Processo CPL, i vertici della coop al banco dei testimoni
Di Francesco Ferrandino
NAPOLI. Ieri mattina presso la prima sezione del Tribunale di Napoli, collegio B, presieduta dal giudice Pellecchia e composto anche dalle dottoresse Bottillo e Daniele, sono stati ascoltati tre nuovi testimoni indicati dalla Procura nell’ambito dell’inchiesta per presunte tangenti sulla metanizzazione a Ischia, che tra gli altri vede indagati il sindaco del comune capofila e l’ex dirigente dell’Ufficio tecnico. Dopo l’assenza dello scorso luglio, alle 12:15 è cominciata l’audizione del dottor Claudio Bonettini, direttore generale operativo per le attività di produzione della CPL Concordia, la società cooperativa che ha realizzato la rete di distribuzione del metano sulla nostra isola. Il pubblico ministero Celeste Carrano ha cercato di approfondire i rapporti tra i numerosi protagonisti della vicenda. Bonettini ha premesso che la metanizzazione del comune di Ischia era già in fase conclusiva quando egli assunse il ruolo di direttore, e di essere stato sull’isola verde soltanto in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria al presidente Casari. Fu quello il momento in cui il dirigente della Cpl conobbe l’avv. Massimo Ferrandino, fratello del sindaco: il p.m. ha spesso insistito lungo tutta la durata dell’udienza con domande dirette a conoscere il tipo di rapporto tra i dirigenti della società e l’avvocato ischitano. Ma la pubblica accusa non si è fermata qui: la dott.ssa Carrano ha domandato a Bonettini se fossero fondate le voci dello “speciale rapporto” intercorrente tra Casari e il manager Verrini, citando un verbale dove il testimone aveva definito tale rapporto quasi come quello tra padre e figlio. L’accusa non ha dimenticato la figura dell’ex parlamentare Pdl Pasquale Vessa, che in cambio di presunte “facilitazioni” per alcuni appalti sarebbe stato “ricompensato” con una consulenza fittizia. Il pm ha esplicitamente chiesto se furono stipulati contratti tra Vessa e la Cpl, e Bonettini ha dichiarato che un contratto ci fu, riguardante un impianto fotovoltaico, ma che tale impianto poi non fu mai realizzato. Nel mirino dell’accusa è poi finito il rapporto di consulenza tra l’avv. Massimo Ferrandino e la Cpl. Il dirigente della potente cooperativa non ha saputo dire se ne venne a conoscenza prima o dopo che l’indagine divenne di dominio pubblico, mentre ha spiegato che all’epoca era al corrente della convenzione tra la Cpl e l’hotel “Le Querce”, di proprietà della famiglia del sindaco Ferrandino, che venne stipulata quando la società era in cerca di analoga struttura alberghiera anche in Sardegna, dove poter organizzare vacanze ricreative per i soci della cooperativa e favorirne la socializzazione. A questo punto è toccato alla difesa esaminare il teste. L’avvocato Vignola ha cercato di evidenziare che tali convenzioni a scopo ricreativo non avevano nulla a che fare con l’esigenza di trovare alloggi per gli operai, riferendosi alle modalità in cui si è concretato l’accordo con l’albergo “Le Querce”, dove le camere erano state prenotate con la formula “vuoto per pieno”. Modalità che Bonettini ha detto di ignorare, anche perché non ha mai usufruito di tale convenzione per i dipendenti. La difesa ha poi chiesto al teste in quali rapporti fosse con Franco Simone, il dirigente che mesi fa affermò l’esistenza di un presunto sistema corruttivo realizzato attraverso consulenze fittizie. A parte i contatti necessari ad approntare alcuni visti per l’Algeria, Bonettini ha negato qualsiasi altro tipo di rapporto. Prima di congedare il teste, l’avvocato Vignola ha chiesto quale fosse l’esigenza alla base dei rapporti di consulenze esterne stipulate dall’azienda, domandandosi se per i contatti con gli enti locali non bastasse il solo ufficio legale interno. Bonettini ha spiegato che i consulenti potevano aiutare a individuare proposte d’appalto riguardo le quali l’azienda valutava poi l’opportunità di partecipare. «Per quanto riguarda il ruolo dell’avv. Massimo Ferrandino, credo che le sue competenze fossero di stampo legale più che commerciale», ha dichiarato il dirigente modenese. Sul banco dei testimoni è salito Carlo Porta, responsabile della distribuzione gas, un ruolo concernente la gestione degli impianti che il dirigente ricopre tuttora in seno alla società emiliana. Tale funzione aveva portato il teste a incontrare tre volte l’architetto Arcamone, per fare il punto della situazione sull’esecuzione dei lavori. Porta ha poi spiegato, su esplicita domanda del pm, che non gli vennero mai segnalate determinate persone per una eventuale assunzione nella società, affermando che gli fu soltanto chiesto se l’azienda avesse bisogno di personale, senza che fossero fatti nomi specifici. Sul punto è emersa una leggera discrasia tra i verbali in possesso dell’accusa e della difesa. Il pm ha poi accettato quello della difesa, che era dotato dell’apposita sottoscrizione. Dopo aver dichiarato di conoscere Massimo e Giosi Ferrandino, col quale non aveva avuto rapporti di lavoro, Porta ha risposto a una serie di domande della pubblica accusa sulla natura dell’accordo stipulato con l’hotel Le Querce. Il testimone ha riconosciuto che tale modalità (il “vuoto per pieno” già citato) non era quella tipica praticata dall’azienda, e ha spiegato che esisteva una commissione interna all’azienda, chiamata a valutare tali convenzioni (“Gas”, Gruppo attività sociali). L’accordo con l’albergo, secondo quella che è una deduzione del teste, sarebbe stato esaminato da tale organismo. In merito al contratto di consulenza con Massimo Ferrandino, il Porta ha dichiarato di esserne venuto a conoscenza soltanto successivamente. Il dirigente Cpl ha poi spiegato quali erano i particolari a sua conoscenza della convenzione alberghiera, rivelando che il consiglio di amministrazione segnalò la convenzione al comitato di vigilanza soltanto al momento in cui si venne a conoscenza delle indagini, e confermando che una mail inviata a tutti i dipendenti informava delle agevolazioni contenute nell’accordo con l’albergo di Ischia. Anche a Porta, come già al Bonettini, il pubblico ministero ha domandato se conoscesse la “Tunita”, la società tunisina che secondo l’accusa serviva a celare l’esistenza di fondi neri. Entrambi i dirigenti hanno negato di esserne a conoscenza, con una incertezza per Porta: in un verbale risultava che egli avesse dichiarato il contrario, ma il responsabile di gestione della Cpl ha ribadito di essere all’oscuro dell’esistenza di quella società. Da parte sua, l’avvocato Vignola ha chiesto al Porta se l’attività di Massimo Ferrandino avesse favorito nuovi affari per la Cpl, ma Porta non ha saputo dare una valutazione in merito. Il terzo e ultimo testimone ascoltato ieri mattina è stato Diego Polizio, referente commerciale per la sezione energia della Cpl nell’area campana. Polizio ha spiegato come il progetto di metanizzazione dell’isola d’Ischia fosse un modello che la società portava a esempio positivo nelle relazioni internazionali, ma che la procedura rivolta a ottenere l’adesione del resto dei comuni dell’isola al progetto era inspiegabilmente lenta, nonostante gli evidenti vantaggi per tutti i paesi che si fossero allacciati alla rete. Il pubblico ministero ha poi posto l’attenzione sui messaggi inviati, tramite Verrini, a Massimo e Giosi Ferrandino per ottenere una velocizzazione dell’iter e “convincere” gli altri comuni ad aderire al progetto. Il dirigente ha spiegato che un’azienda “padana” come la Cpl non riuscisse a concepire le lungaggini e i ripetuti ostruzionismi da parte delle amministrazioni locali. Anche per Polizio è arrivata puntuale la domanda sulla convenzione alberghiera con l’Hotel di famiglia del sindaco: il referente commerciale ha spiegato che all’epoca non era a conoscenza dei termini dell’accordo e delle cifre. Concluse le domande dell’accusa, l’avvocato Vignola ha chiesto al teste di spiegare meglio in cosa consistesse questa “procedura” per “accelerare” l’iter della metanizzazione. Una volta portato il gasdotto al porto d’Ischia, ha spiegato Polizio, erano necessarie le adesioni degli altri comuni per i successivi allacci. A una precisa domanda del difensore, il dirigente ha ammesso di non sapere se poi Massimo o Giosi Ferrandino abbiano effettivamente agito per accelerare l’adesione degli altri comuni. Sul punto, l’avvocato Vignola ha esclamato: «Come si fa a definire Giosi un referente della Cpl, se egli non si era mosso a favore dell’accelerazione dell’iter né prima né dopo?». Il Giudice Pellecchia è intervenuto per chiedere se l’azienda avesse poi compreso i motivi dell’ostruzionismo degli altri sindaci, ma Polizio ha dichiarato che essi sono rimasti oscuri. Prossima udienza il 22 novembre alle ore 11:00, quando la giornata sarà dedicata all’ascolto di un altro testimone, l’ex capitano del Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri di Roma Gianpaolo Scafarto, considerato dall’accusa un teste-chiave.