA PAROLA». «Quella dei listini bloccati e dei posti sicuri non è una grossa novità. È anche vero che con la fine dei partiti tradizionali, adesso all’interno di ogni corrente politica ci sono dei capobastone che nel loro ambito territoriale di competenza fanno il bello e il cattivo tempo, e quindi manca una “regia”. La centralità del partito, che poi dovrebbe riflettere attraverso le proprie candidature quelle che sono le idee e i programmi e l’identità del partito stesso, spesso viene snaturata da scelte di tipo personale e personalistico. Senza voler entrare nel merito e nelle dinamiche che hanno determinato le varie candidature, io credo e mi auguro che il corpo elettorale – ancorché con leggi elettorali che tendono in parte a mortificare quelle che potrebbero essere le volontà e le speranze dei cittadini – saprà prendere, scorrendo le liste, le scelte più opportune. Fin quando la legge me lo consente, io mi propongo e candido chi voglio e chi ritengo più opportuno. Dopodiché spetta a noi elettori premiare i meritevoli e “punire” chi non ha saputo svolgere il proprio ruolo in maniera chiara e trasparente».
DIONIGI GAUDIOSO: «DE SIANO HA RESTITUITO IL “FAVORE” A CESARO». «Non sono questioni che mi riguardano da vicino, non fosse altro perché sono del Pd. Tuttavia, da quello che so, Luigi Cesaro non ha condanne. Inoltre, in passato Cesaro ha dato una mano sia a Domenico De Siano sia all’avvocato Maria Grazia Di Scala. Pertanto credo che oggi sia giusto che Domenico, memore del passato, abbia tentato di “aiutare” Cesaro. Non so se De Siano abbia avuto un ruolo decisivo nel blindare Cesaro, anche perché non ho prove a sostegno di questa tesi. Però, come ho già detto, Luigi Cesaro è stato colui che negli anni addietro ha aiutato De Siano e Di Scala. Non avendo rapporti diretti con Domenico, non so se lui sia andato ad Arcore a chiedere questa cosa a Berlusconi. Quello che posso dire è che quasi tre anni fa Cesaro ha candidato il figlio Armando, che ha raccolto più di 30mila voti. Pertanto penso che Cesaro abbia guadagnato la candidatura anche grazie a questo successo».
ROBERTO IACONO: «I CESARO HANNO UN PESO MAGGIORE RISPETTO A DE SIANO». «Rispondo con una domanda: alla luce degli equilibri che ci sono in Campania all’interno di Forza Italia, ritenete davvero che sia stato Domenico De Siano a sponsorizzare Luigi Cesaro? Ritengo vero l’esatto contrario. L’equilibrio all’interno di Forza Italia in Campania non è retto certamente da Domenico De Siano, che pur essendo coordinatore non ha la stessa influenza dei Cesaro, che hanno un peso specifico maggiore rispetto al senatore. La famiglia Cesaro ha una “storia” all’interno del partito azzurro e una militanza maggiore. Le liste sono state sicuramente fatte anche da Luigi Cesaro, non sono state fatte solo da Domenico De Siano. Pertanto trovo assurda l’indiscrezione secondo cui solo Domenico sarebbe andato ad Arcore per difendere chi poi, all’interno di Forza Italia, ha un ruolo apicale e non di secondo piano. Mi preme rimarcare in questa sede che la parola “indagato” non è sinonimo di “condannato”. Poi spetta al partito, per ragioni di opportunità, decidere chi presentare o meno. Se qualcuno viene da me e mi domanda se sia giusto che un indagato si presenti, io rispondo che l’indagato ad oggi è un innocente e quindi non è un impresentabile. Adesso che siamo nel vivo della campagna elettorale, c’è la moda di cercare chi è indagato: una “caccia alle streghe” per delegittimare gli avversari politici. In questo paese si tende a dare spazio alle persone, ma ci si dimentica dei veri problemi che attanagliano lo Stivale. Penso che un Domenico De Siano che decide chi mettere all’interno delle liste può essere pure una notizia interessante, ma è sicuramente meno interessante rispetto alle tasse che gli italiani pagano per ricevere servizi non efficienti. In questi mesi si parla solo di liste, di candidati e di slogan inconcludenti: sembra non esserci spazio per la discussione di programmi composti da punti fattibili. In un momento così difficile per il nostro territorio, andrei a vedere cosa i nostri referenti hanno fatto per l’isola. Dopodiché, con oggettività, valuterei se rivotarli o meno».