Processo Cpl Concordia, Giosi Ferrandino assolto anche in appello

Confermata la sentenza di primo grado, “perché il fatto non sussiste”. Cadono per la seconda volta le accuse all’eurodeputato ischitano e all’ex dirigente dell’ufficio tecnico del Comune di Ischia nella vicenda originata dall’appalto per la metanizzazione sull’isola

Confermata la sentenza di primo grado: l’ex sindaco di Ischia Giosi Ferrandino e l’ex responsabile dell’ufficio tecnico di via Iasolino Silvano Arcamone sono stati assolti anche dinanzi la Corte di Appello di Napoli, nell’ambito del processo nato sull’inchiesta relativa agli appalti della metanizzazione sull’isola. L’assoluzione è arrivata al termine di una lunga giornata d’attesa: il verdetto era inizialmente previsto per le prime ore del mattino, ma poi si è dovuto attendere fin oltre le ore 18.00 per la lettura del dispositivo, in cui si legge che la sentenza pronunciata dal Tribunale di Napoli nel gennaio 2018 è stata integralmente confermata, dunque “il fatto non sussiste”, in relazione ai capi di imputazione che, lo ricordiamo, erano quelli di corruzione per asservimento della funzione (articolo 318 del codice penale) per entrambi gli imputati, e di induzione indebita a promettere utilità, previsto dall’articolo 319 quater, per il solo Giosi Ferrandino.

Un grande sospiro di sollievo per i due cittadini ischitani, che da quasi sei anni sono stati costretti a difendersi dalle accuse di corruzione nell’appalto della metanizzazione dell’isola d’Ischia, assegnato alla cooperativa emiliana “Cpl Concordia”. Come si ricorderà, due settimane fa si era svolta la discussione finale con le conclusioni delle parti davanti alla Corte, presieduta dalla dottoressa Ginevra Abbamondi. il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a sei anni e quattro mesi per Giosi Ferrandino, e due anni e sei mesi per Arcamone, mentre i difensori, gli avvocati Alfonso Furgiuele, Giovan Battista Vignola, Roberto Guida e Gennaro Tortora, avevano invocato la conferma della sentenza di assoluzione di primo grado che era stata pronunciata tre anni fa dal collegio della prima sezione penale del Tribunale di Napoli, presieduto dal dottor Pellecchia.

Il verdetto è arrivato nel tardo pomeriggio dopo lunghe ore di attesa. Due settimane fa l’accusa aveva chiesto una condanna a sei anni e quattro mesi per Ferrandino, e a due anni e sei mesi per Arcamone

Ci sarà tempo per leggere le motivazioni della nuova assoluzione, ma già quindici giorni fa c’erano stati segnali incoraggianti per la difesa, quando la Procura generale aveva chiesto di acquisire la sentenza integrale del Tribunale di Modena, relativo al ramo “emiliano” del processo, in cui in primo grado erano stati condannati Roberto Casari, presidente della Cpl, e Massimo Ferrandino, e tuttavia la Corte aveva accolto l’eccezione della difesa, che si era opposta sostenendo che si sarebbe potuto acquisire soltanto il dispositivo, e non l’intera sentenza. Sempre in quella udienza il collegio giudicante aveva respinto la richiesta della Procura di rinnovare l’istruttoria dibattimentale per riascoltare i testimoni, sulla base di una norma secondo cui dopo una sentenza di assoluzione in primo grado non può essere ribaltata in una condanna sulla base di prova dichiarativa se non vengono richiamati a deporre i testi. Richiesta a cui il collegio difensivo si era opposto in quanto il Pubblico ministero non l’aveva chiesto nell’atto d’appello perché non era “assolutamente necessario” riascoltare tutti i testimoni, e anche in questo caso la Corte aveva accolto la tesi difensiva, rigettando la richiesta.

Il processo di primo grado scattò nel 2015 con le accuse di presunta corruzione nell’aggiudicazione delle opere alla cooperativa emiliana Cpl Concordia, e si concluse nel 2018 con l’assoluzione da parte della prima sezione del Tribunale di Napoli

Decisioni favorevoli che hanno fatto da prologo alla completa assoluzione di ieri. Una importantissima conferma che sancisce la conclusione dell’iter giudiziario di merito di una vicenda deflagrata nella primavera del 2015 e sfociata nel processo che ebbe inizio sei mesi più tardi. Questioni procedurali finirono per dividere il processo in due rami, uno celebrato presso il Tribunale di Modena e l’altro a Napoli. Nel filone modenese rimase incardinata la posizione di Massimo Ferrandino, fratello dell’ex sindaco di Ischia, a cui vennero contestati contratti di consulenza con la Cpl, anch’essi secondo l’accusa funzionali all’ottenimento di facilitazioni nella commessa isolana della metanizzazione e della sua estensione al resto dei comuni limitrofi. Una divisione processuale che nella pratica è stata spesso fonte di rallentamenti e anomalie dibattimentali, come si è avuto modo di constatare nei casi di testimoni che contemporaneamente erano imputati in rami paralleli della vicenda. Si trattò di un processo piuttosto lungo, con le deposizioni della interminabile lista di testimoni dell’accusa, tra cui quel capitano Scafarto indicato come teste-chiave della Procura, ma finito a sua volta nella bufera dell’inchiesta Consip, per le presunte illecite manomissioni sulle intercettazioni: ombre pesanti che gettarono una cascata di dubbi anche sulla conduzione delle indagini nel processo conclusosi con l’assoluzione per Giosi Ferrandino e Silvano Arcamone, confermata ieri dalla Corte d’Appello.

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