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Processo CPL, la difesa contrattacca

Si è conclusa ieri la lunga testimonianza del capitano  Scafarto, del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri, testimone-chiave dell’accusa nel processo per le presunte tangenti nella metanizzazione dell’isola d’Ischia. Dopo le domande poste dal pubblico ministero nell’udienza del 22 novembre, stavolta è toccato al collegio difensivo, composto dagli avvocati Tortora, Vignola, Furgiuele e Guida, condurre l’esame del capitano Gianpaolo Scafarto, colui che guidò la lunga attività d’intercettazione, sia telefonica che ambientale, nei confronti  degli imputati Giosi Ferrandino (ieri presente in aula), Silvano Arcamone e il fratello del sindaco d’Ischia, l’avvocato Massimo Ferrandino. Tuttavia il presidente della prima sezione, collegio B, del Tribunale di Napoli, il giudice Pellecchia, ha permesso al pubblico ministero Celeste Carrano di concludere la propria serie di domande al teste. È stata così richiamata una conversazione intercettata sull’utenza di Nicola Verrini, componente di primo piano della cooperativa Cpl, che veniva sollecitato da Giulio Lancia, responsabile dell’area tecnica della società per Campania e Abruzzo, oltre che capocommessa sul progetto-Ischia, affinché l’architetto Arcamone apponesse il visto a uno Stato avanzamento lavori (Sal): «Perché non si muovono a firmare?», afferma uno spazientito Lancia, il quale poi incalza Verrini: «Fagli arrivare qualche segnale». Altra conversazione intercettata, che il pubblico ministero ha portato all’attenzione di Scafarto è quella tra lo stesso Verrini e Giosi Ferrandino, che dovrebbero incontrarsi a Roma o Napoli. Il primo domanda al sindaco di Ischia: «Hai fatto quella verifica?»; la risposta: «Vedrò domattina. Non ti scordare della contabilità delle Querce e dell’Ischia», con ciò riferendosi presumibilmente alla convenzione stipulata tra la Cpl e l’hotel di famiglia, e a un presunto contributo per la squadra di calcio locale. Sono tornate poi nuovamente alla ribalta le pressioni della società per l’estensione dell’opera di metanizzazione al resto dell’isola d’Ischia. In una conversazione del 15 dicembre 2013 tra Lancia e Verrini, il primo dimostra la sua premura: «Adesso c’è la questione di Lacco Ameno e Casamicciola, per i quali occorre “spingere”». Lo prova anche un’ennesima intercettazione, tra Verrini e Polizio, referente Cpl per la zona di Salerno, in cui si parla del tentativo di estendere la metanizzazione a Lacco Ameno, con una delibera di Consiglio comunale (quando il sindaco del comune del Fungo era Carmine Monti). C’è anche tempo per un’altra lamentela per la mancata di firma dell’architetto Arcamone: «Sono quattro mesi che la pratica è sul suo tavolo!». Ancora una volta il pubblico ministero, chiedendo se al testimone risultino contatti tra i fratelli Ferrandino e gli altri sindaci dei comuni che dovevano procedere alla metanizzazione, ha posto nuovamente l’attenzione sulla nota frase di Massimo Ferrandino: «A detta di Giosi, andiamo tutti in galera». Secondo il capitano Scafarto, ci sarebbe stata una certa “accelerazione” della metanizzazione, dopo la stipula della convenzione con l’hotel Le Querce. In pratica, dopo anni di quasi immobilismo, il meccanismo si sarebbe sbloccato nel 2013. A questo punto è iniziato il controesame da parte della difesa, che ha essenzialmente puntato a “smontare” le connessioni ipotizzate dall’accusa circa i presunti legami tra la metanizzazione sull’isola e i due accordi stipulati dalla Cpl con la famiglia Ferrandino: più precisamente, il contratto di consulenza tra Massimo Ferrandino e la società, e la convenzione della stessa cooperativa con l’hotel di famiglia, che per l’accusa costituirebbero la “moneta di scambio” alla base della presunta corruzione. La difesa ha quindi evidenziato come non sia affatto sicura l’attribuzione della frase “Andiamo tutti in galera” al sindaco di Ischia, dato che in uno dei verbali di trascrizione il nome era dichiarato come “parola incomprensibile”. Inoltre, secondo il quartetto difensivo, è impossibile capire a cosa si riferiva Massimo nella frase, cioè per quale specifico motivo si profilasse la minaccia di finire in galera. Il testimone ha ammesso che di riferimenti certi non ve ne sono. La difesa è quindi passata ad analizzare i presunti vantaggi ottenuti dal sindaco, puntando a evidenziarne la completa assenza. Durante il ciclo di domande rivolte dagli avvocati degli imputati, il testimone ha anche richiamato un’affermazione di Giosi Ferrandino intercettata dalle forze dell’ordine: «O si assumono le persone che indico io, oppure è meglio non assumere nessuno, e in questo secondo caso sarei anche più contento». Affermazione che la difesa ha accolto a sostegno del mancato coinvolgimento del sindaco d’Ischia in giochi clientelari, anche se il carabiniere afferma che una persona sarebbe stata comunque assunta, tale Giovanni Ferrandino.

METANIZZAZIONE O ILLUMINAZIONE? – Un punto sul quale la difesa degli imputati ha più volte battuto è quello della presunta discrasia, in una intercettazione tra Verrini e l’ingegnere Bellucci Sessa, fra l’esigenza di velocizzare l’opera di metanizzazione e quella della “pubblica illuminazione”. Gran parte dell’udienza si è giocata su questo punto, con il capitano Scafarto impegnato a dimostrare, insieme al pubblico ministero, che nella conversazione i temi toccati erano molti e che la “fretta” della società si riferiva in via preminente alla metanizzazione, mentre la difesa non perdeva occasione per sostenere che i finanziamenti, che erano sul punto di essere perduti, si riferissero soltanto all’illuminazione pubblica. Secondo il collegio difensivo, nella lunga conversazione si parlerebbe di un incontro tra i sindaci proprio allo scopo di non perdere tali finanziamenti, che non riguarderebbero la metanizzazione.  Il capitano dei Carabinieri ha ribattuto che la discussione nel suo complesso si riferiva prevalentemente a quest’ultima, visto che più volte nella conversazione veniva citata la Ischiagas, una società definita “funzionale” al processo di metanizzazione dell’isola da parte della Cpl, e i finanziamenti statali erano riferiti proprio alla metanizzazione nel meridione d’Italia.

LA CONVENZIONE CON L’HOTEL. In pieno pomeriggio, l’udienza si à concentrata sulla convenzione stipulata tra la Cpl e l’hotel di proprietà della famiglia Ferrandino, che secondo la difesa fu conclusa allo scopo di offrire  vacanze ricreative per i soci della cooperativa e favorirne  la socializzazione. Gli avvocati degli imputati hanno cercato di evidenziare che tali convenzioni a scopo ricreativo non avevano nulla a che fare  con l’esigenza di trovare alloggi per gli operai, riferendosi alle modalità in cui si è concretato l’accordo con l’albergo “Le Querce”, dove le camere erano state prenotate con la formula “vuoto per pieno”. Per l’accusa, invece, si trattava di una convenzione fittizia: il capitano Scafarto lo ha affermato sulla base di una serie di confronti tra prezzi ufficiali e quelli effettivamente stipulati. Il carattere fittizio sarebbe legato al fatto che dopo aver messo a disposizione le camere per 146mila euro, successivamente le stesse sarebbero state comunque rivendute ad altri clienti.

IL CONTRATTO DI CONSULENZA. Verso la fine della giornata, la seduta si è prevalentemente dedicata all’analisi del contratto di consulenza tra l’avvocato Massimo Ferrandino e la Cpl. La difesa ha puntato a dimostrare l’autonomia del rapporto tra il presidente della società, Casari, e il fratello del sindaco, senza alcuna necessità di mediazioni tramite quest’ultimo. Autonomia che la difesa ha messo in luce anche tra le quote detenute dai due fratelli nella società che  gestisce l’albergo di famiglia. Il capitano Scafarto tuttavia anche in questo caso ha ribadito il presunto carattere fittizio del contratto di consulenza, difforme in modo formale e sostanziale dalla prassi dei modelli contrattuali, e che venne irritualmente rinnovato ancor prima della naturale scadenza, per giunta quasi raddoppiando l’importo del compenso. A ciò, secondo l’accusa, si aggiungerebbe anche l’anomalo alto compenso per un elaborato relativo a un testo legislativo, redatto dall’avvocato Massimo Ferrandino, che costituirebbe un paravento per giustificare il passaggio di denaro. Tuttavia la difesa ha sottolineato che, in caso di contratto fittizio, parte dei compensi percepiti da Massimo avrebbe dovuto essere intascata da Giosi. Del resto, in risposta a una precisa domanda del collegio difensivo, lo stesso capitano Scafarto ha ammesso che non ci sono elementi in grado di provare che tali vantaggi derivanti dal contratto di consulenza siano dovuti all’intercessione del sindaco Giosi Ferrandino. In chiusura, la difesa ha contestato i presunti legami tra la metanizzazione a Casamicciola e i contatti tra Massimo Ferrandino e l’assessore Loredana Cimmino, mentre il testimone ha ribadito che tali contatti, benché non presenti nelle intercettazioni, fossero desumibili dalle informative. Prossima udienza il 14 febbraio, quando sarà ascoltato Giulio Lancia, colui che per conto della società si occupava del progetto di metanizzazione sulla nostra isola.

FRANCESCO FERRANDINO

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