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Noè Fioretti torna libero, per lui divieto di dimora sull’isola

Accolto l’appello che era stato presentato dal difensore di fiducia del giovane foriano, l’avvocato Michele Calise, che è riuscito a convincere i giudici del Tribunale del Riesame a revocare la misura degli arresti domiciliari ai quali era sottoposto dopo essere stato condannato a cinque anni e quattro mesi di reclusione

Era da tempo ristretto agli arresti domiciliari dopo essere stato condannato a cinque anni e quattro mesi di reclusione per il tentato omicidio perpetrato ai danni del cugino a seguito di una furiosa lite che era scoppiata tra i due. Adesso, grazie al suo difensore di fiducia, l’avv. Michele Calise, finalmente Noè Fioretti torna libero, sia pure lontano dalla sua terra. Il tribunale del Riesame ha infatti accolto l’appello dell’avvocato e ha sostituito la misura della detenzione ai domiciliari con quella del divieto di dimora sull’isola d’Ischia. Un provvedimento meno afflittivo che restituisce un’esistenza normale al Fioretti che in ogni caso nel periodo in cui si è trovato ristretto tra le mura domestiche ha sempre avuto un comportamento esemplare ed irreprensibile che ha avuto la sua influenza sulla decisione dei giudici.

L’avvocato Michele Calise

Non a caso nella sua istanza presentata l’avvocato Michele Calise ricordava in premessa che “durante tutto il periodo di restrizione l’imputato ha beneficiato costantemente di svariate autorizzazioni a lasciare il domicilio per effettuare visite mediche, per sottoporsi alla psicoterapia, per partecipare alle udienze e per sostenere gli esami universitari e non ha mai violato le prescrizioni imposte o commesso atti censurabili; dal momento della revoca del divieto di comunicare con estranei ha ricevuto visite occasionali da parte di amici e parenti senza destare alcun allarme o preoccupazione; l’imputato è ristretto nella sua abitazione di Forio, un immobile adiacente a quello dove la persona offesa., il cugino Castaldi Davide, svolge la sua attività di personal trainer, e non si sono mai registrati episodi suscettibili di pericolo recidivante nei recidivante nei suoi confronti lasciando dedurre che i fatti oggetto del processo siano stati un episodio isolato e ormai datato. Di contro, il Fioretti in tutto questo periodo di restrizione domiciliare ha lamentato di essere stato provocato in modo seriale dal cugino, senza mai reagire, anzi denunciando i fatti all’Autorità Giudiziaria, rubricati quale ipotesi di atti persecutori”. Fatto, questo, che ha indotto anche i genitori di Noè Fioretti a mettere in vendita la propria abitazione.

Il Fioretti era stato ritenuto responsabile di omicidio colposo dopo aver ferito gravemente il cugino al termine di una furiosa lite. Nella sua istanza l’avvocato ha esplicato con una serie di riferimenti come fosse giusto applicare una misura meno afflittiva

Sempre l’avvocato Michele Calise scriveva: “Durante i sedici mesi di restrizione, infatti, l’imputato non si è mai reso responsabile di condotte che potessero rivelare un’immutata pericolosità sociale, anzi, sebbene gli siano stati concessi svariati allontanamenti dal domicilio, ha sempre rispettato le prescrizioni. Vieppiù, come innanzi riportato, il Fioretti è stato oggetto di plurime provocazioni, se non una vera e propria persecuzione, poste in essere dal suo vicino di casa, persona offesa in questo procedimento, senza mai cadere nella trappola di una reazione violenta, anzi maturando insieme ai suoi familiari conviventi l’intenzione di cambiare casa. In tale contesto non può tralasciarsi di considerare che il suo quadro psicologico risulta molto maturato sotto il profilo della consapevolezza e della voglia di cambiamento, di tal che la dott.ssa Fabrizia Napolitani, che segue l’imputato in un trattamento psicologico a cadenza settimanale da oltre un anno, afferma che non vi sono elementi che lascino pensare al rischio di comportamenti recidivanti”. Poi il legale aggiungeva a supporto della sua linea: “Tali circostanze, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, devono essere valutate nuovamente al fine di verificare la perdurante legittimità della misura coercitiva o adeguare la situazione cautelare alle modifiche sostanziali e/o processuali intervenute. Anche il decorso del tempo, se valorizzato nell’ottica dei concreti comportamenti tenuti dalla persona sottoposta a misura cautelare (tra i quali può anche rientrare l’assenza di violazioni alle prescrizioni della misura), può essere considerato elemento utile ai fini della verifica del quadro di esigenze cautelari sul quale si basa la misura in applicazione. Poi la richiesta conclusiva dell’avvocato Michele Calise, che è stata infine accolta, veniva così esplicata: “Nel contesto innanzi illustrato, dunque, s’impone una nuova valutazione della misura cautelare in atto che, qualora non dovesse portare a ritenere cessate le esigenze di cautela, adegui la misura coercitiva alle nuove situazioni e secondo il principio del minor sacrificio della libertà personale contemperi l’esigenza pubblica di prevenzione sociale con l’esigenza privata dell’imputato di ritornare gradualmente, anche in ottica risocializzante, alla sua vita e ai suoi impegni. Ne consegue che, qualora le SS.VV. dovessero ritenere perduranti le esigenze cautelari, potranno sostituire la misura degli arresti domiciliari con altra meno afflittiva, potendo anche fare ricorso all’applicazione di più misure, come l’obbligo o il divieto di dimora e l’obbligo di presentazione alla p.g., nonché il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla p.o., che consentirebbero contestualmente un’adeguata tutela della p.o. e un costante controllo dell’imputato, con un minor sacrificio della sua libertà personale, così da consentirgli anche di adempiere alle sue occupazioni di studente universitario”.

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